Barocci: "La Natività" (particolare)

Federico Barocci profeta in patria

di GIOVANNI VILLANI -“Federico Barocci, l’emozione della pittura moderna”, al Palazzo Ducale di Urbino (aperta fino al prossimo 6 ottobre)

Federico Barocci, profeta in patria. Un grande maestro della storia dell’arte nazionale e mondiale, che rivoluzionò la pittura cinque/seicentesca con innovazioni compositive, tecniche e stilistiche di ogni genere, torna in patria con una sensazionale mostra. Ể visitabile alla Galleria Nazionale delle Marche nel Palazzo Ducale di Urbino (aperta fino al prossimo 6 ottobre) col titolo “Federico Barocci, l’emozione della pittura moderna”.

Frutto di tre anni di lavoro, la mostra riporta per la prima volta a Urbino, nella sontuosa cornice di Palazzo Ducale, le opere di uno dei suoi figli più illustri, Federico Barocci (1533-1612). Pittore eccelso, straordinario disegnatore e innovativo incisore, Barocci segna per quasi un secolo, la scena artistica italiana ed europea. Nonostante la scelta, inconsueta all’epoca, di restare nella sua città natale, lontana dai grandi centri culturali, egli riuscì ad imporsi come il più ammirato, richiesto e pagato autore di dipinti sacri a cavallo tra il XVI e XVII secolo.

Il percorso suggestivo della mostra si articola secondo un ordinamento tematico volto ad approfondire le peculiarità della produzione del grande maestro marchigiano. Una scelta significativa di capolavori illustra temi come l’ambiente urbinate, con i ritratti dei suoi protagonisti; la messa a punto della grande macchina della pala d’altare, ispirata ai principi della Controriforma; l’inedita sensibilità naturalistica, nata dal continuo confronto ispiratore del paesaggio, dai quali il colore si sfalda diventando pura emozione cromatica.

Federico Barocci è stato un artista fondamentale che rappresenta molto bene ciò che è stata la corte urbinate, partendo da Federico di Montefeltro fino al termine del ducato con i Della Rovere e la devoluzione allo Stato pontificio: un periodo di quasi duecentocinquant’anni che ha cambiato la storia dell’arte italiana e di cui Barocci rappresenta un apice, portando la tradizione di Raffaello davanti all’arte barocca.

Nella Sale dei banchetti, al piano terra del Palazzo Ducale, sono esposte oltre 80 opere e disegni del pittore urbinate, a cui hanno contribuito col prestito diverse istituzioni. Fra loro: gli Uffizi di Firenze, la Gallerie Borghese, Barberini e Corsini di Roma, il Trust Doria Pamphili, il Kunsthistorische Museum di Vienna, i Musei Vaticani, la Fondation Custodia e il Museo del Louvre di Parigi, lo Staatliche Museum e il Kupferstichkabinett di Berlino, il Rijksmuseum di Amsterdam, il Ministero dell’Interno tramite l’amministrazione del Fondo Edifici di Culto.

Il mondo di Barocci è sempre stato Urbino. Educato negli anni di Guidobaldo II della Rovere (1533-1574), l’arco della sua carriera si svolse e raggiunse il culmine con l’ultimo duca Francesco Maria II (1574-1631) di cui fu intimo, diventando ineguagliato testimonial della corte urbinate in Italia ed in Europa. Qui poté trarre ispirazione dalle mirabili raccolte artistiche ducali, dove i modelli fondativi furono Raffaello e Tiziano in particolare, confluiti e tuttora conservati, con molte opere dello stesso Barocci, a Firenze. Con la fine della dinastia, nel 1631, i beni di famiglia seguirono infatti l’unica erede Vittoria, nuova granduchessa medicea, mentre il territorio urbinate venne incamerato dallo Stato pontificio.

Barocci fu anche tra i massimi disegnatori del Cinquecento, sperimentatore di tecniche grafiche nuove, con il pastello colorato e l’olio su carta, la pietra nera e rossa, il gesso: tutti punti di riferimento per generazioni di artisti fino al Settecento inoltrato. Alla base del disegno vi è lo studio del nudo, condotto rigorosamente dal vero su grandi fogli di carta azzurra. Capolavori di sintesi e spontaneità sono anche gli studi di alberi, di rocce e di animali che dimostrano come il pittore trasla l’esperienza del disegno dal vero in una pittura leggerissima e immediata.

Infine i grandi studi di composizione, utili a presentare il dipinto in corso di realizzazione ai committenti, ma anche per conservarne il ricordo a lavoro finito, esprimono l’abilità di Barocci nel dar vita, con personaggi, gesti e atteggiamenti sempre diversi, a grande scene sacre.

Barocci: Madonna della gatta
Madonna della gatta

Una sezione della mostra comprende anche sette capolavori, i “quadri di stanza”, molto richiesti per la devozione privata e realizzati nel corso della sua lunga carriera. L’interiorità dei personaggi traspare grazie ad un’acuta analisi dei sentimenti, quella Pittura degli Affetti derivata da Leonardo e Correggio, che enfatizza la capacità dell’arte di suscitare e trasmettere emozioni. Sono opere dotate di una grazia spontanea nonostante la complessa elaborazione prospettica operata nel solco della tradizione urbinate. Se la Madonna di San Giovanni testimonia la costante vicinanza a Raffaello, nel Riposo durante la fuga in Egitto e nella Madonna della gatta di circa dieci anni dopo, Barocci analizza la sfera emotiva dei soggetti messi in relazione con il paesaggio o nell’intimità di una sala del Palazzo Ducale. Nella Natività (foto 2) di intonazione umile e coinvolgente al tempo stesso, gli sguardi dei personaggi e degli animali sono catalizzati dalla luce divina emanata da Gesù, mentre nei più tardi San Gerolamo e San Francesco il linguaggio poetico e intimista è unito ad un colorismo suggestivo che lascia intuire la conoscenza dell’opera di Tintoretto e Bassano.

