di GIOVANNI VILLANI – Nel 2021 tre città si apprestano a festeggiare i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri: Firenze, Verona, Ravenna
Il 2021 è ormai alle porte e almeno tre città si apprestano a festeggiare solennemente una ricorrenza eccezionale: quella dei settecento anni dalla morte del sommo poeta Dante Alighieri. Tre città, come Firenze, che gli diede i natali, Verona che lo ospitò per un certo tempo e Ravenna che fece altrettanto conservandone poi anche le spoglie. Tre città che avevano in animo un progetto congiunto: unire le forze per dare ampio risalto all’evento. Ma poi l’emergenza del covid ne ha un po’ stemperato l’impulso, anche se i contatti fra i tre Comuni continuano. Tuttavia ognuna celebrerà la ricorrenza, sebbene singolarmente. Il Comune di Verona ha intanto indetto una conferenza stampa per giovedì 10 dicembre in cui illustrerà le iniziative che intende attuare.
La prima notizia certa, che si ha intanto, è che nell’ambito dei festeggiamenti in onore del patrono San Zeno, organizzato annualmente dall’apposito comitato, mercoledì 5 maggio in basilica, si terrà una serata interamente dedicata a Dante. La curerà il regista Alessandro Anderloni, autore di più cinquanta testi teatrali, che si è dedicato a Dante e alla sua Divina Commedia durante gli anni di studio in Lettere Moderne e successivamente con un’intensa attività di divulgazione didattica nelle scuole e in carcere. Della Commedia di cui interpreta molti canti a memoria, ha tratto monologhi e trasposizioni sceniche di prosa e di teatro danza. Ha ideato il progetto “Dante 700: Verona onora Dante” per l’anniversario del 2021. Collaborerà con lui il professore Paolo Pellegrini, docente nella Facoltà di Arte all’Università degli Studi di Verona, che nel 2018 scoperse una nuova lettera, scritta probabilmente proprio da Dante nel mese di agosto del 1312 e spedita da Cangrande al nuovo imperatore Enrico VII. Essa modificherebbe sostanzialmente la data del soggiorno veronese del poeta, anticipando il suo arrivo al 1312, ed escluderebbe le ipotesi che lo volevano a Pisa o in Lunigiana.
Molto probabilmente si trovava a Forlì già nel 1310, dove ad ottobre ebbe la notizia della discesa in Italia del nuovo imperatore Arrigo VII . Egli guardò a quella spedizione con grande speranza, in quanto vi intravedeva non soltanto la fine dell’anarchia politica italiana, ma anche la concreta possibilità di rientrare finalmente a Firenze. Infatti l’imperatore fu salutato dai ghibellini italiani e dai fuoriusciti politici guelfi, un connubio che spinse il poeta ad avvicinarsi alla fazione imperiale italiana capeggiata dagli Scaligeri di Verona. Dante, che tra il 1308 e il 1311 stava scrivendo il De Monarchia, manifestò le sue aperte simpatie imperiali, scagliando una violenta lettera contro i fiorentini il 31 marzo del 1311 e giungendo, sulla base di quanto affermato nell’epistola indirizzata ad Arrigo VII, a incontrare l’imperatore stesso in un colloquio privato.
Il sogno dantesco di una Renovatio Imperii si infrangerà il 24 agosto del 1313 , quando l’imperatore venne a mancare, improvvisamente, a Buonconvento. Se già la morte violenta di Corso Donati, avvenuta il 6 ottobre del 1308 per mano di Rosellino Della Tosa (l’esponente più intransigente dei guelfi neri), aveva fatto crollare le speranze di Dante, la morte dell’imperatore diede un colpo mortale ai tentativi del poeta di rientrare definitivamente a Firenze.
All’indomani della morte improvvisa dell’imperatore, Dante accolse l’invito di Cangrande della Scala a risiedere presso la sua corte di Verona. Dante aveva già avuto modo, in passato, di risiedere nella città veneta, in quegli anni nel pieno della sua potenza. Giorgio Petrocchi, come delineato in Itinerari danteschi e poi nella Vita di Dante, ricorda come il poeta fosse già stato ospite, per pochi mesi tra il 1303 e il 1304, di Bartolomeo della Scala, fratello maggiore di Cangrande.
Quando poi Bartolomeo morì, nel marzo del 1304, Dante fu costretto a lasciare Verona in quanto il suo successore, Alboino , non era in buoni rapporti col poeta. Alla morte di Alboino, nel 1312, divenne suo successore il fratello Cangrande, tra i capi dei ghibellini italiani e protettore (oltreché amico) di Dante. Fu in virtù di questo legame che Cangrande chiamò a sé l’esule fiorentino e i suoi figli, dando loro sicurezza e protezione dai vari nemici che si erano fatti negli anni. L’amicizia e la stima tra i due uomini fu tale che Dante esaltò, nella cantica del Paradiso – composta per la maggior parte durante il soggiorno veronese – il suo generoso patrono in un panegirico per bocca dell’avo Cacciaguida: “Lo primo tuo refugio e il primo ostello sarà la cortesia del gran Lombardo che ‘n su la scala porta il santo uccello; ch’in te avrà sì benigno riguardo, che del fare e del chieder, tra voi due, fia primo quel che tra l’altri è più tardo….Le sue magnificenze conosciute saranno ancora, sì che’ suoi nemici non ne potran tener le lingue mute. A lui t’aspetta e a’ suoi benefici; per lui fia trasmutata molta gente, cambiando condizion ricchi e mendici“. (Paradiso XVII, vv.70-75, 85-90).
(foto: Domenico di Michelino, 1465,Museo dell’Opera del Duomo, Firenze)
Giovanni Villani è nato a Verona, giornalista pubblicista dal 1990, critico musicale del quotidiano L’Arena di Verona. Dirigente amministrativo. Laureato all’Università di Bologna in Storia e all’Università di Verona in Arte.