di ANDREA APPETITO – Gli illustratori amplificano il mondo di Verne, lo screziano fino all’imprevedibile, e così in un certo senso ci stanano.
Il cielo degli abissi pullula di meduse e alghe giganti. Nella vastità avanzano gli esploratori dei fondali, un piccolo avamposto della civiltà ormai prossima agli oscuri recessi.
In una lettera del 1868, indirizzata al suo editore e riguardante “Ventimila leghe sotto i mari”, Verne scrive: «Ho ricevuto i disegni di Riou e ho diversi suggerimenti. Penso che ha bisogno di rendere le persone molto più piccole e le camere molto più grandi. E ha bisogno di aggiungere molti più dettagli».
Secondo Georges Borgeaud sono le illustrazioni a definire il testo di Verne e non viceversa. Riou e Alphonse de Neville, i disegnatori di “Ventimila leghe sotto i mari”, rafforzano con i loro dettagli la verosimiglianza del testo di Verne e a volte ne correggono l’approssimazione, ma forse è proprio per questo che le loro illustrazioni sono “catalizzatori di sogni”.
Dopo tanti anni torno a questa immagine e scopro il terzo palombaro, quello a sinistra, spaesato e curioso. Da poco ho imparato che in francese spaesato si dice dépaysé, de-paesato. L’ho imparato da Todorov. Ci si allontana dal proprio paese per fare i conti con lo smarrimento e lo stupore, le paure e i desideri. Forse il cosmonauta degli abissi, il palombaro sulla sinistra, sta sperimentando tutto questo. Vuole toccare per sentire scoprire scoprirsi e stupirci.
Sì, il terzo palombaro, tocca per stupirmi. Altrimenti per me, che guardo da dietro questo oblò, la flora e la fauna degli abissi risulterebbero meravigliose ma non spaesanti. Puri, neutri oggetti di contemplazione, da sfogliare e collezionare.
Nel frattempo gli altri palombari avanzano decisi, ben saldi sul fondo dell’abisso (ma l’abisso non era il senza fondo?); in loro alberga il sentore di un’imboscata imminente. Il terzo si è attardato e tende la mano disarmata e curiosa verso gli esotici fiori dei fondali. Per gli altri due non c’è tempo da perdere, procedono lancia in resta, guardinghi, perché avvertono la minaccia di qualcosa che li sta spiando e ora è proprio qui accanto a me ed è l’oscuro impenetrabile misterioso e terribile occhio degli abissi, quello che oggi chiamiamo comunemente inconscio.
È alle paure sepolte, ai desideri inconfessabili che giacciono acquattati nell’oscurità che si rivolgono Alphonse de Neville, Riou e Verne, ma soprattutto loro, gli illustratori, che qui fanno molto di più che illustrare: amplificano il mondo di Verne, lo screziano e lo eccitano fino all’imprevedibile, e così in un certo senso ci stanano.
(foto: licenza pxhere – https://pxhere.com/it/photo/1358620)

Andrea Appetitoè nato a Roma nel 1971 e insegna Filosofia e Storia in un liceo dei Castelli Romani. Scrittore con il romanzo “Tomàs” (2017), al quale segue “Vietato calpestare le rovine” (2019). Tra le sue opere “Cluster bomb” (2002), la partecipazione all’antologia di racconti su Roma “Allupa allupa” (2006), il testo teatrale “L’eredità” tradotto in portoghese e messo in scena a Rio de Janeiro (2006); ha realizzato con Christian Carmosino alcuni cortometraggi e il film-documentario “L’ora d’amore” (in concorso al III Festival Internazionale del Film di Roma, 2008), con Gianluca Solla ha scritto il breve saggio “Senza nome” (tradotto in spagnolo e pubblicato nell’edizione collettiva “Il impasse de lo politico, 2011); con Cosimo Calamini e Carmosino è autore della sceneggiatura “Emma e Maria” (finalista del Premio Solinas, 2014); è presente nell’antologia “Sorridi: siamo a Roma” (2016).