di DANIELA LUCATTI – Quando la TV incita all’ignoranza e all’odio razziale, anziché contribuire alla comprensione della realtà.
Di nuovo, guarda caso in un momento in cui la situazione socio sanitaria è come mai prima d’ora disastrosa, e la maggioranza della popolazione è disperata per tutto ciò che la pandemia sta provocando, i media incentrano l’attenzione sugli ”zingari,” da sempre comodo capro espiatorio da far uscire dal cappello come il coniglio del mago.
Facendo zapping, come penso ognuna/a di noi faccia in questo periodo per avere un’idea di cosa stia accadendo e per avere un’illusoria percezione di controllo della realtà, il primo aprile, ho potuto assistere all’ennesima campagna antirom su vari canali. A “Diritto e rovescio” hanno affrontato il tema dei campi e degli sgomberi in una modalità che ormai è sempre la stessa e che definisco vergognosa (ma non c’è da stupirsi). In aula i vari personaggi politici tra cui Borsonaro e Gardini (dei quali ben conosciamo il pensiero) oltre che altri di diversa impostazione e un solo rom, il sig. Halilovic, (quasi sempre in silenzio per il poco spazio dato e per le continue interruzioni) costretto a sentire sul suo popolo e quindi su di sé, i peggiori giudizi.
Ho cercato di mettermi al suo posto e davvero non mi immagino come possa una persona resistere, restando calma e dignitosa, di fronte a quella che può essere definita una palese lapidazione. Lui c’è riuscito anche se posso immaginare con quali rinnovate ferite e con quanto odio accresciuto verso la nostra inumana collettività. Va reso atto che ha avuto la statura e la forza di una persona grande. Nella trasmissione c’è stato il solito circo di stereotipi e accuse: gli zingari che occupano le case degli italiani, che erano stati appositamente chiamati per raccontare le loro sciagure, assolutamente reali e ingiuste, ma ciechi sulla motivazione di tanta ingiustizia, non attribuita ad una sistema sociale classista dove un esiguo numero di persone detiene la quasi totalità della ricchezza mondiale, e che per resistere indisturbata, fomenta quotidianamente l’odio tra poveri che, se uniti, sarebbero forti e quindi pericolosi.
Come sempre e da sempre, la vera causa delle loro privazioni, viene incentrata su fasce-etnie “nemiche e predatorie”, con il palese intento di dividere la massa depredata di diritti elementari e costituzionali quali la casa e il lavoro, ed allontanare la possibile unità della lotta per l’equità sociale, impedendo di individuare l’entità che muove i fili. Nessun elemento veramente critico rivolto all’evidenziare, per esempio, che mentre migliaia di famiglie rom e non, non sanno dove poter abitare, ci sono migliaia di case vuote non utilizzate da decenni che potrebbero essere messe a disposizione delle persone e soprattutto famiglie in difficoltà. Ma come sappiamo la proprietà è sacra anche là dove non serve al possessore della stessa che non solo non la usa, ma nemmeno ne trae profitto.
Quindi appunto gli zingari sporchi (il servizio era naturalmente corredato da molteplici immagini di cumuli di spazzatura) avversi al lavoro: è stato chiesto al sig. Halilovic che lavoro facesse e quanti anni avesse non ascoltando poi, né lasciandolo spiegare, quando tentava di rispondere, tra l’altro cercando anche di comunicare la propria precaria situazione di salute e il fatto che fino a prima del covid molti di loro lavoravano a tempo determinato e che avrebbero volentieri accettato qualsiasi occupazione se fosse loro stata offerta e che comunque esercitava la raccolta del ferro.
E ladri questa volta di case e non di bambini/e (ladri/e di bambini sarà rinnovato in modo subdolo in altre trasmissioni, sempre questa settimana, alle quali accennerò dopo).
Ma torniamo a “Diritto e rovescio”. Come ho detto, il sig. Halilovic, pur essendo uscito con una rara dignità (per chi è stato capace di valutarla) da quello che non era un confronto, ma una gogna mediatica appositamente costruita, non aveva o non sapeva esprimere una consapevolezza culturale e politica, tale da spengere con poche parole (per gli/le ascoltatrici in buona fede che fossero disposte ad ascoltarle), i falsi storici i pregiudizi e gli stereotipi sui quali è stata nel tempo costruita l’immagine di un intero popolo; e, se fosse stato in grado di farlo, non sarebbe stato comunque a lui dato il tempo per poterli sfatare.
