Il Diritto umanitario nei conflitti internazionali

di ALDO LASAGNA – Cenni storici sulla genesi del Diritto umanitario, la sua evoluzione nel tempo, Diritto umanitario e Diritti umani.

I recenti sviluppi bellici in Ucraina e la riapertura della dolorosissima pagina del conflitto in Medio oriente, con il suo strascico di orrori, in particolare per gli accadimenti nella striscia di Gaza, rendono necessari alcuni spunti di riflessione sulle norme che disciplinano il cosiddetto ‘Diritto umanitario’ e la sua sfera di applicabilità in epoca odierna. 

Con il termine di Diritto umanitario si intende quel settore del diritto Internazionale che disciplina il complesso di norme vigenti, o dovrebbero vigere, durante lo svolgimento di un conflitto tra Stati od entità caratterizzate da una forma di organizzazione sociale, con lo scopo di garantire l’osservanza di principi inderogabili e comunque rispettosi per la convivenza umana. I giuristi definiscono tale complesso normativo con il termine sin troppo aulico di ‘Jus in bello’ diverso come tale dal Diritto alla guerra, applicabile invece in quei casi in cui e’ previsto l’inizio di uno scatenamento di una guerra o le modalità attraverso le quali tale evento può sprigionarsi. 

La Genesi del Diritto umanitario

I primordi del Diritto umanitario vengono fatti risalire notoriamente alle osservazioni di Henry Dunant, filantropo ed uomo impegnato nelle organizzazioni umanitarie del suo tempo, padre storico e fondatore di un’organizzazione benemerita quale la Croce Rossa Internazionale: egli prese spunto delle necessità dell’impegno strenuo, per alleviare le sofferenze dei feriti in guerra, nel suo diario tratto da ‘Un giornata da Solferino‘ ovvero un resoconto della tremenda battaglia che fu combattuta nel 1859 durante la guerra Franco-Prussiana, che per noi fu riconosciuta come la Seconda guerra Indipendenza.

L’intenso impegno profuso e l’elaborazione torica che ne derivò, furono la spinta per la convocazione di due conferenze Internazionali, tenutesi a Ginevra nel 1863 e nel 1864, che costituirono le prime testimonianze in epoca moderna del tentativo di elaborare un progetto compiuto di organizzazione, di un sistema di regole e di principi fondanti del rispetto per le vittime della guerra e dell’Umanizzazione dei conflitti.

Per la verità, l’esigenza di manifestare rispetto per i partecipanti ai conflitti e di evitare un utilizzo di armi atroci, fu avvertita pure nella Persia antica, da taluni pensatori a Roma, come ad es. negli scritti di Cicerone e di Seneca il Giovane che propugnavano il divieto di utilizzo nei combattimenti dell’epoca delle armi col veleno e di quelle da getto. 

In eta’ Medioevale, la logica della salvezza delle anime e la maggior cura riposta nella sopravvivenza dello spirito, favorirono una sorta di perdita di interesse per le sofferenze patite dalle vittime delle guerre, fossero queste sprigionate da motivi religiosi, per il predominio sui territori o per la conquista di nuove terre; si affermò, tuttavia, in aderenza ai principi cristiani, l’usanza di rispettare la cosiddetta ‘Pace di Dio’, ovvero il mancato coinvolgimento di determinate figure, quali quelle dei chierici disarmati, degli inservienti dei cimiteri, dei viandanti e dei mercanti; oltre alla pratica di garantire le ‘Tregue di Dio’, ovvero la sospensione degli atti cruenti in occasione di determinate festività o nei giorni dedicati al culto religioso.

Si dovette cosi attendere l’affermarsi dei principi dell’Eta’ dei Lumi, del pensiero di Voltaire e di altri autori, per assistere alle prime elevate aspirazioni al rispetto dell’Umanità nei conflitti bellici, e addirittura al ripudio della guerra considerata atto atroce ed ignobile nell’utopia della ‘pace perpetua’ di ispirazione Kantiana. Cosi per Rousseau ad es. “la guerra non e’ che una ‘Relazione tra Stato e Stato” e non un mezzo di distruzione degli individui. 

In epoca Napoleonica invece, la considerazione per la sorte dei feriti e dei combattenti comunque inermi subì un regresso, dovuto all’elevato tributo che le guerre volute dall’imperatore esigevano, soprattutto per l’alto numero di vittime provocato dalle grandi battaglie campali combattute sui terreni d’Europa. Fu comunque dopo la meta’ del XIX secolo, che maturò una coscienza più ampia con riguardo alle vittime delle guerre ed iniziò il tempo delle grandi conferenze Internazionali

L’eta’ delle conferenze

Dopo le primissime Convenzioni di Ginevra, fu compito delle Convenzioni tenute a L’Aja nel 1889 e nel 1907 elaborare i primi testi scritti con la funzione di mitigare le condizioni in cui versavano le vittime di guerra, e sottoscrivere clausole per il rispetto dei feriti e del personale sanitario in soccorso degli stessi. Queste furono ispirate per lo più al principio del diritto consuetudinario ed alla clausola del ‘Si omnes’: ovvero, che la praticabilità e l’applicabilità delle stesse fosse subordinata al  volere degli Stati a cui era rivolta, non potendosi prevedere delle clausole cogenti ed applicabili a tutti i consessi civili, come per le norme del Diritto Internazionale moderno. 

