di GIOVANNI RANIERI FASCETTI – La Madonna del Sole nel Duomo di Pietrasanta, splendore di un’allegoria, “Pax vobis” nella piena luce.
Si approssima il Solstizio d’estate oggi, forse, generalmente più sentito che nel passato a causa della pandemia: la data del 21 giugno e l’estate che si inaugura sembrano promettere la conclusione di un periodo “buio” della nostra esistenza, un totale trionfo di luce e di libertà da riconquistare, con spiagge infinite da riempire, mari e cieli da solcare…, le valigie sono già pronte e gli ombrelloni sono già aperti. Sembra che si sia chiuso un ciclo e si possa tornare alla normalità, che si torni a vivere. In questo momento così particolare voglio regalare ai lettori di Toscanatoday una riflessione su di un’opera d’arte toscana, poco conosciuta ma di capitale importanza. Ci portiamo dunque a Pietrasanta, l’elegante e nuova Atene dell’Arte nella Collegiata di San Martino, il bellissimo duomo, ricco di tesori tra i quali la veneratissima immagine della Madonna del Sole, dipinto che i più datano al XIV secolo.
Prima di procedere, chiedo a voi Lettori di considerare il fatto che, accostandomi alla “Madonna del Sole”, lo faccio con tutto il rispetto che ogni autentico cittadino deve portare alle cose sacre di ogni religione e assicuro altresì i credenti che quanto sto per illustrare non ha un carattere eretico, anche se risulta del tutto nuovo ai più; in verità, quella che sto per condurre è una lettura sincretistica che esalta il messaggio profondamente religioso dell’opera.
Il nome
Iniziamo dal nome dato a questa pittura; si è scritto che sia stata così chiamata in seguito ad un miracolo: pioveva ininterrottamente da giorni, le campagne erano allagate, si decise di portare in processione la Madonna e il sole tornò a splendere sulle contrade attraversate dal fiume Versilia. Peraltro, di miracoli ne aveva già fatti; il primo avvenne quando ancora si trovava nel portico del palazzo della giustizia di Pietrasanta allorché uno sgherro, pieno d’ira a causa di un gioco di dadi finito male, e probabilmente anche scaldato dal vino, piantò il coltello nel fianco della Madonna che iniziò a sanguinare; ma il miracolo più grande che si rivelò agli occhi del popolo di Pietrasanta non fu quello dei fiotti di sangue, quanto invece il fatto che la Vergine, prima di essere colpita, aveva fatto in tempo a spostare dalla sua destra alla sua sinistra il Bambino, prima che venisse colpito da quell’uomo così ingrato. In seguito a questo miracolo si decise il trasferimento della sacra immagine nella chiesa di San Martino.
Qualcun altro ha scritto che la denominazione di Madonna del Sole deriva in realtà dall’astro d’oro che spicca all’azzurro del suo manto; in realtà questo gioiello è una stella dal forte valore simbolico: l’Ogdoade, stella a otto punte legata alla Madonna intesa nella sua dimensione di Madre Celeste che, come indicano i testi sacri, dimora nell’ottava casa dello Spirito Santo. Si tratta della Stella Maris, la stella Polare, riferimento per i naviganti del mondo antico e ovviamente anche per quelli del Medioevo. Pietrasanta, era stata fondata da Guiscardo da Pietrasanta, Podestà di Lucca nel 1255, a cavallo del tracciato costiero della via Francigena. Oltre al dominio del flusso dei pellegrini, questa terra murata aveva anche la funzione di controllo del vicino porto di Motrone, porto di Lucca sul mare. In buona sostanza Pietrasanta era legata anche alla navigazione, alle rotte del mediterraneo e i popoli antichi di questo mare, a principiare dagli egiziani che furono i primi, venerarono la dea con il bambino in collo identificata nella Stella Maris, ovvero la dea Iside, in onore della quale, in corrispondenza della prima luna piena dopo l’Equinozio di primavera, all’inizio della primavera e, quindi, della stagione della navigazione, si celebrava la festa dell’Isidis navigium.
La lettura dell’opera
In questa festa del carro navale si celebra Iside, sorella e sposa del dio del vino Osiride, che parte alla ricerca dei lacerti del suo sposo assassinato, per ricomporlo, farlo risorgere e generare con lui Horus, dio della luce e della vita. Appunto quel piccolino che, nell’iconografia antica, lei porta in collo o tiene sulle ginocchia. E’ questa la festa del Carnevale (currus navalis) che, non a caso, ha trovato proprio in Versilia il luogo dove, più che altrove, riesce a risaltare in tutta la sua potenza e bellezza. Queste suggestioni che vi offro servono a introdurci proprio nella profonda lettura dell’opera dopo esserci tolti i sandali impolverati dal pregiudizio per procedere, a piedi nudi, su di un terreno che non nasconde insidie, per fare, cioè, una distensiva e luminosa passeggiata sul fresco prato dove fioriscono le allegorie.