Barocci: Trasporto di Cristo al Sepolcro
Trasporto di Cristo al Sepolcro

Un’altra sezione presenta tre importanti pale che permettono di capire il meditato e complesso lavoro compositivo e apprezzare l’altissima qualità della sua abbondante produzione. Ể il caso dello struggente Trasporto di Cristo, capolavoro della maturità affiancato al cartone e a un bozzetto per lo studio dei colori conservati in bottega, entrambi riferibili allo stesso stadio di elaborazione.

Barocci: la fuga di Enea da Troia
La fuga di Enea da Troia

L’unico dipinto profano della sua carriera è la straordinaria Fuga di Enea da Troia (foto 8), donata a Scipione Borghese da Giuliano Della Rovere. La composizione ambientata in un edificio che richiama Roma antica e moderna, è illuminata dal fuoco che arde la città; il gruppo scultoreo di Bernini realizzato per il cardinale Borghese un decennio dopo, dialoga con le incisive figure del dipinto. Il cartone preparatorio del Louvre (foto 7), rimasto nello studio dell’artista alla sua morte, rappresenta il processo creativo della prima versione dell’opera eseguita per l’imperatore Rodolfo II, oggi dispersa. Sullo sfondo del quadro Borghese spicca pure il Tempietto di San Pietro in Montorio, opera di un altro grande urbinate: Donato Bramante

Barocci: Fuga di Enea da Troia (cartone)
Fuga di Enea da Troia (cartone)

Altre quattro pale d’altare, per la prima volta insieme a Urbino e selezionate in ordine cronologico, raccontano quindi le svolte decisive della carriera di Barocci. La composizione della Madonna di San Simone segna l’arricchimento dei modelli culturali e la scoperta di Correggio, da cui aveva appreso la rappresentazione della tenerezza, come si vede nello sguardo dolce della Vergine. Una delle opere più importanti della carriera giovanile di Barocci è invece l’importante Deposizione di Perugia (foto 10), prestigiosa commissione oltre i confini del ducato, che condensa alcuni modelli più emblematici della Maniera, innovati da un inedito fremito emozionale. La commissione della Visitazione per il tempio oratoriano della Vallicella scuote l’ambiente artistico romano con la sua novità di accenti intimisti e di colori morbidi, davanti alla quale si narra che Filippo Neri andasse in estasi mistica. Il restauro in occasione della mostra ha riportato alla luce la cromia originale, permettendo di ammirare la finezza della pittura, ma anche la resa espressiva degli animali e dei personaggi. Conclude la sezione, L’istituzione dell’Eucaristia (foto 1), dove le candele illuminano e nobilitano anche le figure più umili, opera della tarda maturità, realizzata su richiesta di Clemente VIII Aldobrandini per la cappella di famiglia a Roma, seguendo le istruzioni iconografiche ricevute dal Papa stesso.        

Barocci: La deposizione
La deposizione

I diversi ritratti di Federico Barocci in mostra testimoniano ulteriormente la forza comunicativa della sua pittura e spiegano come la cerchia degli amici più intimi dialoghino con quella ducale, per parentele e relazioni e per l’adesione ad un francescanesimo della chiesa riformata, “degli umili”, che vede i Della Rovere molto attivi, in un progetto spirituale profondamente condiviso dell’artista. Le sue opere sono specchio cristallino di una libera e sentita partecipazione alle indicazioni della Controriforma, più concretamente spinte verso un profondo rinnovamento. 

Barocci riteneva infatti di essere scampato alla morte grazie all’intervento miracoloso della Vergine e dagli anni Sessanta il suo pennello fu al servizio della dottrina cristiana. Il messaggio evangelico nelle sue opere è chiaro e immediato. L’immagine sacra è inserita in una ambientazione umile, moderna: la scena è ricca di dinamismo ed emotività. Nella Madonna di San Simone il coinvolgimento del fedele è affidato allo sguardo intenso di San Giuda Taddeo e nella Deposizione, all’intera scena, con Cristo in parte inchiodato alla Croce e ai piedi la Vergine svenuta per il dolore. 

Barocci: Presentazione di Maria Vergine al tempio
Presentazione di Maria Vergine al tempio

Le eccezionali opere esposte mostrano poi ampiamente la fase finale della carriera di Barocci e la svolta della sua maniera che anticipa il Barocco.  Dal confronto tra i disegni e la pala della Madonna del Rosario (foto 5) è possibile seguirne l’evoluzione iconografica –in origine pensata per una Madonna della cintola – per arrivare all’apparizione celeste a San Domenico che riceve il rosario della Vergine. Il restauro della Presentazione della Vergine al Tempio (foto 3) eseguito in occasione della mostra, ha restituito l’originale cromia visibile nelle architetture, nella resa espressiva e nei dettagli realistici dei personaggi e degli animali, che rendono il secondo capolavoro per la chiesa della Vallicella a Roma, emblematico di questa fase di presentimenti seicenteschi.

Barocci: Assunzione della Vergine
Assunzione della Vergine

La grande innovazione di Barocci si nota infine al massimo grado nella Beata Michelina (foto 4), in cui la monumentale figura isolata della Beata, rapita in estasi, anticipa analoghe invenzioni seicentesche di Bernini e Lanfranco. Conclude cronologicamente la sezione l’incompiuta pala con l’Assunzione della Vergine, che giaceva nello studio dell’artista alla sua morte. Il restauro operato in occasione della mostra svela l’emozionante maniera dell’ultimo Barocci in cui si rivelano le primizie di una nuova pittura smaterializzata che caratterizzerà l’Età Barocca.