(SOLFERINO) Un libro, a cura dell’amico e collega Paolo Conti, che rappresenta l’eredità più pura e vera di un maestro del giornalismo.
Questo libro ripercorre, attraverso le sue inchieste e i suoi articoli principali, la straordinaria avventura professionale di un protagonista del giornalismo italiano. Dagli esordi come cronista nella Roma del delitto Pasolini e delle rivolte dei movimenti extraparlamentari e studenteschi, al lavoro investigativo nel drammatico quinquennio nero (1978-83): il rapimento e l’esecuzione di Aldo Moro; gli omicidi a Roma del magistrato Riccardo Palma, responsabile degli istituti di prevenzione e pena – «Qui Brigate rosse. Abbiamo giustiziato Palma Riccardo, servo delle multinazionali» fu la prima rivendicazione –, e del giudice Mario Amato, freddato alla fermata dell’autobus da due terroristi dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari); la nomina del generale Carlo Alberto dalla Chiesa a prefetto di Palermo, per dare una risposta pronta e risoluta alla guerra di mafia nella città: sarà ucciso pochi mesi dopo insieme alla moglie e all’agente della scorta; l’attentato al papa; il caso della scomparsa di Emanuela Orlandi e ovviamente quella che per Andrea Purgatori fu l’inchiesta della vita, la strage di Ustica, l’ostinata battaglia combattuta contro i depistaggi e il muro di gomma, che riuscì a sfondare grazie al fiuto, al talento e alla determinazione del giornalista che non ha mai scelto il quieto vivere.
Il titolo del libro è tratto da un dialogo tra Giancarlo Siani – giornalista napoletano ucciso dalla camorra – e il suo direttore, che lo invita a lasciar perdere le inchieste scomode, perché «Gianca’ questo non è un paese per giornalisti-giornalisti, questo è nu paese per giornalisti-impiegati», dal film di Marco Risi Fortapàsc, del quale Andrea Purgatori fu cosceneggiatore.
Queste pagine – a cura di Paolo Conti, amico storico e collega di Purgatori – rappresentano l’eredità più pura e più vera di un maestro scomparso troppo presto, che già ci manca moltissimo.
«Andrea Purgatori era così, un giornalista-giornalista che non si è mai fermato davanti alle verità di comodo, alla sabbia gettata sui fatti per nasconderli, deviarli, renderli incomprensibili» (Luciano Fontana).
«In Purgatori c’era la militanza del giornalista d’altri tempi, che non sta fermo in ufficio ma va sul posto, interroga, pone domande tutt’altro che ovvie, non si arrende dinanzi alle porte chiuse, affronta rischi e minacce, insomma, cerca la verità» (Luciano Canfora).
Con un ricordo di Tiziana Ferrario, Saverio Lodato, Enrico Mentana, Sigfrido Ranucci, Andrea Salerno, Fiorenza Sarzanini.