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Dimenticare Emanuela Orlandi

Ferruccio Pinotti e Giancarlo Capaldo “Pellegrini di Speranza”, la verità inconfessabile del rapimento e della scomparsa di Emanuela Orlandi.

L’anno del Giubileo 2025, “Pellegrini di speranza”, è iniziato la notte di Natale con l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro. In questo grande invito alla speranza, metafora del viaggio della vita, “percorso verso la redenzione e la pace interiore”, non è compreso il saldo di verità su Emanuela Orlandi, la ragazza di appena quindici anni rapita a Roma il 22 giugno 1983 e da allora scomparsa nel nulla. La verità – giacché una verità esiste – rimarrà solo consegnata alla storia.

La storia è quella che conduce al magistero epocale di una delle più alte autorità morali e politiche del pianeta, il capo della Chiesa di Roma. Tale fu la consapevolezza delle intelligenze più solide del Vaticano, da indurre la folla riunita in Piazza San Pietro al grido di “Santo subito”. Giovanni Paolo II morì il 2 aprile 2005, il 28 del mese papa Benedetto XVI concesse la dispensa dal tempo di cinque anni di attesa dopo la morte per l’inizio della causa di beatificazione e canonizzazione, la cerimonia di beatificazione ebbe luogo il 1º maggio 2011, e il 27 aprile 2014 si celebrò la canonizzazione di fronte a più di un milione di fedeli e centinaia di milioni di telespettatori in mondovosione.

Tra i motivi di tanta celebrità, usando un termine profano, è stato sottaciuto che il pontificato di Wojtyla fu anche materia prima della globalizzazione mediatica generata dall’avvento di Internet e dei social, vissuta da protagonista in una leadership mondiale paragonabile solo alla Seconda Guerra Mondiale: Ronald Reagan, Mikhail Gorbachev, Margareth Tatcher e Angela Merkel. Papa Giovanni XXIII, artefice della Chiesa moderna, morì il 3 giugno 1963 ed è stato fatto santo da papa Francesco solo dopo 51 anni: anche se il suo più grande miracolo fu salvare il mondo sull’orlo dalla Terza Guerra Mondiale.

“Santo subito”. Nei confronti di un santo si chiude ogni porta. Non è neppure immaginabile l’apertura di un fascicolo da parte del Promotore di Giustizia Vaticano o di una magistratura laica – quella italiana – sulle ipotetiche responsabilità materiali contemporanee di un santo.

La letteratura ha sempre contribuito alla ricostruzione della storia, alle volte nel fuoco del suo svolgimento, altre a posteriori. Ad oggi, nessuno è stato ancora in grado di confutare la verità sul rapimento e la scomparsa di Emanuela Orlandi ricostruita e pubblicata da Ferruccio Pinotti e Giancarlo Capaldo, con la collaborazione di Roberto Valtolina (“La ragazza che sapeva troppo”, Solferino, giugno 2023): il primo, caposervizio al Corriere della Sera con molti libri alle spalle, e il secondo magistrato dal 1972 al 2017 per molti anni alla Procura di Roma responsabile di molti casi scottanti. Una verità che non si può riassumere in poche righe. Bisogna leggere il libro.

E’ comprensibile nella coincidenza di un Giubileo, che le attenzioni spirituali prevalgano sul lavoro materialistico degli storici, eppure questa occasione di speranza verso la redenzione dovrebbe invitare anche al bisogno della riflessione storica. Soprattutto per quanti considerino la Chiesa cattolica un soggetto fondamentale nel bivio tra progresso e regresso dell’umanità.

Dimenticare Emanuela per salvare la Chiesa è comprensibile. Ma la laicità della storia è un requisito insostituibile, seme con il quale la storia si fa lezione per chi viene dopo. La verità su Emanuela Orlandi si interseca in un groviglio che ha caratterizato il declino nella vita della Chiesa dopo la morte di Paolo VI con il culmine nella frettolosa permanenza sul Soglio di Pietro di papa Giovanni Paolo I.

La Conferenza Episcopale Italiana ha certificato che in soli 14 anni, è diminuito di circa il 40% il numero dei praticanti regolari. Negli ultimi trent’anni sono nate 277 parrocchie e ne sono state soppresse 458, non si conosce il numero delle chiese diventate fantasmi, i parroci sono diminuiti del 16,5%. La crisi dei consensi in Europa e negli Stati Uniti generata dal disvelamento della pedofilia nelle sacrestie, ha assunto aspetti disarmanti. Ci sarà pure un motivo se l’avvento di un papa come Francesco ha suscitato un onda di speranza sul ritorno del pastore al suo gregge.

E’ questa la ragione che dovrebbe spingere gli storici nelle pieghe e nelle alture di un pontificato la cui dimensione politica è senza precedenti nella storia del Novecento, segnata dall’ossessione del Comunismo e dalla militarizzazione polacca del “cerchio magico” vaticano. La cesura netta che papa Francesco ha rappresentato con il passato delle ombre rischia di trasformarsi nell’illusione dell’onnipotenza: poiché anche in una monarchia assoluta quale è il Vaticano, il potere del monarca rimane pur sempre umano e limitato dal confronto delle correnti. E’ questa la ragione per la quale la verità impossibile su Emanuela Orlandi assume lo stesso aspetto del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro: non ci sarà speranza ma solo l’inarrestabile declino per la Chiesa e per l’Italia finché la vera verità non sarà definitivamente scolpita sulla pietra. Chi ha paura della verità? Questa non può essere materia di un tribunale di giustizia, solo del giudizio della storia.

Ho letto il libro di Pinotti e Capaldo pochi giorni prima che uscisse in libreria, credo di essere stato il primo ad avere segnalato, privatamente, che forse all’editor, nella serenità di fronte a due firme di tale spessore e rigore intellettuale, era sfuggita qualche pagina per la straordinaria pesantezza di quanto stava scritto. Ma forse, non era sfuggito proprio nulla, e questo anche a distanza di due anni può essere considerato in sintonia con i “Pellegrini di speranza” di questo Giubileo. Anche se l’inconfessabile verità dovrà attendere il distacco del tempo, quando il tempo renderà innocue le ferite.