Questa settimana diamo spazio al cinema Europeo e più precisamente atterriamo in Danimarca dove, nel 2015, è stato girato un lungometraggio legato a un argomento molto delicato di cui si parla poco. Il film in questione si intitola “Land of mine” e fa riferimento a un momento storico poco conosciuto in Italia per vari motivi.
La Seconda Guerra Mondiale, infatti, non si è bruscamente interrotta con la resa della Germania, ma ha avuto tanti strascichi che, in Europa, sono stati causati dai vincitori nei confronti degli sconfitti. E questo lungometraggio fa riferimento a ciò che accadde sulle coste danesi al termine della guerra: le spiaggie erano state tutte riempite di mine in quanto i Tedeschi ritennero possibile uno sbarco dei nemici su quelle coste. Così non fu e quelle mine sono rimaste lì, inutilizzate. I Danesi, essendo stato liberato, sfruttarono i prigionieri tedeschi per obbligarli a sminare le spiaggie della Danimarca.
Il film parla di uno di questi tanti gruppi, formati per lo più da adolescenti capitati lì per pura sfortuna in quanto arruolati forzatamente dall’esercito Tedesco, brutalmente impegnato in queste operazioni. Parla, però, anche del rapporto tra questi ragazzi e tra loro e i superiori dell’esercito Danese, combattuti situazioni che vanno dall’innocenza di quei ragazzi massacrati perché vittime di un sistema più grande di loro alla severità di dover completare la missione.
Una pagina di storia che, soprattutto nelle scuole, si sente parlare molto poco, in quanto, si sa, la storia l’ha sempre scritta chi ha vinto le guerre e, per questo motivo, questi episodi di violenza e di prigionia degli eserciti vincitori sono stati omessi o nascosti. D’altronde, se in Danimarca accadeva ciò, in Italia e in Germania Meridionale avvenivano le “marocchinate”: violenze, torture e massacri da parte del CEF soprattutto contro donne, bambini e anziani. Dando uno sguardo fuori dall’Europa, è noto a tutti quello che accadde nell’Agosto 1945 sul fronte dell’Oceano Pacifico tra l’esercito degli Stati Uniti e il Giappone.
Tanti, dunque, gli spunti su cui poter pensare che ci lascia questo lungometraggio candidato all’Oscar come Miglior Film Straniero nel 2017 e, purtroppo, uscito molto poco nelle sale cinematografiche italiane. L’orrore della guerra non ha una data di inizio e di fine precisa e non si tratta di divertirsi a un gioco da tavolo. La gente soffre, perde tutto e muore per colpa della guerra e delle crudeltà che si trascina dietro anche a distanza di mesi, anni, decenni. Se oggigiorno a casa nostra abbiamo una pace, l’augurio e allo stesso l’impegno è di mantenerla per l’eternità.
Lorenzo Simonini è nato a Viareggio nel 1988. Iscritto al corso di laurea in Cinema e Produzione Multimediale alla Sapienza di Roma, si laurea a pieni voti nel 2014 all’Università di Pisa con una tesi di ricerca sul cineasta amatoriale Costantino Ceccarelli (sul quale pubblica un saggio nel 2015). Ha scritto e diretto cortometraggi e videoclip.