La Madonna del Sole è dunque un’opera a carattere allegorico, un discorso realizzato attraverso un tessuto di simboli e dedicato alla presentazione delle più alte Verità filosofiche e religiose. Come tutti più o meno sanno, soltanto chi conosce i simboli può penetrare il messaggio segreto di un’allegoria, chi non li conosce rimane alla lettura superficiale dell’opera. Bisogna innanzitutto sapere che le opere allegoriche si leggono generalmente procedendo da destra verso sinistra. Partendo da destra, la prima figura che incontriamo è San Giovanni Battista, rappresentato vecchio e con la barba, egli svolge un volumen: il rotolo in papiro; supporto di scrittura tipico del mondo antico, qui messo a rappresentare il Vecchio Testamento e l’epoca che si conclude con l’avvento del Cristo e il suo Annuncio, tradotto dagli Evangelisti nel Nuovo Testamento; Giovanni, colui che i Cristiani festeggiano il 24 giugno, data in cui nel passato si celebrava il solstizio d’estate; Giovanni è il cugino di Gesù, nato poco prima di Lui ed è colui che ha istituito il Battesimo nelle acque del fiume Giordano, annunciando ai suoi iniziandi: “io vi battezzo con l’acqua, ma Colui che verrà dopo di me vi battezzerà con il Fuoco”, ovvero con lo Spirito Santo; Giovanni dunque annuncia l’imminente manifestazione sulla terra di Dio, che è il Verbo e al tempo stesso è la Luce, preannuncia quindi la sconfitta delle tenebre del peccato che da secoli avvolgevano la terra, abbandonata senza speranza di Salvezza dopo il peccato originale.
Al centro vediamo la Madonna incoronata, la “Maestà”, così appellata perché di stirpe reale in quanto discendente da Davide e Salomone, ovvero dalla progenie del Patriarca Abramo; qui ha in collo Cristo re, Egli non semplicemente principe di Gerusalemme, come credevano tanti suoi contemporanei, ma Signore del Regno dei Cieli come Lui, da Maestro, cercava di spiegare ai suoi compagni Apostoli e ai suoi apprendisti discepoli.
Alla sinistra della Madonna è collocata l’ultima figura: Giovanni l’Evangelista, il più giovane degli Apostoli, il preferito di Gesù; giovane, bello, glabro e con i capelli lunghi; Giovanni reca in mano il libro: il Vangelo da lui scritto. Il libro è l’oggetto che rappresenta la nuova Era e, a questo libro, qui aperto in corrispondenza del prologo, va collegata anche l’Apocalisse scritta sempre da Giovanni: la narrazione del secondo avvento di Gesù al concludersi della nuova era, quello che tutti conoscono come il giorno del Giudizio Universale, l’avvento del Regno dei Cieli e la conclusione della storia dell’uomo e del suo esilio sulla terra, la sua liberazione dalla prigionia del Tempo, la conquista dell’Eternità.
L’Evangelista, che è stato testimone della morte e della resurrezione di Cristo, annuncia la chiusura di un ciclo e l’apertura di uno nuovo e viene festeggiato in corrispondenza del 27 dicembre, in prossimità della fine dell’anno vecchio e dell’inizio del nuovo anno; nel passato, in occasione del giorno di San Giovanni Evangelista si celebrava il Solstizio d’inverno. Come si studia a scuola, il Solstizio d’inverno è il momento dell’anno in cui la luce del dì è ridotta al minimo e l’oscurità della notte ha raggiunto la sua massima estensione, il momento in cui il sole, nel suo moto apparente è al punto più basso dell’orizzonte e più lontano dalla terra, ma dopo questo momento dell’anno, le giornate tornano gradualmente ad allungarsi.
Il tema nascosto
Eccoci di fronte ad un’opera il cui tema “nascosto” è il rapporto tra tempo e luce, rapporto che si lega alle due figure di passaggio nell’anno, legate al moto apparente del Sole; Annus, per inciso, deriva dal latino annus, cerchio, ciclo. In questo contesto la figura divina del Bambino riassume in sé l’essenza della Luce e del Logos e la sua nascita è la festa del trionfo della Luce. Nella stessa data del 25 dicembre nella quale i pagani celebravano il Sol Invictus Triumphans, il dio sole vittorioso sulle tenebre i cristiani celebrano la Natività. Ora, Gesù non è certo nato il 25 dicembre, come si è sempre detto al popolo, ma si è voluto simbolicamente identificarlo con il dio Sole. da questa situazione deriva il titolo dell’opera che stiamo analizzando e qui qui il Cristo/Sole è collocato tra i due personaggi che impersonano i due Solstizi.
