Avvocato Andrea Callaioli, Pisa

green pass – L’avv.Callaioli: Università di Pisa illegittima

di BEATRICE BARDELLI – Intervista all’avvocato Andrea Callaioli, l’ordine emesso del Direttore Generale viola la legge e la Costituzione.

Dal prossimo 1° settembre, a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legge 111/2021 del 6 agosto, il personale, i docenti e gli studenti universitari, per poter accedere allo svolgimento delle attività in presenza, dovranno dimostrare di possedere, e saranno tenuti ad esibire, la certificazione COVID-19. Sarà il cosiddetto green pass a costituire il diritto di ogni studente e di ogni lavoratore dell’Università ad accedere ai luoghi di lavoro e di studio dove svolgere determinate attività. In barba all’art. 34 della Costituzione che garantisce uno dei principi fondamentali del Titolo II (Rapporti etico-sociali) che recita: “La scuola è aperta a tutti” ed in barba all’art. 33 che recita “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. In questi giorni gli Atenei di tutta Italia stanno provvedendo a rendere operative le disposizioni attuative del green pass comprese le relative modalità di controllo.

Anche l’Ateneo pisano ha provveduto in tal senso con una comunicazione del Direttore Generale dell’11 agosto. Una deliberazione che l’avvocato Andrea Callaioli, notissimo avvocato che si occupa di Diritto Penale e della tutela dei Diritti umani, con studio a Pisa in via San Martino n. 77, ha immediatamente definito illegittima.

Perché illegittima, avvocato?

Non è questo il luogo per affrontare i pur seri dubbi di legittimità costituzionale di tale certificazione, ormai ribattezzata eufemisticamente green pass, specialmente a fronte dei fondamentali diritti al lavoro, allo studio ed alla libertà di insegnamento e di ricerca. Quello su cui ho espresso il mio giudizio di illegittimità concerne esclusivamente le modalità con cui la nostra Università intende dare applicazione alle procedure di controllo del possesso della certificazione, procedure disposte con la recente comunicazione del Direttore generale che si pone in evidente contrasto col DPCM del 17 giugno 2021 nonché col Parere dell’Autorità garante della riservatezza dei dati personali 229/2021 dello scorso giugno.

Cosa prevede questa comunicazione?

Con questa comunicazione il Direttore Generale ha previsto che, anziché effettuare i controlli sul possesso del green pass attraverso la App VerificaC19, introdotta col DPCM di giugno, che devono usare le persone preposte al controllo, all’Università di Pisa, si procederà con un’autocertificazione nella quale il personale dovrà fornire le seguenti informazioni: nome e cognome; data e luogo di nascita; tipologia di personale: docente, tecnico-amministrativo, dottorando, specializzando, assegnista, borsista, collaboratore a vario titolo; struttura di appartenenza/afferenza; possesso Certificazione verde COVID-19 ovvero possesso di idonea certificazione medica di esenzione; data di scadenza della Certificazione; autorizzazione al trattamento dei dati personali per esclusive finalità di tutela della salute pubblica e mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza del servizio essenziale di istruzione (ex art. 1, comma 6, DL n. 111 del 6/08/2021); firma dell’autocertificazione generata dal sistema (firma analogica, allegando copia della Carta di Identità in corso di validità, oppure firma elettronica).

Occorre in primo luogo evidenziare l’uso distorto del meccanismo dell’autocertificazione dal momento che con la stessa, ai sensi di legge, non è possibile attestare dati sanitari né il possesso di certificati sanitari, bensì solo dati anagrafici e di stato civile, titoli di studio e qualifiche professionali, situazione economica, fiscale e reddituale, eventuali posizioni giuridiche, ad esempio legale rappresentante, tutore, etc., ed altri dati residuali quali la qualità di studente, casalinga, pensionato, iscritto ad associazioni. Si prevede quindi l’obbligo per il dipendente di autocertificare una cosa che, per legge, non può essere autocertificata!

Perché ha usato il termine “dipendente”?

Perché il Decreto Legge 111 parla solo di personale scolastico ed universitario dipendente. Si porrà, quindi, il problema dei lavoratori delle cooperative a cui sono stati esternalizzati i servizi di portierato, pulizia, di controllo sicurezza. A loro non si fa cenno nel Decreto Legge mentre per gli studenti si sa che verranno fatti controlli a campione. Ma chi farà questi controlli all’Università di Pisa?

