Il coraggio dell’Università di Pisa e la cultura ostaggio della politica

di EDOARDO CAPPELLI – La moda non risparmia neppure la Normale che mette al bando Israele, a differenza dell’Università di Pisa.

Due approcci diametralmente opposti, rispetto ai rapporti con Israele, sono quelli che hanno viste contrapposte la Scuola Normale Superiore e l’Università di Pisa (Unipi).

La Scuola Normale, come già prima di lei avevano fatto le Università di Torino e Bari, ha cancellato la propria collaborazione con lo stato ebraico, a causa degli eventi verificatisi in Medio Oriente dopo il 7 ottobre.

Unipi, l’altra università di Pisa, attraverso le parole del rettore dell’ateneo Riccardo Zucchi, ha invece affermato la propria contrarietà al bando. Il rettore ha ribadito che l’obiettivo dell’istruzione è quello di favorire lo sviluppo della cultura e della collaborazione reciproca tra Paesi diversi.

La decisione adottata dalla Scuola Normale, presa seguendo l’infelice esempio di diverse altre università italiane, sarebbe ridicola se non fosse vergognosa perché manifesta una posizione assolutamente unilaterale che si è ritenuto giusto assumere contro lo Stato ebraico.

Le reazioni di imbarazzo non sono mancate, seppur soltanto da una parte minoritaria del corpo dei docenti universitari. 

In Italia ci sono Università che hanno accordi di collaborazione con atenei di “Stati canaglia” quali Corea del Nord, Iran e Russia. Ciò non deve destare stupore, perché le colpe dei governanti non possono ricadere su studenti e professori innocenti: caso emblematico è quello della Sapienza di Roma, che ha concluso gli accordi con Israele ma continua a mantenerne con l’Iran.

In Iran il diritto allo studio delle donne -soprattutto quello di livello universitario- è fortemente limitato dalle leggi statali ma nessuno sembra essersi sentito in dovere di criticare queste decisioni. Nessun boicottaggio né alcun tipo di occupazione dei rettorati sono stati pianificati.

La Russia ha invaso l’Ucraina due anni fa ma diverse università italiane continuano a mantenere rapporti di collaborazione con i loro atenei: è il caso dell’Università di Torino con quella di Nizhny Novgorod. Anche in questo caso nessuno si è sentito in dovere di protestare, nonostante le condizioni siano analoghe, poiché sia Israele che Ucraina hanno subiti degli attacchi di guerra, anche se spesso si tende a dimenticarlo (o a volerlo dimenticare).

È sacrosanto dire che non devono essere gli studenti a pagare le conseguenze delle azioni dei loro regimi criminali ma allora c’è da chiedersi perché ciò non debba valere per gli studenti israeliani.

Israele è una democrazia liberale, a differenza di Iran e Russia, però da noi gli studenti ebrei sembrano non essere i benvenuti: questo atteggiamento rimanda alla memoria un periodo buio della nostra storia, quando il regime fascista proibiva alle persone di religione ebraica l’accesso e la partecipazione a qualunque tipo di istruzione o pubblico ufficio.

L’Università di Pisa ha preso una posizione sicuramente impopolare ma coraggiosa, in difesa del diritto allo studio e della libertà di insegnamento, sanciti dalla nostra Costituzione.

Per Unipi sarebbe stato sicuramente più conveniente assecondare gli umori di certe aree politiche che proliferano nei vari atenei o appiattirsi alla scellerata decisione dei propri colleghi della Normale ma, fortunatamente, questo non si è verificato.

Tuttavia, il problema relativo ai rapporti tra Israele e le università della nostra regione sembra non finire qui: l’Università di Firenze ha già raccolto una petizione, firmata già da circa 200 membri del corpo docente, tecnico ed amministrativo dell’ateneo, in cui è espressa la volontà di interrompere ogni tipo di rapporto di collaborazione con lo stato ebraico.

Da parte della Regione Toscana, tuttavia, in nessun caso sono arrivati dei moniti di dissenso

Analogamente, i partiti in Parlamento e soprattutto quelli al Governo, non sono stati capaci di schierarsi contro questa decisione miope e scellerata che si sta diffondendo nei vari rettorati universitari in tutta Italia.

I diritti di libertà, tra cui quello allo studio, ancora una volta paiono valere a giorni alterni e solo purché siano conformi agli obiettivi di specifiche aree politiche.

Si grida spesso al razzismo, alle discriminazioni o all’antisemitismo e poi però diventiamo noi i primi carnefici oppure, peggio ancora, ci nascondiamo per timore che la massa ci accusi di essere considerati dei “traditori”: come al solito, però, è l’indifferenza di chi può agire e non lo fa a permettere il trionfo del Male.

(foto: licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 3.0 Unportedhttps://commons.wikimedia.org/wiki/File:555PisaPalazzoAllaGiornata.JPG)