Abbiamo stabilito ormai più di un legame tra la religione degli antichi, il paganesimo e questa tavola collocata in un centro medievale che fu un crocevia spirituale tra pellegrinaggi e navigazione, ma fu anche erede – e i cippi funerari etruschi in marmo ritrovati nell’agro pietrasantino dal Prof. Bruno Antonucci lo testimoniano – di un illustre passato, quello dell’antica Pisanica, colonia etrusca di Pisa che più tardi sarà crocevia dei romani, con le basi militari romane di Campus maior (Camaiore) e Statio hyemalis (Stazzema), collocate in prossimità del passaggio della via consolare Aurelia.
Cristianesimo a paganesimo
Quello che accade per il territorio, si verifica anche nel dipinto della Madonna del Sole: paganesimo e cristianesimo si intrecciano e ora noi, proseguendo su questo percorso misterioso, continuiamo la nostra esplorazione per decifrare al meglio il significato di questo capolavoro. Ricordiamoci che gli antichi, in corrispondenza degli Equinozi festeggiavano un dio italico a due facce: Giano, talvolta rappresentato con un volto di giovane e un volto di uomo maturo, uno che guarda al passato e l’altro al futuro, incarnazioni del passato e del futuro. Per come si scrive e per come si pronuncia in francese il nome Giovanni: Jean, ci appare assai vicino a quello di Giano.
Come dunque Giano Bifronte presiedeva alle porte solstiziali (Ianua è la parola latina che significa giustappunto porta), nella nuova era cristiana, sono i due Giovanni uno vecchio, l’altro uno giovane a presiedere al passaggio dei solstizi.
La triade che si presenta davanti ai nostri occhi: il Bambino e i due San Giovanni rappresenta quindi l’insieme di tre incarnazioni: quella del passato, quella del presente e quella futuro. A impersonare il passato e il futuro sono, e non a caso, due entità umane, i due santi; noi viviamo nel Tempo e, quando ci capita di riflettere seriamente sulla nostra vita, ci accorgiamo che non possediamo il presente, siamo continuamente trascinati dallo scorrere del tempo dal passato al futuro; un passato che non esiste già più e un futuro che non esiste ancora. E il presente? Il paradosso che ci può sembrare di vivere in una dimensione di irrealtà mentre c’è.
Qualcuno che, essendo eterno, possiede il presente, non invecchia, non muore, conosce tutto il nostro passato e il nostro futuro; Lui è l’Alpha e l’Omega, l’inizio e la fine ed è rappresentato nelle sembianze dell’eterno bambino, della incorruttibile Innocenza. L’eterno presente coincide con la dimensione di ciò che realmente esiste, la vera vita, l’unità temporale e reale che contiene tutte le molteplicità; gli uomini che lui ha sparso sulla terra, in questa dimensione che a questo punto sembra illusoria, tornano a radunarsi in Lui e questa verità è qui riflessa da un frutto di grande pregnanza simbolica che vediamo nella mano del Bambino: la melagrana.
La Luce della Verità
Questa tavola è stata dipinta perché gli uomini, riflettendo sui cicli della natura, della vita, sull’avvicendarsi delle stagioni e il succedersi dei solstizi e degli Equinozi, potessero percepire la Luce della Verità e riflettessero sulla vanità delle cose del mondo che la religione chiama “peccata mundi”, e la fragilità della nostra vita, prigioniera dell’inesorabile scorrere del tempo terreno. Se sapremo accettare queste Verità, mettendo da parte ogni presunzione, se sapremo uniformarci al ciclo universale che condiziona tutto il creato e tutti gli esseri viventi che lo popolano, destinati tutti a nascere, crescere, dare frutti, decadere e poi morire. per poi rinascere in un nuovo ciclo, potremo conquistare quella Eternità che ci sta di fronte e ci sorride con amore e intelligenza; a quel punto avremo la pace (la promessa sta scritta nella pergamena/contratto che il Bambino ci mostra: ”Pax vobis” e saremo eternamente compresi nella piena luce dell’Oriente. Questo il messaggio che ci consegna il maestro della Madonna del Sole.
Giovanni Ranieri Fascetti, pisano, classe 1965, è uno storico dell’Urbanistica, archeologo, esperto di Gestione e Marketing del Patrimonio, Cittadino Onorario di Vicopisano e Premio Pegaso d’Oro della Regione Toscana, docente di materie umanistiche presso l’I.T.S. “Pacinotti-Galilei” di Pisa. E’ Presidente del Gruppo “Ippolito Rosellini”, direttore della Rocca del Brunelleschi a Vicopisano e Custode del Tempio di Minerva a Montefoscoli.