Il Governo Draghi assomiglia molto all’Italia del 1992-1993

di MORENO BUCCI – Qualcuno ha messo in moto un meccanismo per ristrutturare il sistema dei partiti ormai superati dalla realtà in movimento.

Draghi ha giurato. Se stiamo dietro al labirinto degli ultimi mesi rischiamo di non capire il perché di quello che è successo. Le mosse di Renzi, quelle di Conte, quelle dei partiti, anche di centro destra, la pandemia: non c’è una logica. Dalla “Ecole des Annales” ho imparato che la storia conviene analizzarla nel lungo periodo. Rintracciando le permanenze di fondo degli eventi nel tempo. E’ un metodo che ha ribaltato il vecchio sistema di spiegare gli avvenimenti. Sono certo di fare uno strappo all’ortodossia degli storici, ma forse conviene applicare questo metodo interpretativo anche ai recenti fatti politici in Italia.

Nel breve andare ricordo che il  10 aprile 2019 qualcuno rivelò che molteplici fonti giornalistiche avevano affermato che correva voce di una potenziale nomina di Mario Draghi a Senatore a vita per un’eventuale gestione di governo. Era sempre in vita il governo giallo-verde. Poi, col governo giallo-rosso, il 6 dicembre 2019, Fabio Martini, pubblica: “Raccontano che Matteo Salvini e Matteo Renzi si siano parlati, sorseggiando Chianti sulle colline di Firenze. Raccontano che avrebbero ragionato sui destini incertissimi del governo e che avrebbero trovato almeno un punto di intesa: sarà difficile che la legislatura tiri per le lunghe. Loro non confermano l’incontro, ma sono dettagliati i racconti dei loro amici, di chi si è trovato casualmente presente nei paraggi”.

Il 27 marzo 2020,  globalist pubblica: “Già da ieri le dichiarazioni di Mario Draghi sulla necessità di ampliare il debito pubblico e spendere tutto il necessario per fronteggiare l’emergenza Coronavirus avevano riscosso il plauso tanto del Governo quanto dell’opposizione. E in serata, proprio il leader dell’opposizione e della Lega Matteo Salvini, intervistato a Piazzapulita, ha aperto a un’ipotesi che comincia a prendere forma nelle retrovie, ossia un governo di unità nazionale capitanato proprio dall’ex presidente della Bce: ‘Noi vogliamo collaborare, però se io le rispondo sì a un Governo Draghi, Conte si offende perché dice che attentiamo all’integrità del Governo’”.

Il 2 aprile 2020 Andrea Picardi  afferma che il politologo della Luiss ed editorialista del Sole 24 Ore, Roberto D’Alimonte  facendo il punto della situazione sugli scenari politici aperti in Italia dal coronavirus e dal conseguente lockdown afferma: “È auspicabile che le forze parlamentari diano vita a un governo di unità nazionale. Draghi? La persona più adatta per guidarlo”.

Il 17 dicembre 2020: Dagospia sgancia la bomba. E’ in arrivo il governo Draghi: una volta approvata la finanziaria a gennaio, i giorni di Conte sono contati. Dietro le quinte si sta muovendo Gianni Letta, in duplex con Mattarella. Il piano dell’Eminenza Azzurrina è quello di avere pronta un’ampia maggioranza che possa sostenere un’alternativa a Conte. L’obiettivo resta sempre quello: Draghi premier. L’ex presidente BCE, ritornato a Roma, si è detto disposto a questo incarico, finora schivato come la peste, a due condizioni: un sostegno forte dei partiti al governo, con in più Lega e Forza Italia, e la nascita di un governo di ricostruzione con un mandato chiaro. Il piano vedrebbe poi uno ”schema Ciampi”: dopo un anno a Palazzo Chigi, Draghi sarebbe ”promosso” al Quirinale, da dove continuerebbe a seguire la gestione del Recovery Fund e l’uscita dalla crisi pandemica.

Tra dicembre 2020 e gennaio 2021  si svolge la “pantomina” tra Renzi e Conte. Il premier appare sicuro e sfida Renzi al Senato. Sembrerebbe che fossero già pronti i “costruttori”. Si va in Parlamento, ma i costruttori non si coagulano, addirittura due, già manifestatisi, vengono indotti a ritirarsi. In una decina di giorni si passa dalla sfida alle dimissioni di Conte.

Il 3 febbraio Mattarella incarica Draghi e dieci giorni dopo il governo ha giurato. Ecco: dalla prima notizia di un governo Draghi alla sua costituzione sono passati soltanto 22 mesi.

Non è certo il “lungo periodo” dell’introspezione storica, ma il metodo ci consente comunque di trarre alcune conclusioni. Qualcuno ad un certo punto ha deciso che ci voleva un “governo Draghi”, sostanzialmente di unità nazionale. Pare uno scherzo. Però iniziano movimenti “erratici” che, visti volta per volta sembrano incomprensibili, o sviste. Le mosse di Renzi, il “demolition man” del Financial Times sembrano forzature. Intanto, quando escono le prime indiscrezioni non c’è ancora la pandemia, non c’è ancora il Recovery fund, non c’è ancora il Mes sanitario. Nell’avanzamento del “progetto Governo Draghi”  questi diventano puri mezzi strumentali per far saltare il governo Conte e andare oltre. E anche Conte appare consustanziale a questa conclusione: va subito allo scontro, lo perde e si dimette. Avrebbe potuto attendere un voto contrario, la realizzazione di un gruppo a lui favorevole, cioè, fare un po’ di resistenza. Invece no. Se ne va, tranquillo. Insomma, anche lui pare gradire un governo Draghi.

Mi sovvengono gli episodi degli anni 1992-93. Nel giugno 1992 vi fu l’episodio del “Britannia” allorquando qualcuno decise di privatizzare l’economia pubblica italiana. Di questo si iniziò ad occupare il governo Amato. Poi nell’aprile 1993 vi fu il governo Ciampi. In quegli anni in pratica avvenne la liquidazione del “sistema dei partiti uscito dalla seconda guerra mondiale”. Ecco: la richiesta del Governo Draghi, avvenuta in tempi non sospetti di pandemia e strumenti ad essa correlati, a me fa pensare che qualcuno, da qualche parte, abbia ritenuti maturi i tempi per mettere in moto un meccanismo che provochi un effetto simile a quello degli anni 92-93 e cioè, ristrutturare il sistema dei partiti secondo schemi più “consoni” ad una realtà in movimento, rispetto alla quale lo scenario politico attuale non corrisponde più.