Parlamento Europeo

Al voto in Europa senza conoscere niente

di MARIO PECCATORI – L’anomalia di un Parlamento sovranazionale del quale i cittadini non sanno ancora a cosa serva il loro voto.

L’8 ed il 9 giugno 2024, si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo a cui sono chiamati tutti i cittadini delle nazioni che fanno parte dell’Unione Europea. Detto così sembrerebbe un importante momento di comunione internazionale, ma è poi vero che sia proprio così? C’è il reale sospetto che proprio i cittadini, cui viene rivolto il pressante invito di recarsi a votare, non siano realmente a conoscenza della struttura organizzativa e delle procedure politico-amministrative che regolano realmente il “governo” dell’Europa.

Sarebbe giusto spiegare agli elettori cosa andranno a votare, anziché presentarci i candidati e le liste con dichiarazioni altisonanti. Qualunque scelta di voto e di candidato dovrà poi confrontarsi con una realtà che mostra delle naturali anomalie democratiche e strutturali. Vediamo perché.

Il Parlamento Europeo è un Parlamento anomalo: i suoi membri sono eletti dai cittadini, ma non può fare le leggi. Attualmente è composto da 705 deputati di cui 76 italiani, e rappresenta in totale circa 450 milioni di persone. I deputati al Parlamento europeo si riuniscono in gruppi politici e sono organizzati non già per nazionalità, bensì per affinità politiche.

E’ la Commissione Europea, che non è eletta, a fare le leggi. Promuove l’interesse generale dell’Unione proponendo la legislazione e assicurandone il rispetto, attuando le politiche e il bilancio dell’UE; l’attuale presidente è Ursula von der Leyen. La Commissione europea è il braccio esecutivo politicamente indipendente dell’UE. Ha competenza esclusiva dell’elaborazione delle proposte di nuove normative europee e dell’esecuzione delle decisioni del Parlamento e del Consiglio dell’Unione Europea (la Commissione è l’unica istituzione UE a legiferare su questioni che ritiene non possono essere gestite efficacemente a livello nazionale). Insieme alla Corte di Giustizia garantisce che il diritto dell’UE sia correttamente applicato in tutti i paesi membri, rappresenta l’UE sulla scena internazionale, negozia accordi internazionali.

La guida politica è esercitata da un gruppo di 27 Commissari (uno per ciascun paese dell’UE) sotto la direzione del presidente della Commissione, il quale assegna le diverse competenze politiche. Il collegio dei commissari è costituito dal presidente della Commissione, dai suoi otto vicepresidenti, inclusi i tre vicepresidenti esecutivi e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e dai 18 commissari incaricati dei rispettivi portafogli.

La nomina del presidente. Il candidato viene presentato dai leader nazionali nel Consiglio Europeo, per essere eletto deve ottenere il sostegno della maggioranza dei membri del Parlamento Europeo. Il candidato presidente sceglie i potenziali vicepresidenti e commissari sulla base dei suggerimenti dei paesi dell’UE. L’elenco dei candidati deve essere approvato dai leader nazionali nel Consiglio Europeo.

Le leggi emesse dalla Commissione vengono votate dal Consiglio dei Ministri (di ciascun paese aderente) che le passa quasi tutte senza leggerle, mentre il Parlamento per contestare le leggi della Commissione dovrebbe avere la maggioranza qualificata del Consiglio dei Ministri o la maggioranza assoluta dei parlamentari; ma se la Commissione rifiuta la contestazione del Parlamento, questi deve trovare l’unanimità del Consiglio dei Ministri per avere la ragione, e se la Commissione non è d’accordo, ha comunque l’ultima parola e rigetta ogni contestazione del parlamento europeo che così risulta completamente impotente.

L’organizzazione del Parlamento n gruppi politici suddivisi non per nazionalità ma per affinità politiche, comporta che le eventuali coalizioni di governo nazionali possono essere ben diversificate nel Parlamento Europeo.

Ad oggi vi sono sette gruppi presenti nell’Europarlamento: i cristiano-democratici del gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE – Forza Italia e Unione di Centro), i socialisti dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D – PD), i liberali (Renew Europe), gli ambientalisti e i regionalisti di Verdi/Alleanza Libera Europea (ALE – Verdi), i sovranisti dei Riformisti e Conservatori Europei (ECR – FdI), l’estrema destra di Identità e Democrazia (ID – Lega), la sinistra radicale rappresentata dal gruppo della Sinistra al Parlamento europeo (La Sinistra – Rifondazione Italiana, PRC, L’altra Europa). A questi si aggiunge il gruppo-non gruppo dei “Non iscritti”, che raccoglie i parlamentari che non aderisce a nessuna famiglia.

Credo sia importante che gli elettori conoscano questa struttura, per quanto sia qui riportata per sommi capi, perché possono almeno meglio comprendere l’importanza della loro scelta elettorale. In effetti, noi cittadini elettori ci approcciamo a dare il nostro voto ai rispettivi partiti come se si trattasse delle elezioni nazionali, e questo errore viene confermato dalle valutazioni interne dei risultati che mettono a confronto due strutture politico-gestionali del tutto diverse.

In Italia, quindi, chi vota per le forze del nostro centrodestra, deve sapere che ognuno dei partiti che lo compone è in Europa posizionato con gruppi spesso in antitesi tra loro. Cosi vale per coloro che votano il centrosinistra o le sinistre che si ritrovano ad avere i loro rappresentanti collocati tra quelle forze politiche europee che ci stanno condizionando su ogni aspetto della nostra società, dalla politica alimentare, a quella agraria, dalla politica internazionale a quella locale, dalla sanità alle pensioni, influendo drasticamente sulle libertà costituzionali fondamentali.

Andare a votare per il Parlamento Europeo, è sicuramente come andare a votare per una tirannide dove la democrazia ha un aspetto interlocutorio spesso sovrastato dalle oligarchie che vi si affermano.

I pressanti inviti rivolti ai cittadini per non disertare le elezioni europee, sono la dimostrazione di un malessere che coinvolge ogni aspetto della società ormai disincantata sull’effettivo valore della sovranità popolare; malessere ancor più accentuato dalla consapevolezza che qualunque scelta sia fatta dagli elettori non vi è e non vi sarà alcun cambiamento e le valutazioni dei risultati si tramuteranno sempre in valutazioni individuali dei singoli partiti anche se dovessero essere dequalificati da un astensionismo superiore al 50%.

(foto: licenza pxhere – https://pxhere.com/it/photo/653219)