Conte: governo senza qualità, l’arte della sopravvivenza

Un governo senza qualità: Conte, l’arte della sopravvivenza e le convulsioni della maggioranza dietro la proposta di proroga dell’emergenza

Il campione dei sondaggi di questi mesi, Giuseppe Conte, ha proposto una proroga dello stato d’emergenza fino alla fine dell’anno. In molti hanno gridato al colpo di mano, al golpe, alla destrutturazione della democrazia o alla cancellazione della Costituzione.

Senza banalizzare o minimizzare le implicazioni e le conseguenze sul piano costituzionale per come è stato gestito lo Stato di Emergenza (che sta per concludersi il 31 luglio, se non sarà prorogato) dal governo a colpi di decreti legge, ma soprattutto da Conte con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), ritengo che si stia sopravvalutando l’obiettivo del Presidente del Consiglio, e vada invece analizzato per quel che rappresenta realmente: più che la ricerca dei “pieni poteri” – già perseguiti dall’ormai quasi dimenticato Salvin Furioso dello scorso anno (sembra un’altra epoca storica), oggi diventato paladino della libertà e delle prerogative del Parlamento, assieme alla Donna forte dell’estrema destra, Giorgia Meloni – penso che Giuseppe Conte (con la supervisione dell’ineffabile Presidente della Repubblica Sergio Mattarella) si sia contraddistinto per il temporeggiamento e l’indecisione in molti momenti nei mesi dello stato d’eccezione, con indicazioni spesso confuse e una comunicazione fumosa, poco dettagliata quando non contraddittoria.

Tuttavia, quello che molti considerano un limite e una debolezza, ritengo invece che sia una strategia, o quantomeno un atteggiamento di fondo, che Conte ha adottato per evitare trappole e intrighi (più o meno evidenti o maldestri) che gli stessi soci di governo continuano a disseminare sul suo terreno.

Più che una volontà di pieni poteri,  il Presidente Conte e il Consiglio dei Ministri nel suo insieme stanno mostrando l’intenzione di mantenere in piedi l’esecutivo, in una situazione oggettivamente straordinaria e complessa, oscillando tra senso di responsabilità e mera volontà di sopravvivenza. Il rischio di questa fase è che la debolezza intrinseca della maggioranza si trasmetta alle istituzioni democratiche, indebolendole e delegittimandole, con il pericolo che possano diventare preda di spinte eversive e realmente golpiste, trasformando una democrazia liberal-democratica parlamentare (già a scartamento ridotto nella rappresentanza, per le leggi elettorali che si sono susseguite in questi decenni) in una forma sempre più ristretta e limitata di democrazia rappresentativa, con il rischio reale di una svolta autoritaria o addirittura di riedizioni neofasciste.

Come in ogni situazione complessa, si sovrappongono più livelli: l’emergenza sanitaria (che non ritengo finita) necessita di un’attenzione continua e non può essere smobilitata, magari un po’ attenuata, ma non revocata; l’emergenza economico-sociale che colpirà il nostro Paese nei prossimi mesi e che dovrà essere affrontata con strumenti eccezionali per invertire la rotta liberista degli ultimi anni, con un impegno massiccio del pubblico nei servizi essenziali a partire da sanità, scuola, trasporti; la fragilità politica dell’attuale maggioranza e le legittime, ma non prioritarie, aspirazioni di Conte (uomo senza partito) a continuare a governare; il ruolo dell’Italia nel contesto dell’UE e internazionale; il referendum confermativo per il taglio dei parlamentari (e conseguentemente della rappresentanza istituzionale); infine, la partita della Presidenza della Repubblica.

Conte, accerchiato anche da quelli che dovrebbero essere i suoi sostenitori (Di Maio che incontra Draghi è una sorta di avvertimento al Presidente del Consiglio in carica), ha adottato una strategia di sopravvivenza, che in questo momento, senza un’alternativa radicale di cambiamento dell’indirizzo economico-politico a contrasto del ruolo dei privati nei settori fondamentali, rischia di consegnare il Paese agli epigoni dielle destre più becere alla Trump/Bolsonaro/Orban/Johnson.

Guardo con orrore e terrore ad un esecutivo Salvini/Meloni, in un misto di iperliberismo (libertà di impresa, cioè di licenziare quando si vuole; flat-tax, cioè libertà di evasione o elusione fiscale e condono di quanto sottratto finora), ma al contempo la linea di galleggiamento del governo Conte, governo senza qualità e indirizzo politico chiaro, non può essere la prospettiva per il futuro dell’Italia: finché si continuerà ad affidare ad aziende private, multinazionali soprattutto, la ricerca e la produzione di strumenti necessari ai bisogni collettivi, e i servizi sociali secondo il principio di sussidiarietà (concorrenza di mercato tra pubblico e privato), non verrà scalfita la logica del profitto che domina sulla protezione e prevenzione sociale e rimarremo prigionieri di un sistema che ha contribuito a creare i disastri (sanitari, ambientali, occupazionali) che stiamo vivendo in questa prima parte del XXI secolo.