Aquileia e le sue antichità

di GIOVANNI VILLANI – Un viaggio nella “Seconda Roma” tra le testimonianze archeologiche e storiche lunghe duemila anni.

La città di Aquileia (Udine) non gode di eccessiva visibilità turistica, nonostante l’ingente mole di reperti “a cielo aperto” di origine romana che la rende famosa in tutto il mondo. Il lunghissimo rettilineo di via Giulia Augusta che la attraversa, tagliando a metà l’antico foro, è molto più invitante per tanti a raggiungere la vicina bellissima spiaggia di Grado, che a spingerli ad una sosta fra le sue mura. Tanto più a visitarne il Museo Archeologico Nazionale, un fondamentale punto di riferimento per la tutela e valorizzazione dell’ingente patrimonio archeologico.

La colonia latina di Aquileia (181 a.C.), istituita da tre magistrati su decisione del Senato di Roma, come avamposto e baluardo militare, mise ben presto in evidenza la sua forte vocazione commerciale. Le vie di comunicazione terrestri, fluviali e marittime, oltre alla posizione geografica, la trasformarono velocemente in un emporio di portata mediterranea e nodo di scambi tra l’area adriatica e le regioni alpine e balcaniche. Tutto questo nonostante le varie incursioni barbariche di cui fu vittima, come la più drammatica nel 452 d.C. con l’assedio degli Unni guidati da Attila.

Tra la fine del III secolo ed il IV d.C. l’accresciuto ruolo politico e strategico di Aquileia comportò pure una fase di rinnovamento edilizio. Fu allora che il poeta Ausonio la ricordò tra le dieci città più importanti dell’Impero, quarta nella penisola italica. Il centro si dotò di nuovi edifici pubblici e religiosi, la zecca, il circo, le monumentali terme. Furono potenziate le strutture difensive, quelle per lo stoccaggio delle derrate alimentari, in prossimità del porto nacquero diverse domus. Dopo l’editto di Costantino del 313, che concedeva la libertà di culto ai cristiani, la costruzione del complesso basilicale determinò lo sviluppo di un nuovo polo aggregativo urbano.

Fiore all’occhiello della città, oltre alla celebre basilica e alla zona dell’episcopio – di recente un’ennesima campagna di scavi ne ha messo in rilievo l’estesa pavimentazione mosaicale – il “Caesareum Museum Aquileiense”, inaugurato il 3 agosto 1882 per iniziativa dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe. Fu una delle prime istituzioni a passare sotto il controllo italiano, all’indomani dell’entrata in guerra contro l’Austria, rimanendo aperto per tutta la durata del conflitto come presidio di tutela del patrimonio storico e archeologico.

In questo periodo Aquileia, con la sue antichità, assurta al ruolo di una “seconda Roma”, divenne l’emblema del passato romano e cristiano dell’Italia, e in quanto tale, simbolo ideologico cantato da intellettuali e politici, fra cui Gabriele D’Annunzio. Nel secondo dopoguerra il museo fu interessato da un radicale rinnovamento. Nel 1954 fu riammodernato con un importante riallestimento delle collezioni ed un esteso nuovo percorso espositivo che riguardò anche il secondo piano della sua sede a Villa Cassis Faraone.

Vent’anni anni dopo le gallerie lapidarie furono riordinate e ampliate verso occidente con la realizzazione di un nuovo quadriportico dove trovò posto la mosaicoteca. A ridosso delle gallerie si costruirono nuovi depositi destinati ad accogliere i numerosi reperti non esposti e i materiali che via via emergevano dall’attività di ricerca archeologica. Il continuo aggiornamento degli allestimenti museali è proseguito negli anni Novanta per ospitare i materiali più preziosi e la collezione numismatica.

