di EDOARDO CAPPELLI – La notizia di metà ottobre sul rifiuto della Giunta comunale di Lucca, segno d una pochezza imbarazzante.
Dal momento dell’insediamento del governo di Giorgia Meloni, nell’ottobre del 2022, da molti definito l’esecutivo “più a destra” della storia Repubblicana, vari esponenti di diverse posizioni politiche, dalle più conservatrici alle più progressiste, avevano auspicato una definitiva “pace sociale” che avrebbe potuto porre fine ad un vetusto dibattito pubblico incentrato su temi oramai molto compassati, poco attinenti alla realtà attuale italiana, quelli legati all’antifascismo ed al filo-fascismo.
Per pace sociale si intendeva una nuova era della politica italiana, capace di superare l’eterna diatriba, che ammorba il dibattito pubblico da diversi anni oramai, tra antifascisti e post-fascisti, tra coloro che celebrano il valore della Resistenza partigiana e quelli che, per un motivo o per quell’altro, non si sentono rappresentati dalla stessa e che vengono quindi accusati di essere “filo-fascisti” o nostalgici non pentiti di uno dei periodi più bui della nostra storia.
La faida si svolge tra coloro, di area progressista o moderata, che hanno sempre lamentato la mancanza di una presa di posizione netta e definitiva da parte della destra di governo riguardo il ripudio del fascismo e tra quelli che, invece, lamentavano la presenza di filo-sovietici nelle fila dei partigiani italiani, ritenendoli incapaci quindi di definirsi “anti-totalitari” benché antifascisti.
Coloro che considerano la Resistenza una fase divisiva della nostra storia, sostengono che senza l’intervento di una certa area cattolico-moderata e senza lo sforzo anglo-americano, l’Italia sarebbe diventata un Paese satellite dell’Unione Sovietica.
Nonostante la presenza di idioti, nostalgici delle peggiori ideologie e dei peggiori dittatori di ogni colore politico, si è a lungo auspicato che la “realpolitik”, cioè la politica concreta fatta nelle aule parlamentari, nelle giunte regionali e comunali, fosse superiore ai peggiori rigurgiti nostalgici ed agisse per il bene del Paese e non per suscitare delle grida da tifo da stadio.
Evidentemente ci sbagliavamo: la notizia del 18 ottobre del rifiuto della Giunta comunale di destra di Lucca, di intitolare una strada all’ex Presidente della Repubblica e partigiano italiano, nonché politico socialista, Sandro Pertini.
Se per mesi la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata accusata ingiustamente di voler restaurare una sorta di nuova “Repubblica Sociale”, accuse prive del benché minimo fondamento, è comunque un simbolo di grave pochezza ideologica non riuscire a riconoscere il valore ed il merito di un avversario politico, nonostante questi avesse idee diverse dalle proprie.
Nonostante le naturali differenze ideologiche che possono sussistere all’interno di una giunta comunale di destra nei confronti di un politico antifascista e socialista, è imbarazzante che non si riesca a dare un segnale di appeasement verso le fazioni opposte o di “cambiamento” verso il Paese.
La Toscana, tra l’altro, è stata una delle regioni che per prime ha intitolato una strada a Giorgio Almirante, nella città di Grosseto: figura politica certamente controversa, nonché fondatore del Movimento Sociale Italiano e precursore ideologico dell’attuale partito di maggioranza relativa.
Spesso, soprattutto coloro che hanno vissuto la Prima Repubblica, ricordano come politici come Berlinguer ed Almirante si rispettassero, nonostante avessero idee politiche diametralmente opposte.
Questa difficoltà di rispettare l’avversario e di riconoscerne i meriti, questa predisposizione ad adottare posizioni sempre più estremiste od apertamente ambigue per strizzare l’occhio a qualche frangia estremista, invece, è probabilmente uno dei mali che attanagliano maggiormente la nostra politica contemporanea, non soltanto italiana ma anche europea e mondiale.
Probabilmente una mancanza che si sente soprattutto oggi.
L’Italia dimostra da anni una grande incapacità di fare i conti con il proprio passato, risultando spesso goffa ed ipocrita e se un partito si azzarda a fare qualche passo in avanti, viene accusato dagli elettori di essere passato alla fazione opposta.
Pertini è stato un Presidente della Repubblica, tra l’altro, per cui questa ambiguità sarebbe dovuta venire meno a prescindere dalle idee politiche.
Ci dimostriamo ancora una volta immaturi. Fa male vedere la politica italiana oramai sempre più ridotta ad un mero tifo da stadio tra squadre rivali che un mezzo per trovare compromessi ed agire per il bene del Paese.
Edoardo Cappelli è nato nel 2001, vive a Casoli frazione di Camaiore, studente alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pisa.