Green Pass – Rifondazione: uguaglianza dei diritti e doveri

di GIOVANNI BRUNO – Rifondazione Comunista sul Green Pass nelle chiese risponde al principio di uguaglianza e di laicità dello Stato.


In un articolo del 30 luglio l’amico e Direttore di TT Aldo Belli ha stigmatizzato la presa di posizione di Rifondazione Comunista sul Green Pass a firma del segretario Maurizio Acerbo, che si associa alle posizioni espresse dall’UAAR (il cui acronimo non spiego in quanto già fatto dal Direttore nel suo intervento). La velenosa ironia che attraversa l’articolo, ma soprattutto il contenuto veicolato, mi hanno indotto a una risposta in quanto iscritto sia a RC che all’UAAR.

Fermo restando il principio costituzionale del rispetto di ogni confessione e opinione politica, l’articolo propone un paralogismo che tende a colpire e incrinare, come obiettivo finale (inconsapevole o perseguito), il principio universalistico della uguaglianza di tutte e tutti le/i cittadine/i. Infatti, la puntualizzazione dell’UAAR si fonda sul principio fondamentale della laicità dello Stato e del medesimo trattamento da riservare a tutte/i le/i cittadine/i: in questo senso l’applicazione del Green Pass ai luoghi di culto al chiuso non sarebbe un intervento discriminatorio, quanto piuttosto una ragionevole regola che consentirebbe di evitare qualsiasi accusa di privilegio ai praticanti (cristiani, musulmani, ebrei o di qualunque confessione che richieda liturgie collettive in luoghi sacri interni).

L’intervento di Acerbo intendeva valorizzare questo principio: Rifondazione Comunista è dunque chiaramente schierata per la difesa dei principi costituzionale, contro qualsiasi “clericalata” e concessione al Vaticano (che in questi mesi si è intromesso con ingerenze pesantissime nelle vicende politiche italiane). Essere di sinistra significa innanzitutto difendere i principi costituzionali (che includono e intersecano libertà personali, collettive e sociali, non quelle meramente individuali, proprie dell’ideologia liberale e liberista), ma per intercettare “le masse” non si può, né tantomeno deve, cedere al populismo.

Se i settori popolari non si rivolgono più alla sinistra, come scrive Aldo, è perché la maggiore forza considerata di sinistra (il Partito Democratico) ha adottato politiche liberiste molto simili, se non sovrapponibili, a quelle delle destre variamente declinate (Jobs Act, Articolo 18, Buona Scuola etc. etc.). Se poi il bersaglio polemico è proprio RC, come è evidente, allora significa che si è in cerca di un facile obiettivo per nascondere le responsabilità del PD (di cui in parte e fino a un certo punto, è responsabile anche RC, ma da cui negli ultimi anni ci siamo allontanati per tracciare nuove strade per un’alternativa anti-liberista e anti-capitalista). Ridicolizzare le posizioni di RC serve solo a nascondere le nostre battaglie per la difesa della scuola pubblica, per i diritti di lavoratori e lavoratrici, per il diritto all’abitare, per politiche di accoglienza che riconoscano il carattere di classe dei migranti, infine contro lo sblocco dei licenziamenti che sta producendo un dramma sociale senza pari: mi auguro proprio che non fosse questo l’intento del Direttore con il suo caustico articolo.

La difesa dei diritti individuali non deve mai essere svincolata e separata dai diritti sociali e collettivi, universalistici: questa operazione che si concentra sui meri diritti individuali (ma non quelli del mondo LGBT) – con l’invocazione della libertà di negare la pandemia, di non proteggere né sé (cosa legittima) né gli altri (dovremmo riconoscere il diritto di contagio?), di non seguire le norme di protezione anti-covid e soprattutto di non vaccinarsi (teorie del complotto alimentate dall’organizzazione statunitense di ultra-destra fascistoide, Q-Anon e importate anche in Italia) – sta riuscendo perfettamente alla destra fascio-leghista, che fomenta pseudo-movimenti libertari in nome di una interpretazione fantasiosa della Costituzione, a cui abboccano anche settori della cosiddetta “sinistra diffusa” (che potrei ribattezzare “confusa”).