Le “domus” di Aquileia hanno restituito numerose testimonianze relative al rito conviviale del banchetto, caratterizzato da ricchi apparati decorativi ed eleganza di arredi mobili. Il museo conserva quindi numerosi suppellettili in ceramica, vero, bronzo e argento che formavano i servizi da tavola per il consumo di cibi e bevande, nonché brocche, bottiglie, coppe, misurini dedicati alla preparazione del vino mescolato ad altre sostanze. Non mancano le numerose testimonianze di lucerne in ceramica e bronzo, alcune di grande pregio e decorazioni ottenute da lamine sbalzate o figurine in bronzo, osso e avorio che venivano applicate su letti, bauli, tavolini, sedie, sgabelli.

La quantità, qualità e varietà di reperti in vetro testimoniano poi il ruolo strategico rivestito dalla città nel commercio e nella produzione del prodotto, al pari della ceramica, per la disponibilità sul posto di materie prime (argilla, acqua, legname) che ne determinarono la fortuna. In età romana Aquileia fu anche un importante centro produttivo di terrecotte architettoniche che impreziosivano edifici pubblici e privati, nonché per la lavorazione dei metalli. Fra gli oggetti in bronzo e ferro ritrovati negli scavi il museo espone infatti un’ampia serie di strigili (usati nella cura del corpo per detergere la pelle dal sudore e dalla polvere), di strumenti per agrimensori, carpentieri, muratori, nonché medici.

Su di essi sono spesso presenti marchi di fabbrica che riportano il nome dei produttori aquileiensi, tra cui spiccano i Tampii, giunti dal Lazio agli inizi del I secolo a.C. Conservati nel museo pure significativi esempi di sculture che testimoniano l’alto livello qualitativo raggiunto dalle botteghe artigiane della città. Dopo una precoce fase di elaborazione di modelli provenienti da Roma, espressi prevalentemente in terracotta, dal I secolo a.C. si diffuse l’utilizzo della pietra, in particolare il calcare dal vicino Carso (pietra d’Aurisina), in un primo periodo utilizzato solo nell’edilizia.

Il tesoro del museo raccoglie i reperti più preziosi della collezione, organizzato secondo materiale e uso. Gemme e ambre costituiscono le eccellenze della produzione artigianale locale, insieme a gioielli, a vari oggetti di ornamento e accessori per la cura personale, a raffinati gioielli in metallo prezioso (collane, bracciali, anelli, orecchini, fibule, spilloni).

La collezione numismatica del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia comprende infine decine di migliaia di esemplari; il nucleo più cospicuo è costituito da emissioni di età romana repubblicana e imperiale in oro, argento e bronzo. La quasi totalità delle monete proviene dall’area della città antica e proprio tale aspetto la rende una delle raccolte più importanti del mondo romano.

Iscrizioni, stele funerarie, ritratti ed altri reperti raccontano infine della miriade di figure che concorsero a far diventare Aquileia un centro economico e militare di primaria importanza, luogo di passaggio e incontro di persone, idee, religioni e culture diverse. Quanto meno singolare è la stele in calcare della mima Bassilla, da una necropoli a sud di Aquileia. Di solito al tempo di Roma, le attrici danzavano e si denudavano su richiesta del pubblico, ma non sembra fosse stato il caso di Bassilla che per la danza (ed il resto) si faceva sostituire da donne del “mestiere”. L’attrice godeva di larga fama ed è affettuosamente ricordata sulla stele con questa frase tradotta dal greco: “A colei che in passato, in molte contrade e in molte città, colse sulla scena il successo risonante d’applausi per il versatile talento, manifestato nei mimi e nelle danze, a lei che spesso sulle scene morì, ma non in questo modo, alla mima Bassilla, decima Musa. Eraclide, attore valente nella declamazione, pose questa stele. Anche da morta essa ottenne un onore uguale a quello che godeva da viva, poiché il suo corpo riposa in un suolo sacro alle Muse. I tuoi colleghi ti dicono: sta di buon animo, Bassilla, nessuno è immortale”.

(foto: Stele di Bassilla)