di ALDO BELLI – Credo di avere un dovere morale verso la mia città. Ed un titolo per farlo che non è quello di essere il direttore di questo giornale
Abbiamo dimostrato anche durante questa campagna elettorale la nostra indipendenza privilegiando la libertà di opinione. Toscana Today viene letto non solo in Toscana, i nostri lettori non me ne vorranno se approfitterò oggi per cedere al richiamo della terra. Ho voluto dare in queste settimane un’attenzione particolare al voto per il rinnovo del Consiglio Comunale di Viareggio e l’elezione del nuovo sindaco, ma questo è avvenuto per una ragione giornalistica: il vero giornalismo è di parte, perché deve sempre raccontare i fatti e offrire una lettura mettendoci la faccia. Viareggio rappresenta in questa tornata elettorale la piazza politica più importante della Toscana insieme a Cascina, con l’aggiunta che qui si gioca anche una partita esemplare di valore nazionale: poiché il Partito Democratico ha scelto la mia città come banco di prova per misurare la forza del potere. Il PD da Roma e Firenze ha deciso di imporre un proprio candidato sindaco (il sindaco uscente) giungendo a commissariare il partito cittadino che aveva democraticamente deciso diversamente, e tutto per garantirsi il PD il controllo politico-economico della gestione dei rifiuti (determinante la Versilia e la costa tirrenica nel quadro regionale) e la gestione del Porto di Viareggio, i nuovi mega centri commerciali in città.
Credo di avere un dovere morale verso la mia città. Ed un titolo per farlo, che non è quello di essere il direttore di questo giornale web.
Il mio nome appartiene al primo nucleo di viareggini che soffrirono il riscatto dalle acque malariche di questo tratto di costa, i Belli furono padroni di bastimenti e marinai, uno dei caffè che ha segnato la storia della Passeggiata a mare portava il cognome della nostra famiglia, poi non ho mai capito bene quali vicende della vita resero i miei nonni un’umile casa con quattro figli interamente sulle spalle di Ovidio: l’unico dipendente comunale che con il babbo della Fauzia rifiutò la tessera del Partito Nazionale Fascista salvandosi solo grazie alla bontà e all’amicizia protettiva del segretario comunale con il quale avevano condiviso l’infanzia lungo le darsene. Mio padre portava sulla carta d’identità il nome e cognome del poeta straccato senza vita a Viareggio: Percy Bisshe Shelley Belli. Il nonno era un autodidatta, purtroppo la sua morte precoce m’impedì di scoprire la ragione di quella scelta così particolare ed anche un po buffa. Per non servire la guerra di Mussolini, il nonno fece imbarcare mio padre e lo spedi giovanetto a Marsiglia a bordo della mitica Soremar, la società che recuperava i relitti marini. Lì imparò a fare l’elettricista, così fece parte della prima squadra del cantiere comunale che riportò la luce nelle strade di Viareggio dopo la guerra. Fu mio padre a realizzare l’impianto illuminato della fontana di Piazza Mazzini. Insieme ai suoi amici del cantiere comunale eresse il tabernacolo attuale della Madonnina sul lungo canale, quella che indica dove la peste si arrestò, c’è una pergamena murata con i loro nomi. Lo zio Enrico fu uno dei cinque fratelli che ricostituì dopo la Liberazione la loggia massonica di Viareggio, proteggendone i paramenti per tutto il Ventennio, navigava per mare dieci mesi l’anno. Mio padre era il bidello delle Scuole Lambruschini. Di Viareggio io sono stato l’assessore alla Cultura più giovane d’Italia, nel 1982. Io ho riaperto e riconsegnato alla città la Torre Matilde. Poi alla fine degli anni Ottanta lasciai la politica, ma questa sarebbe una storia più lunga.
Ecco perché credo di avere un dovere morale ed anche un titolo per parlare, anche se oramai sono solo un vecchio leone ritirato nella sua tana.
Viareggio con la scomparsa di coloro che avevano un nome e dei quali mi onoro di essere stato amico nonostante il divario di età, e mi sento in difetto nel ricordare i nomi di Milziade Caprili Paolo Barsacchi Federigo Gemignani poiché molto lungo sarebbe l’elenco di quanti hanno amato e servito sinceramente questa città con i quali ho condiviso la mia gioventù, è scivolata anno dopo anno nell’anonimato e nel degrado amministrativo e sociale.
Di Viareggio non mi sono più occupato da quegli anni. Era nella natura delle cose, quindi, che nello sfascio generale, cinque anni fa potesse spuntare fuori un sindaco anomalo: nel senso che Giorgio Del Ghingaro non aveva alcuna caratteristica per diventare sindaco di una città che non era sua da nessun punto di vista, se non quello appunto di riempire un vuoto abissale lasciato dalla storia.