Già, chi dovrebbe fare i controlli secondo il DPCM?

Lo stesso D.L. 111/2021, all’art. 1, co. 6, pur richiamato dalla comunicazione del Direttore Generale, nell’introdurre l’obbligo di certificazione verde dispone espressamente che i relativi controlli devono essere effettuati ai sensi dell’art. 9, co. 10. del D.L. 52/2021 convertito con Legge n. 87/2021, e cioè con le modalità stabilite dal citato DPCM del 17 giugno 2021 che introduce l’uso della App VerificaC19.

Ovvero, in termini più comprensibili?

Significa che, secondo la normativa del Decreto Legge 111/2021 coloro che devono effettuare i controlli sono i responsabili dei servizi, i capi delle strutture, nel caso dell’Università il Rettore che può delegare ad altri soggetti, con provvedimento scritto, il potere di controllo, ad esempio ai direttori di Dipartimento, ai direttori di Laboratorio.

Invece l’Università di Pisa ha scaricato sul lavoratore l’onere del controllo con l’autocertificazione così se dice il falso è un suo problema ma non è così perché la legge prevede l’obbligo di verifica unicamente da parte del datore di lavoro, ed è lui e solo lui che è passibile di sanzioni.

E’ altresì evidente che l’autocertificazione richiesta va ben al di là di quanto previsto dal DPCM e, suo tramite, dal sottostante parere di legittimità del Garante per la protezione di dati personali del giugno scorso, laddove riconosce validità alla sola App VerificaC19 in quanto consente al verificatore di controllare l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione e di conoscere le generalità dell’interessato, senza rendere visibili al verificatore le informazioni che hanno determinato l’emissione della certificazione, guarigione, vaccinazione o esito negativo del test molecolare/antigenico rapido, e senza conservare i dati relativi alla medesima oggetto di verifica.

Cosa ha detto precisamente il Garante della Privacy?

Il Garante ha ritenuto espressamente di precisare che “l’uso di certificazioni, che attestino l’avvenuta vaccinazione o guarigione da Covid-19, o l’esito negativo di un test antigenico/molecolare, diverse da quelle indicate nello schema di decreto in esame, ovvero l’uso di strumenti di verifica (…) ulteriori rispetto a quelli ivi indicati non possono ritenersi ammissibili perché non garantirebbero in ogni caso il rispetto del principio di esattezza dei dati trattati“. Prosegue il Garante: “L’App VerificaC19, individuata dal Ministero della salute quale unico strumento di controllo a disposizione del verificatore, consente infatti di rilevare esclusivamente l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione e di conoscere le generalità dell’interessato a cui la stessa si riferisce, senza che siano visibili le informazioni che ne hanno determinato l’emissione. Il soggetto deputato al controllo non viene, quindi, a conoscenza della condizione (vaccinazione, guarigione, esito negativo di un test Covid-19) alla base della quale è stata emessa la certificazione, né può conoscere la data di cessazione della validità della stessa”.

Inoltre, la modalità prefigurata dal Direttore Generale dell’Università di Pisa non fornisce alcuna indicazione né in ordine alla gestione e conservazione delle autocertificazioni – durata, responsabile, luogo, soggetti…- né a chi potrebbe effettuare il controllo sull’invio dell’autocertificazione o sul possesso della certificazione verde. Anche tale aspetto è rilevante al fine del rispetto della normativa in tema di riservatezza, considerato che il Garante ha, da sempre, evidenziato la necessità di una stretta predeterminazione ed individuazione dei soggetti ai quali è affidata l’attività di controllo e gestione dai dati raccolti.

Quindi, che fare?

La deliberazione del Direttore Generale dell’Università di Pisa è illegittima e potrà essere oggetto di impugnazione perché contraria alle modalità previste dalla legge. Secondo me ogni lavoratore ha diritto che questa comunicazione venga ritirata, possono chiedere ai loro rappresentanti sindacali di farlo collettivamente. La comunicazione del Direttore Generale è un ordine di servizio contraria alla legge. Se la richiesta non venisse accolta dalla Direzione Generale o si verificassero eventuali sanzioni amministrative o provvedimenti di sospensione del lavoratore, i lavoratori possono rivolgersi ai giudici ed avviare una azione di tipo giudiziario.