FIRENZE di GIOVANNI VILLANI – Il piccolo chiostro (VIDEO) con il suo importante ciclo affrescato da Andrea del Sarto, in via Cavour 69.
È stato eccezionalmente riaperto a Firenze, durante il periodo ferragostano, ma si spera che l’apertura diventi stabile più avanti, il piccolo Chiostro dello Scalzo col suo importante ciclo affrescato da Andrea del Sarto. Si trova in via Cavour al numero 69 e dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo sta gestendo attraverso il Polo museale della Toscana, dandone finora la custodia ad una società di Roma. Si tratta di un piccolo gioiello appartato, sconosciuto ai più, che un tempo costituiva il portico di accesso alla chiesa, ora trasformata in abitazioni e ad uffici, della Compagnia dei Disciplinati di San Giovanni Battista. Era chiamato dello Scalzo perché chi portava la croce durante le processioni doveva camminare a piedi nudi. La costruzione architettonica della chiesa – si trovava in parte lungo il tratto dell’attuale via che fu aperta nell’Ottocento – fu progettata da Giuliano da Sangallo, mentre le pareti del chiostro furono interamente affrescate con l’elegante e meno costosa tecnica del monocromo, formata da un chiaroscuro senza colori.
Il ciclo, sicuramente fra i più importanti della pittura fiorentina del primo Cinquecento, fu realizzato da Andrea del Sarto, che secondo molta critica, fu il suo capolavoro. Un ciclo che richiese un lungo arco della sua carriera, fra il 1509 e il 1526, costituito da 14 grandi pannelli murali, con le storie di San Giovanni Battista e le quattro Virtù ai fianchi delle porte di accesso: Fede, Speranza, Carità e Giustizia. Andrea del Sarto (Andrea Vannucchi) abitava nelle vicinanze della chiesa, all’angolo con le attuali via Capponi e via Giusti, al numero 24, ed è ricordato con una targa. L’ampio arco di tempo fra un affresco e l’altro permette di vedere l’evoluzione stilistica dell’artista (non va dimenticato, anche maestro del Pontormo e del Rosso fiorentino) e più in generale della pittura fiorentina di quel secolo.
Il grande lavoro di restauro oggi compiuto nel chiostro è consistito nel strappare i pannelli – per mettere in sicurezza le pareti da infiltrazioni di umidità – e nel riattaccarli successivamente a cominciare dal Battesimo di Cristo (1509–1510), di sobria impronta quattrocentesca, dipinto dal maestro ancora giovanissimo, per andare a scene via via più dinamiche, derivate dal confronto con Michelangelo e con altri coetanei come il Franciabigio, visibili nella Cattura del Battista e nel Battesimo delle moltitudini del 1517, di fastoso stile manierista, ricco di figure in movimento, che sicuramente ispirarono tutta la generazione successiva di artisti, con Pontormo e Rosso Fiorentino in prima fila. Infine gli affreschi del decennio del 1520 legati alla maturità del pittore, con figure più solenni e maestose che si rifanno anche allo stile michelangelesco allora dominante. Andrea del Sarto doveva essere l’unico esecutore del ciclo, comprese le pitture nelle fasce di decorazione, anche se nel 1518–1519 vi lavorò al suo posto l’amico e collaboratore Franciabigio, che eseguì la Benedizione di san Giovanni che parte per il deserto e l’Incontro di Cristo con san Giovanni Battista, mentre Andrea del Sarto si era trasferito in Francia con l’intento di stabilirvisi, ma che una volta rientrato a Firenze riprese la direzione dei lavori.
La compagnia dei Disciplinati di San Giovanni Battista fu fondata nel 1376 e si radunò, fino al 1407, nella chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini, prima di trasferirsi in una casa in via San Gallo di proprietà dei padri officianti la chiesa di San Giovannino dei Cavalieri, dove è ricordata da un documento del 1487. La confraternita, che nel corso della sua storia fu chiamata anche “della Passione di Cristo” e “Nel nome del Santissimo”, lo dovette alla sua preghiera che ripeteva la lettura della Passione, mentre il “Nome Santissimo” era quello a cui rivolgevano le proprie preghiere i confratelli, sebbene il santo protettore rimanesse sempre San Giovanni Battista. Al 1455 risale il primo statuto pervenutoci – approvato dall’arcivescovo di Firenze Antonino Pierozzi – della confraternita che era retta da un Governatore, due Consiglieri, un Provveditore, un Sindaco, uno Scrivano, un Camerlengo, sei Visitatori d’infermi, sei Elemosinieri, due Maestri dei Novizi, due Cerimonieri, due Sagrestani, sei Riformatori (o Conservatori), un Correttore, un padre spirituale, un medico e un servo. Ciò dà idea della dimensione notevole della confraternita, che in più occasioni della sua storia dovette acquistare case e terreni per ampliare i propri spazi. La Compagnia possedeva inoltre alcune case, segnalate da pietrini in cui era rappresentato il Battista in piedi, reggente il bastone a croce e indicante verso l’alto, a volte anche affiancato da due confratelli inginocchiati.
Nel 1633 si ricorda una solenne processione al santuario di Santa Maria dell’Impruneta per ringraziare la fine della peste (quella di manzoniana memoria), con l’offerta di una grande lampada d’argento riportante le insegne e i motti della confraternita. Tra le reliquie più importanti conservate dai fratelli c’era un frammento della vera Croce, ottenuto nel 1465 e testato con successo alla prova del fuoco nel 1470: per tre volte fu tenuto su una fiamma finché chi lo teneva non si scottò le dita, ma la sacra reliquia non prese fuoco.
La confraternita fu soppressa dal granduca Pietro Leopoldo nel 1785; l’oratorio, come si è accennato, andò distrutto con l’ampliamento della strada. Il chiostro passò inizialmente all’Accademia di Belle Arti, poi fu restaurato e aperto come piccolo museo statale. Un pietrino della Compagnia giace ancora oggi in via della Colonna a Firenze.
Ogni prima e terza domenica del mese la confraternita di riuniva (faceva una “tornata”), oltre che in occasione di numerose feste: Natale, Circoncisione di Gesù, Pasqua, Ascensione, Pentecoste, Corpus Domini, le feste di ciascun apostolo, la Croce di Maggio, l’Epifania, la Natività della Vergine, l’Annunciazione (25 marzo), la Purificazione, l’Assunzione, l’Immacolata Concezione, la festa di San Giovanni Battista, la domenica successiva a tale festa, la Decollazione del Battista e Ognissanti. Il culmine dei festeggiamenti per la confraternita era ovviamente la festa del protettore, il 24 giugno, e la domenica successiva. Per tale ricorrenza si estraevano 20 “festaioli” che si occupassero per tempo dell’organizzazione dei festeggiamenti: oltre alle preghiere si distribuivano dei “panellini” a chi si presentava, probabilmente dei panini: quattro ai “forestieri” adulti (cioè a chi non faceva parte della confraternita), due ai ragazzi. Numerose erano i benefici e le indulgenze speciali ottenute nei secoli.
Lo stemma della confraternita mostrava una mezza figura del Battista in campo azzurro, con aureola e croce d’oro: tale raffigurazione si vede ancora sopra l’ingresso del chiostro. (Giovanni Villani)
Giovanni Villani è nato a Verona, giornalista pubblicista dal 1990, critico musicale del quotidiano L’Arena di Verona. Dirigente amministrativo. Laureato all’Università di Bologna in Storia e all’Università di Verona in Arte.