Nel corso del programma, proprio Borsonaro ha nominato Santino Spinelli dimostrando evidentemente di conoscerlo e citandolo in una palese malafede, in un ragionamento a favore delle sue tesi. Questa è stata più di altre la dimostrazione della voluta finalità del servizio: il fatto che ormai chi organizza e chi partecipa a queste trasmissioni, sa perfettamente che ci sono tra i rom persone ben più preparate (e non solamente dignitose), colte e con stature accademiche e artistiche ben più elevate delle loro, capaci di sfatare e contrastare le loro tesi, racconti, falsi storici e costruzioni razziste e immorali. Ma queste/i rom ( on curricula e titoli ben più elevati di ogni altro convenuto al programma) metterebbero in crisi il dilagante disegno di odio e discriminazione, dimostrando con competenze culturali e innumerevoli esempi di vite “normali”, l’inconsistenza e l’orrore delle loro argomentazioni, decostruendo tutto ciò che vogliono invece incentivare con una politica di orientamento palesemente fascista in quanto razzista. Ma questi Rom, pur essendo ormai conosciuti da tutti (Santino Spinelli è un artista e intellettuale di fama mondiale oltre che commendatore della Repubblica Italiana, e tante/i altre ce ne sono) vengono poco cercati e quasi mai viene dato loro, quando lo siano, il tempo necessario per affrontare tematiche così complesse che hanno dietro quasi un millennio di persecuzioni e stigmi.
Altri servizi sono andati in onda riconducibili all’appello della ragazza russa che cercava la madre e che era stata segnalata come possibile essere Denise Pipitone la bambina scomparsa da diciassette anni. Anche in questi servizi, eccetto “Chi l’ha visto” in cui Sciarelli ha precisato che “gli zingari non rubano i bambini perché ne hanno già tanti di loro”, veniva dato per scontato il contrario. Questo non detto palesemente, ma chiaramente veicolato. Si parlava di “pista zingara” al momento del rapimento; è stata sempre mostrata la foto che fu fatta da una guardia giurata di una bambina con una donna rom mentre chiedeva l’elemosina e che somigliava a Denise che non è mai stata rintracciata; è stato detto con certezza che la ragazza russa era stata rapita da una zingara, senza mai, però, riportare se ci fosse stata una denuncia e una conseguente condanna per questo (sappiamo che di fronte alle denunce di rapimento di bambini da parte di rom, non ci siano poi state mai condanne).
Il messaggio serpeggiante, rinnovare la falsa credenza che ha terrorizzato intere popolazioni di bambine/i: che “le zingare” le avrebbero rubate/i non appena avessero potuto, con la conseguente instillazione in quella tenera età nella quale le emozioni si fissano, di paura e odio razziale.
Nella mia professione di responsabile dell’ufficio stranieri del Comune di Pisa ho lavorato molto con l’etnia Rom, anzi con una piccola parte di quell’etnia che, povera per impossibilità di integrazione e perché sfuggita dalla guerra dei Balcani, si trovava in gran parte relegata nei campi (al contrario della maggioranza della popolazione rom e sinta che accanto a noi, spesso non dichiarando la propria appartenenza etnica per paura, vive nelle case e pratica le nostre professioni): quella parte dei rom che non è rappresentativa di un’intera etnia e che può essere paragonabile, per esempio, alla nostra Scampia o qualsiasi altra parte della nostra società, dove l’inadempienza istituzionale accumula degrado umano e che non è rappresentativa dell’intera Italia.
Tornando a ciò che ho constatato nel mio intervento come responsabile comunale con quella parte di rom: la miseria, la povertà culturale che questa porta con sé, la mancanza di prospettive e la paura per l’odio continuo e costante contro di loro, il terrore che fossero loro portate via le bambine/i i bambini (paradossalmente sono i rom che hanno questo giustificato sentimento in quanto le statistiche dicono che la percentuale più alta di minori dati in adozione in relazione al numero della popolazione è della loro etnia e non sono mai bambini abbandonati ma allontanati da loro dalle istituzioni), faceva sì che alcune figlie/i non possedessero documenti di identificazione e fosse davvero difficile sanare queste situazioni, pur avendo la certezza della loro appartenenza.