Avrebbe anche potuto riuscire, Del Ghingaro, a diventare un viareggino (e niente conta qui essere nati o trapiantati). Ma capì quasi subito che non sarebbe accaduto: quando mi fu evidente che aveva scelto Viareggio non come sua terra elettiva, ma come trampolino di lancio per fare carriera a Roma e a Firenze, che certo Capannori non gli avrebbe mai consentito. Insomma, qui era venuto esclusivamente pensando a sé e non a Viareggio.
Perduti quei riferimenti che l’avevano fatta essere una città con un sentire comune, Viareggio ha sprigionato i sui difetti maggiori: tra questi l’invidia e l’egoismo. Difetti sui quali, ne va dato atto al Sindaco Uscente, egli ha saputo sapientemente giocare. Mettendo costantemente gli uni contro gli altri, e trattando chiunque come merce da acquistare al suo servizio e se non disponibile a servirlo supinamente emarginandola dalla vita comunale.
Il suo amore per Viareggio si condensa nell’avere passeggiato in cinque anni per Viareggio forse non più di cinque chilometri in tutto. Nell’avere cancellato, unico sindaco in Italia, il giorno di ricevimento dei cittadini. Nel non avere mai visitato una scuola dell’infanzia, nell’avere fatto visita all’Istituto dei Poveri Vecchi forse solo in occasione di una festa comandata. Nel non avere mai condiviso un pezzo di pane in una mensa dei poveri, o semplicemente chiesto ai frati e ai volontari che li accudiscono se avessero bisogno di qualcosa. Chi ancora oggi si spella le mani per applaudirlo appartiene a quel pezzo di città che gli assomiglia.
Un vero politico imbroglione. Del Ghingaro non è un bravo amministratore. Dopo cinque anni alla città non lascia niente che porti il suo segno. E’ riuscito a farsi passare risanatore del bilancio comunale senza avere mosso un dito, giacché la gestione del dissesto era un compito che non gli competeva e che non ha curato. Ha ridotto con i ricatti alla sua maggioranza il Consiglio Comunale ad un’aula sorda e grigia. Ha messo in tutti i posti importanti di nomina comunale i suoi amici. Ha trasformato i suoi avvocati personali in avvocati del Comune. Ha nominato una squadra di assessori comunali burattini replicanti i suoi ordini. Ha fatto passare un’aiuola rifatta come un miracolo. E tutta questa illusione ottica non sarebbe stata possibile senza cinque anni di quotidiana disinformazione dell’informazione locale, come si diceva un tempo sfilando nei cortei ‘Tirreno Nazione servi del padrone’.
Oggi, la città è più povera di cinque anni fa: questa è la verità. E la sua immagine in Italia, pure. Perché i debiti del dissesto rimangono da pagare, ma a questi si sono aggiunti altri debiti che furbescamente sono stati nascosti: oltre cinque milioni della partecipata comunale Icare, quelli del Pucciniano.
Allora, chi vuole bene a questa città non deve perdere l’opportunità di domenica e lunedì. Alle volte, nella storia grande e piccola, quello che non accade in un lungo periodo di tempo accade in un giorno. E in questi mesi è accaduto ciò che non era prevedibile solo un anno fa: i viareggini hanno adesso di fronte la possibilità di scegliere tra due candidati sindaco viareggini, una donna ed un uomo (senza niente togliere a Baccelli e Balatri ovviamente, tengo solo presente le concordi possibilità numeriche di vittoria). Barbara Paci andrà sicuramente al ballottaggio per effetto del peso elettorale di Lega Fratelli d’Italia e Forza Italia che la sostengono, per cui non ha bisogno del mio aiuto.
Sandro Bonaceto, invece, non ha nessun partito alle spalle. Ne ha anzi uno schierato contro apertamente, anzi due: il Partito Democratico e Italia Viva, che lo vedono come un pericolo. Ma solo questo non farebbe merito, anche se fermare l’assalto alla diligenza di PD e Italia Viva sarebbe già un risultato per Viareggio. Bonaceto, infatti, ha le idee chiare su cosa fare perché conosce bene la città, possiede le competenze professionali sperimentate e riconosciute a livello nazionale, è un uomo onesto, ed ha un grande rispetto per il prossimo. Quindi, come sempre, anche stavolta cari lettori io ci metto la faccia: domenica per la mia città voto Sandro Bonaceto sindaco ed invito chi vuole bene a Viareggio a fare altrettanto.