Fedeltà e legami di coppia, una ricerca americana

Alcuni scienziati, in collaborazione con l’Istituto Leibniz, hanno esaminato il comportamento di 326 tipi di primati e confrontato diverse teorie

Fedeltà e legami di coppia? Forse sono una strategia evolutiva. Quante volte, in una conversazione tra amici, abbiamo sentito raccontare storie di infedeltà con toni divertiti e maliziosi, che lasciavano quasi trasparire ammirazione?

Nel nostro Paese, poi, non è mai svanito lo stereotipo del latin lover e delle sue “conquiste seriali”. Per qualcuno, la fedeltà e i legami di coppia duraturi sarebbero perfino una forzatura: la natura, questa è l’argomentazione, ci spinge continuamente verso nuove “tentazioni”.

A smontare tale visione arrivano i risultati di un’interessante ricerca dell’Università del Texas, guidata dall’antropologo italiano Luca Pozzi. Alcuni scienziati, in collaborazione con l’Istituto Leibniz, hanno esaminato il comportamento di 326 tipi di primati e confrontato diverse teorie.

Tra i primati, infatti, si osserva il più alto numero di specie che formano legami di coppia duraturi: una caratteristica connaturata e non indotta da convenzioni sociali, come si potrebbe pensare nel caso dell’uomo. La fedeltà sarebbe quindi una tendenza ereditata dai nostri antenati, solo successivamente istituzionalizzata attraverso riti come il matrimonio o la convivenza.

Per quale motivo la natura avrebbe spinto alcune specie (noi compresi) verso l’idea di un rapporto di coppia stabile? Non sarebbe stato più vantaggioso, evolutivamente, massimizzare il numero di unioni per aumentare la discendenza?

L’ipotesi del team di ricerca è interessante: si tratterebbe di una strategia utile all’evoluzione e alla vita sociale. Formare coppie rappresenterebbe un passaggio intermedio per arrivare a una vita in gruppo armoniosa con i propri simili. Un gruppo in cui i legami sono ben definiti, senza una continua competizione per attrarre partner. Oggi sappiamo quanto la sopravvivenza e l’evoluzione della nostra specie siano dipese dalla capacità di formare comunità, dalle tribù primordiali alle moderne città.

Un ideale completamento del quadro, infine, arriva dalla riflessione di due studiosi di cui avevo già parlato proprio su Toscana Today.

Il neuroscienziato Rodolfo Llinàs e lo psicologo evolutivo Satoshi Kanazawa ritengono che la fedeltà possa essere un segno di intelligenza. Indicherebbe infatti la capacità di risparmiare energie, evitando l’ansia e le pressioni che una “doppia vita” comporta, per focalizzarsi sulla sicurezza di un rapporto solido.

A quanto pare, quindi, se l’ideale romantico di trovare la propria metà sopravvive, la ragione non è da ricercarsi solo nelle convenzioni sociali. Forse le persone agiscono mosse da antiche, profonde spinte evolutive.

Studio citato: Kappeler, Peter & Pozzi, Luca. (2019). Evolutionary transitions toward pair living in nonhuman primates as stepping stones toward more complex societies. Science Advances. 5. eaay1276. 10.1126/sciadv.aay1276.