Era un Diritto fondato prevalentemente su base consuetudinaria, nel caso di specie il trattamento umanitario previsto nel caso di guerre doveva essere garantito dalla cosiddetta ‘Clausola Martens’ dal nome del diplomatico Russo che per primo osò proporla: per cui, su tutto quanto non previsto da protocolli, atti scritti ecc. valevano i Principi Internazionali derivanti dalla Consuetudine consolidata, dai sommi principi di Umanità e dai dettami della ‘Coscienza pubblica; redatte nel periodo che gli storici hanno definito della ‘Bella Epoque’, tali convenzioni tradiscono forse gli echi di tale fase storica, caratterizzata da un diffuso ottimismo, che si stesse realizzando un’epoca di progresso e se non proprio di ripudio, quantomeno di consapevolezza della inutilità della guerra, anche soprattutto per i costi umani che ancora nel secolo che stava finendo erano risultati spaventosi.

Purtroppo come ben testimoniato appena pochi anni dopo, questa attesa di speranza venne tradita, il gioco perverso delle alleanze perniciose tra gli Stati in conflitto si rimise in gioco ed il carnaio della ‘Grande guerra’ fini per riproporre il dilemma sulle sorti delle umane genti, in un conflitto come mai era risultato prima di allora. Paradossalmente, proprio la consapevolezza del ‘Grande macello’ prodotto dalla Prima guerra mondiale frenò notevolmente lo spirito di iniziativa di coloro che avevano a cuore tale Diritto, nell’erronea convinzione che mai più guerre si sarebbero ripetute. 

La Conferenza di Ginevra del 1925

Un cenno merita la celebrazione della Conferenza che si svolse a Ginevra nel 1925 e ill relativo protocollo, che previde l’abolizione delle armi venefiche e dei gas tossici che avevano fatto la loro comparsa, come ben noto, durante la campagna di Francia nello scorcio finale della Grande guerra per poi essere utilizzate su tutti i fronti e che furono impiegati pure dal nostro esercito e dalle Camice nere durante la guerra coloniale in Abissinia, la quale recò una macchia indelebile nel tragico ruolino delle imprese belliche volute da Mussolini.

Nel 1949 fu sottoscritta la ben più nota Convenzione di Ginevra, che può a buon diritto essere annoverata come una Convenzione pattizia, ovvero effettivamente vincolante per tutti gli Stati che l’avessero sottoscritta e che regolamenta dalle fondamenta le basi del Diritto Umanitario moderno: con l’impegno preciso per tutti gli Stati aderenti al novero delle Nazioni civili, di garantire, in tempo o in caso di guerra, il rispetto intransigente delle condizioni di vita ed un trattamento umano per gli inermi, i civili indifesi, i prigionieri e le categorie dei ‘Non combattenti’ (poi integrata da un protocollo aggiuntivo del 1977).

La dottrina internazionalistica

Oggi la dottrina Internazionalistica distingue tra i casi di ‘Conflitto internazionale’, ovvero l’ipotesi classica ma per lo più desueta di aggressione di uno Stato verso l’altro,a cui viene equiparata l’ipotesi di un’occupazione totale o in parte di un territorio, seppur con una guerra non dichiarata, a quelli di un ‘Conflitto non internazionale’, per lo più conflitti che si svolgono all’interno di un singolo Paese, caratterizzati però da una certa intensità delle operazioni militari in atto e da un certo livello di organizzazione delle stesse. Importante rilevare che a tale situazione, di conflitto Internazionale, viene equiparato il caso delle guerre intraprese dai movimenti di Liberazione Nazionale.  

Il tema dei rapporti tra il Diritto umanitario ed i Diritti umani

Con il prosieguo degli studi di Diritto Internazionale, varie sono state le teorie proposte sul legame tra tale Diritto ed il ben più ampio tema dei Diritti umani. La tesi oggi forse più condivisibile, e’ quella che spiega una loro complementarietà, ovvero la loro sostanziale convergenza: senza dimenticare che quello del Diritto umanitario risulta essere un sistema di protezione e di tutela dei valori, che deve essere qualificato ed invocato in situazioni di eccezionalità estrema, tali da richiedere un particolare sforzo normativo, come dimostrato dalla sua complessa evoluzione, laddove in tempi di pace occorre garantire agli individui ben più e ben altro che fondamentali diritti.