Due libri sulla mafia scritti in diretta

SOLFERINO – Il giudice Sebastiano Ardita, il generale di divisione dei Carabinieri Giuseppe Governale: come e perché, domande senza risposta.

SEBASTIANO ARDITA

è entrato in magistratura all’età di 25 anni, ha iniziato la carriera come sostituto procuratore presso il Tribunale di Catania, divenendo poi componente della Direzione distrettuale antimafia. Come consulente della Commissione parlamentare antimafia ha redatto il documento relativo all’indagine sulla mafia a Catania. È stato direttore generale dell’Ufficio detenuti, responsabile dell’attuazione del regime 41bis e poi procuratore aggiunto presso il Tribunale di Messina e quello di Catania. È componente del Consiglio superiore della magistratura. Tra i suoi libri ricordiamo Ricatto allo Stato (2011), Catania bene (2015) e Cosa Nostra S.p.a. (2020).

Come la mafia comanda dal carcere.

Nel giugno del 1992, sull’onda dell’emozione e dello sdegno per la strage di Capaci in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, il Parlamento adottò un nuovo regime di restrizione per i detenuti di mafia.

Un passo decisivo ma anche l’inizio di un braccio di ferro tra Stato e mafia che è tutt’altro che finito.

Sebastiano Ardita, magistrato in prima linea nel contrasto alla criminalità organizzata, per nove anni al vertice del dipartimento penitenziario, ci accompagna in un viaggio che è una preziosa testimonianza personale e un originale racconto dietro le quinte di vent’anni di giustizia – e ingiustizia – in Italia.

Come è cambiata la mafia in questi anni? E chi comanda davvero dietro le sbarre? Come è possibile che si verifichino episodi come le rivolte incendiarie del marzo 2020, con decine di morti ed evasi e scarcerazioni di boss in circuiti di alta sicurezza? E perché potrebbe succedere di nuovo? L’autore ripercorre l’evoluzione della lotta a Cosa Nostra, ricorda il sacrificio dell’agente di custodia Giuseppe Montalto e il suo incontro in carcere con Bernardo Provenzano, spiega la strategia dei Graviano e fa luce sul potere dei leader mafiosi più irriducibili.

Ma il suo è anche un atto di accusa sui limiti della classe politica e sulla condizione delle nostre prigioni che sono, ancora troppo spesso, i luoghi in cui comincia una carriera criminale.

GIUSEPPE GOVERNALE 

è generale di divisione dell’Arma dei Carabinieri. Ha frequentato il 160º Corso dell’Accademia militare di Modena. Dal 2007 al 2010 è comandante provinciale di Catania, dal 2013 al 2015, comanda la Legione Carabinieri Sicilia. Dal 2015 ha comandato il Raggruppamento Operativo Speciale – il Ros – ottenendo importanti risultati nella lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo. Dal 2017 al 2020 è stato direttore della Direzione Investigativa Antimafia.

C’era bisogno davvero del pentimento del boss Tommaso Buscetta per convincersi della forza della mafia, quando esistevano già il rapporto del questore di Palermo Ermanno Sangiorgi di fine Ottocento e quello degli anni Settanta del generale dei carabinieri dalla Chiesa? Perché quei documenti non portarono a una reazione pronta dello Stato? Che rapporto si è creato nel tempo tra la mafia e le istituzioni più inerti e accidiose, e come possiamo rimediare oggi a errori e ritardi?

A rispondere a questa e molte altre domande è Giuseppe Governale, a lungo ai vertici del Ros e della Dia, che spiega in queste pagine come e perché ha prevalso troppo a lungo la convivenza con il fenomeno criminale, e poi la «cultura dello zero a zero» della classe dirigente nazionale. Come se lo Stato avesse paura di vincere, non fosse per lo sforzo di molti rappresentanti della magistratura e delle forze dell’ordine, quanto meno dagli anni Ottanta in poi.

Una ricostruzione lucida e ardente della lotta alla criminalità organizzata tra storia e attualità, tesa a evidenziare le vulnerabilità e gli aspetti culturali e di soft power che alimentano le mafie, ma anche a rilanciare con passione l’impegno del Paese e dei suoi cittadini contro uno dei suoi nemici più insidiosi.

ANTONIO NICASO, storico delle organizzazioni criminali, è considerato uno dei massimi esperti di ’ndrangheta al mondo. Insegna Storia sociale della criminalità organizzata alla Queen’s University. Ha scritto oltre quaranta libri, tra cui alcuni best-seller internazionali, molti dei quali con il magistrato Nicola Gratteri. Da un libro di Nicaso è stata tratta una fortunata serie televisiva dal titolo Bad Blood, tuttora disponibile su Netflix. Con Solferino ha pubblicato Il mito di Cosa Nostra. La vera storia del padrino e di come ha cambiato noi e la mafia (2022).