Anche solo poche righe, un emozione, dei pensieri, un disegno o una fotografia… Un modo per condividere la nostra solitudine forzata, e magari imparare anche qualcosa dagli altri
Ho la fortuna di abitare in una casetta ai piedi della Torre Matilde di Viareggio, torre che nei suoi cinquecento anni di vita ha cambiato funzione diverse volte: creata inizialmente per l’avvistamento e come castello a difesa degli attacchi dei pirati barbareschi, divenne poi caserma e infine carcere prima della sua definitira chiusura; oggi è – o forse, meglio sarebbe dire dovrebbe essere – un monumento-museo nel quale cittadini e ospiti rivivano un pezzetto di sapore delle origini della città.
Dalla mia finestra, dunque, vedo ogni giorno la Torre, dal basso verso l’alto. E intorno ad essa la vita che si muove indifferente alla sua presenza. E’ un buon metodo di osservazione, quello del mondo visto dal basso: ti impedisce di diventare saccente, e ti aiuta a vedere le cose come suol dirsi… terra terra.
In questi giorni siamo tutti chiamati, per spirito di solidarietà oltre che per la nostra salute, ad una reclusione forzata; un appello al quale dobbiamo rispondere in un solo modo: Presente! Non mi soffermo sulle regole che le istituzioni hanno imposto a tutta l’Italia, preferisco parlare di solidarietà: di coscienza e rispetto verso gli altri. Il nemico che affrontiamo non si dichiara, non è manifesto. Si aggira subdolo, s’insinua invisibile anche tra i più forti (che diventano portatori sani della malattia). Tutto questo assomiglia molto all’incipit di un romanzo catastrofistico, alla fantasia di uno scrittore, ma purtroppo è diventata la nostra cruda realtà quotidiana alla quale non possiamo e non dobbiamo sfuggire. Prima ce ne rendiamo conto e prima usciremo da questo incubo.
Ma torniamo alla Torre, al mio osservatorio personale. Per chi non conosce Viareggio, la Torre insiste sul punto di accesso in città dalla periferia, attraverso il cavalcavia ferroviario. In questi giorni il traffico è sensibilmente diminuito, ma c’è ancora molta gente in giro, soprattutto durante il giorno: auto, scooter, biciclette e anche a piedi. Dove vadano, e a fare cosa, non si capisce.
Il senso civico non appassiona molto noi italiani, argomento spinoso. Ma siamo sensibili alla solidarietà. Siamo un grande popolo e di questo dovremmo essere orgogliosi e fieri, ne abbiamo sempre dato prova nei momenti difficili: terremoti, alluvioni e situazioni d’emergenza varie. Questa volta, la solidarietà alla quale siamo chiamati è verso le persone più deboli, i nostri anziani, la nostra memoria familiare e di popolo: sono loro le vittime del mostro. Ed il nostro impegno, in questa battaglia, è quello di restare in casa così da evitare il propagarsi del contagio. La storia c’insegna, abbiamo già vissuto pandemie (la peste nera del 1300 decimò la popolazione), che uno dei rimedi più efficaci è il distanziamento sociale: noi abbiamo la fortuna di poter essere comunque connessi, abbiamo la TV, abbiamo internet ed il telefono, che ci aiutano a sentirci meno isolati.
Scriveteci le vostre storie
Il Decameron riporta i racconti di un gruppo di persone che si erano autorecluse per evitare il contagio della peste. Noi, lontani dal paragonarci al sommo Boccaccio, abbiamo pensato di imitarlo: non solo scrivendo storie della “peste” che filtrano dalla mia camera con vista, ma invitando i lettori a scrivere ed inviarci i loro racconti di questo ‘riposo forzato’. Anche solo poche righe, un emozione, dei pensieri, un disegno o una fotografia… Insomma, può essere un modo anche questo per condividere la nostra solitudine forzata. E magari, imparare anche qualcosa dagli altri (chi volesse rimanere anonimo, lo chieda e noi indicheremo solo le iniziali).
Questa è l’email alla quale i lettori possono scrivere (inviare anche una vostra foto – rettangolare o che si possa tagliare in orizzontale – e ‘due righe’ di presentazione): cameraconvista.toscanatoday@gmail.com
Francesco Fiorini vive e lavora a Viareggio, si occupa da anni di marketing, comunicazione e promozione del territorio.