di ALDO BELLI – Ieri nelle urne, in Italia, non è stata sconfitta la Sinistra (o il Centro-Sinistra). Questi erano già morti da tempo.
Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato un ebook con uno degli ultimi discorsi pubblici di Emanuele Macaluso (“Una lezione per la sinistra”).
Il vecchio dirigente del PCI non è mai stato un profeta, da buon siciliano ha sempre avuto presente il peso delle contraddizioni che di generazione in generazione si sono conservate intatte, guardando però alla realtà come storia in movimento. Come i dinosauri ha assistito alla grande glaciazione delle idee del Novecento, con la consapevolezza del corso impietoso della storia quando all’orizzonte si staglia l’inevitabile destino: un destino, però, diverso dal fatalismo poiché determinato unicamente dall’azione umana. Il marxismo, per Macaluso nudo da scimmiottamenti della moda o dalla convenienza, lo ha sempre guidato rinforzando il convincimento che niente mai accade per caso nelle società e nelle organizzazioni umane, e che ogni raccolto dipende sempre dalla semina.
Diceva Macaluso in quel discorso tenuto a Livorno nel 2017: ” C’è qualcosa che è avvenuto, non possiamo ignorare questo fatto. Le disuguaglianze sono cresciute e dunque il problema è: le forze politiche mantengono qui il problema di un’idea di società? Io ritengo che non c’è un vero partito di sinistra. Un partito che vuole iscriversi, comunque si chiami, nella tradizione e negli ideali e nei valori di una sinistra del 2017, non certo quella di cento anni fa e nemmeno quella di 20 anni fa. Cambiano le forme di lotta, cambiano il modo con cui questi processi politici possono avvenire, cambiano gli strumenti con cui fare la lotta politica ma non l’obiettivo fondamentale. Perché se non c’è quell’obiettivo fondamentale, quello di tendere sempre all’uguaglianza, quindi al miglioramento, non c’è a mio avviso forza di sinistra”.
Nel concetto di uguaglianza Macaluso riassumeva quel grande filone di pensiero che va sotto il nome di Socialismo, le cui radici affondano nella Rivoluzione Francese, libertà uguaglianza fratellanza, e che attraverso una lunga strada di contraddizioni, successi e insuccessi, anche tragedie, continua a battere nel cuore delle socialdemocrazie europee (e non solo in Europa). Un’idea di società nella quale la democrazia corrisponde all’effettivo diritto civile e politico di tutti i cittadini (che è l’esatto contrario delle élite politiche), ma al tempo stesso di un partito politico che trae la propria ispirazione dalle disuguaglianze che rendono una parte degli esseri umani meno esseri umani degli altri. E questo, è il terreno sul quale, nel corso della storia, si sono incontrati i valori socialisti e i valori cristiani, e finanche liberali (che sono l’opposto del liberismo).
Mi sono sempre chiesto in questi decenni come possa dirsi di sinistra un partito che non si richiama al Socialismo (addirittura scomparso dal lessico). E come possa dirsi di centro-sinistra un raggruppamento politico che non si richiama al popolarismo e al cristianesimo sociale (è stato ignorato perfino don Sturzo e il centenario del Partito Popolare). Le parole e i simboli conservano un significato quando non sono traditi dal loro nome nella pratica quotidiana.
“Ex” è una preposizione che deriva dal latino il cui significato è: “fuori di”. Indica la cesura netta tra un prima e un dopo. Nel pensiero e nella pratica politica corrisponde al nulla, poiché ciascuna idea contiene in sé il proprio trascorso, verso il quale i contemporanei intervengono adattando, innovando, anche eliminando con l’accetta, gli errori e ciò che il tempo ha superato, poiché “fuori di” significa essere un’altra cosa, figlia di nessuno. E in politica chi è figlio di nessuno finisce per rappresentare solo se stesso.
Ieri nelle urne in Italia non è stata sconfitta la Sinistra (o il Centro-Sinistra). Questi erano già morti da tempo. A me pare solo l’ultimo atto di una tragedia politica e storica che ricorda Ugolino della Gherardesca, imprigionato nel ghiaccio da Dante tra i traditori della patria nel IX Cerchio dell’Inferno.
Quivi morì; e come tu mi vedi,
vid’io cascar li tre ad uno ad uno
tra ’l quinto dì e ’l sesto; ond’io mi diedi,
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno.
