di GIOVANNI VILLANI – L’ammontare complessivo del FUS 2021, 10 milioni in più rispetto al 2020, oltre la metà in favore delle Fondazioni.
Da alcuni giorni è uscito il decreto del Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il turismo che stabilisce anche la ripartizione e la destinazione delle risorse per le Fondazioni lirico-sinfoniche italiane: in sintesi il FUS (Fondo Unico dello Spettacolo). In base a quanto previsto dal decreto sui criteri e le percentuali della sua ripartizione, la quota destinata alle Fondazioni è composta da tre sub quote. Il 50% del contributo assegnato è ripartito “in considerazione dei costi di produzione derivanti dai programmi di attività realizzata da ciascuna fondazione nell’anno precedente a quello cui si riferisce la ripartizione”. Un’altra sub quota, del 25%, viene ripartita “in considerazione del miglioramento dei risultati della gestione attraverso la capacità di reperire risorse”. Il restante 25% della quota è invece ripartito considerando “la qualità artistica dei programmi”. In quest’ultimo caso si presta particolare riguardo ai programmi “atti a realizzare (….) spettacoli lirici, di balletto e concerti coniugati da un tema comune e ad attrarre turismo culturale”.
L’ammontare complessivo del FUS 2021 è pari a 348.966.856 milioni, dieci milioni in più rispetto al precedente anno 2020, ripartibile per oltre la metà in favore delle Fondazioni (il 52,386%), cioè 182.810 mni.
Qui la parte del leone viene fatta, come sempre, dalle due Fondazioni dotate di forma organizzativa speciale, cioè La Scala di Milano e l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, che si portano a casa rispettivamente il 16,1% (29.432 mni) e il 6,6% (12.066 mni) – percentuali che non variano mai, al contrario delle altre Fondazioni. Il resto, cioè 141.312 mni viene diviso tra le dodici fondazioni restanti, nelle nuove percentuali stabilite dell’anno, che risultano essere le seguenti: Comunale di Bologna, 6,21%, Maggio Musicale Fiorentino, 10,76%, Carlo Felice di Genova, 6,11%, San Carlo di Napoli, 9,22%, Massimo di Palermo, 9,98%, Opera di Roma, 13,10%, Regio di Torino, 7,97%, Verdi di Trieste, 6,73%, La Fenice di Venezia, 11,04%, Arena di Verona, 6,64%, Lirico di Cagliari, 6,06%, Petruzzelli di Bari, 6,15%.
Vista la disponibilità delle risorse allocate sul capitolo 6621-PGI, la Direzione Generale dello Spettacolo ha deciso poi di ripartire altri fondi pari a 5,268 mni di euro. Di questi 1,195 mni vanno alle due Fondazioni riconosciute di forma organizzativa speciale. Il resto 4,073 mni sarà ripartito tra le altre, nelle percentuali sopra elencate.
La ripartizione del Fus, come bene si evince, non può risolvere i numerosi problemi che stanno attanagliando da anni le Fondazioni lirico sinfoniche italiane, oggi, non dimentichiamolo, in rosso profondo anche a causa dalla sosta determinata dalla pandemia. Il livello di allarme fra i dipendenti delle Fondazioni, oltre quello delle stesse, è altissimo. Anche la data del 27 marzo, citata dal ministro Franceschini per la riapertura dei teatri, sta rivelandosi un miraggio.
La tensione è avvertibile anche in Fondazioni che dovrebbero “soffrire” meno di altre con teatri al chiuso. Per esempio, pur avendo visto la pubblicazione ufficiale del cartellone estivo 2021, le OO.SS e la Rsu della Fondazione Arena di Verona si sono dichiarate preoccupate anche da altri motivi ed hanno scritto al ministro Dario Franceschini, al nuovo direttore del Dipartimento dello Spettacolo dal vivo, Antonio Parente e al commissario governativo per le Fondazioni lirico sinfoniche, Marco Aldo Amoruso. Chiedono di poter verificare “la compatibilità della programmazione estiva con la tenuta del bilancio 2021”, e “informazioni precise sul bilancio 2020, rispetto al quale la Fondazione Arena non ha nascosto l’esistenza di un’alea in rapporto al regime dei voucher”. Si parla di 8 milioni di euro incassati per prenotazioni riferite alla stagione 2020, da rendere al pubblico, o da accreditare per la stagione 2021? Non è dato ancora a sapersi. “Anche alla luce – hanno scritto – delle posizioni che sono state assunte riguardo alle compagnie aeree, ci corre l’obbligo, in assenza della possibilità di ricevere informazioni dirette ed attendibili dagli stessi vertici della Fondazione, di sottoporre a codesto Ministero, quale organo di controllo, la richiesta di verificare tempestivamente se vi siano le condizioni economiche e finanziarie per effettuare la programmazione del festival areniano 2021, nei termini resi noti ufficialmente dai vertici e dal sindaco Federico Sboarina nel corso della conferenza stampa sopra richiamata”.
Si stanno agitando anche le acque in Parlamento, dove le attenzioni sulle sorti delle Fondazioni lirico sinfoniche stanno infittendosi, con interrogazioni specifiche, indirizzate direttamente al ministro Franceschini. Si chiama in causa per esempio il famoso decreto legislativo 367 del 1996, il Veltroni, che ha tramutato gli enti lirici della Legge 800 in fondazioni di diritto privato. Una legge che ha procurato “reiterate situazioni di gravissima criticità nel bilanci di tutte le trasformate Fondazioni, criticità che si sono riversate sulle situazioni di rischio strutturale delle stesse” (interrogazione a risposta scritta presentata da Cristina Patelli (Gruppo Lega), venerdì 15 gennaio 2021, seduta 452.
La parlamentare ha rilevato poi la mancata realizzazione del piano di risanamento previsto dalla Legge Bray (Legge 7 ottobre 2013 n° 112) che “ha costretto i vari Governi succedutesi a rifinanziare, ovvero a riaprire e procrastinare i termini per il risanamento”. Il che ha impegnato il Ministro in carica a dover rifinanziare con 40,3 milioni di euro il processo di risanamento delle Fondazioni”.
“Nelle periodiche relazioni inviate dal commissario straordinario Gianluca Sole emerge chiaro – continua l’interrogazione dell’onorevole Patelli – come diverse Fondazioni non abbiamo ridotto l’esposizione debitoria, ma l’abbiano addirittura incrementata”.
L’onorevole ha rilevato ancora, come l’auspicato coinvolgimento di fondi dai privati non abbia funzionato a causa di una defiscalizzazione insufficiente, come le Fondazioni continuino a percepire finanziamenti dagli enti pubblici e come la loro privatizzazione abbia comportato una serie di danni incalcolabili per i lavoratori, non permettendo l’applicazione di clausole di salvaguardia previste anche da trattati europei nonché un caos totale nelle modalità di ingaggio degli artisti. Fatto denunciato più volte anche dalle associazioni di categoria (Assolirica, Ariacs, Fas, Assomusica).
A conclusione la parlamentare ha chiesto perfino “quali iniziative il Ministro intenda assumere per un ritorno alla natura pubblica delle Fondazioni, in tempi brevi e certi, come auspicato anche da eminenti esponenti della cultura musicale italiana, in nome dell’universale diritto alla cultura, espresso dalla Costituzione, all’articolo 9”.
Giovanni Villani è nato a Verona, giornalista pubblicista dal 1990, critico musicale del quotidiano L’Arena di Verona. Dirigente amministrativo. Laureato all’Università di Bologna in Storia e all’Università di Verona in Arte.