Non voglio dire che effettivamente la bambina russa non possa essere stata rapita da una “zingara” ci mancherebbe, tutto è possibile e i reati vengono effettuati da membri di qualsiasi appartenenza: ciò su cui mi sembra importante soffermarci è il dare per scontato che sia così perché è una cosa normale, perché comunque “si sa che questo può essere un ovvio accadimento”, senza che lo sia mai stato nella realtà proprio perché non è mai stato dimostrato. E’ accaduto molte volte, l’ultima non lontana nel tempo, che siano state trovate queste bambine/i magari bionde insieme a genitori o famiglie rom che non potevano dimostrarne con certificazioni l’appartenenza e che in prima istanza abbiano riempito le cronache come rapimenti, salvo scoprire dopo che niente di questo era vero.
Non solo, ma sempre questa settimana, sono apparsi su alcuni quotidiani articoli riguardanti “rituali di verginità” effettuati dai rom sulle loro donne, con enorme e giustificato sdegno perché trattasi di violenza di genere da bloccare sempre e ovunque. Ci si è però ben guardati di inquadrare, così come andrebbe sempre fatto, la situazione in un’ottica di realtà, non facendo presente che purtroppo, ogni cultura (patriarcale) ha sempre effettuato questa pratica (riti del lenzuolo steso, visite ginecologiche e chi più ne ha più ne metta) e di nuovo incentivando l’odio e lo sdegno nei confronti di un popolo da sempre perseguitato.
Questa settimana, dunque, non certo casualmente, ma con la volontà di deviare la rabbia sociale presente acutizzata dalla situazione psicologica sanitaria ed economica creata dalla pandemia, cavalcando la disperazione delle fasce popolari più colpite, abbiamo assistito all’ennesima campagna di demonizzazione e colpevolizzazione su base razziale nei confronti di un’etnia perseguitata da secoli.
Concludo con un informazione utile per tutte/i coloro che volessero farsi davvero un’idea della realtà del mondo rom, a visitare il sito UCRI (Unione Delle Comunità Romanès in Italia).
UCRI è un’associazione nazionale interculturale costituita da persone che danno il loro impegno e contributo a titolo gratuito, che hanno come finalità quella di unirsi nel contrasto di ogni discriminazione sia essa etnica, religiosa, di genere, di orientamento politico o sessuale. Ne fanno parte associazioni no profit, donne e uomini rom ma non solo, tra le quali accademiche e artisti a livello nazionale e internazionale e “normali “ lavoratrici e professionisti. Lì avrete l’opportunità di trovare informazioni realistiche su ciò che accade nella sfera sociale di questi nostri concittadini/e ed entrare in un mondo che viene appositamente occultato perché scomodo e non corrispondente agli stereotipi che da troppo tempo sono stati veicolati.
Collegata all’UCRI ,l’Accademia Nazionale Romanì: nasce con la finalità di far conoscere e diffondere dati storici e attuali reali e documentati, riguardanti questa minoranza etnica presente in ogni parte del mondo che è riuscita a sopravvivere nonostante tutto e a regalare al mondo una ricchezza artistica ed esistenziale palese e tuttavia non riconosciuta. Nella settimana dell’antirazzismo finanziata dall’UNAR (Ufficio nazionale Antidiscriminazione Raziale) è nato il progetto ANR (Accademia Nazionale Romanì) che offre percorsi formativi tenuti da esperte/i certificate/i aperti a tutte/i in modo gratuito ( ma soprattutto ad opratrici/ori , socio culturali con relativi attestati di frequenza)dove verrà messo a disposizione materiale in continua espansione su vari argomenti che vanno dalla lingua, alla storia, all’arte contrastando attraverso la cultura e la conoscenza l’antiziganismo imperante.

Daniela Lucatti è nata a Pisa nel 1953. Psicologa, Psicoterapeuta specializzata in Sessuologia Clinica. Opera presso il Centro Antiviolenza e la Casa della Donna di Pisa, si è occupata di età evolutiva, intercultura, sessualità, violenza di genere, sia per istituzioni pubbliche che associazioni, è referente toscana di Thém Romanò (Associazione Autonoma di Rom e Sinti, fondata dal prof. Santino Spinelli). Scrittrice, con pubblicazioni di poesia, prosa e saggistica.