In Cina è legge: under 18 game solo 3 ore a settimana

di ANDREI ALBINA – E’ legge: solo 3 ore di gioco settimanali per i minori di 18 anni, dalle 20 alle 21, il venerdì, sabato e domenica.

La nuova legge cinese che limita le ore di gioco online ai minori di 18 anni è un grande colpo all’industria eSports.

A partire dallo scorso primo settembre il governo cinese ha introdotto una nuova legge che mira a combattere la dipendenza da videogiochi, dopo che lo Xinhua, uno dei giornali statali più importanti, ha paragonato i videogiochi all’oppio e ha invocato la necessità di un maggior controllo sui giovani. La legge, che include anche repressioni contro le figure maschili nella cultura pop considerate “effeminate”, consiste nel limitare a tre le ore di gioco settimanali dei minori di 18 anni, dalle 20 alle 21 nei giorni di venerdì, sabato e domenica.

Le piattaforme di gaming cinesi più importanti come Tencent o NetEase dovranno collaborare con i genitori e le scuole per combattere la dipendenza da videogiochi dei giovani, oltre ad essere obbligati ad introdurre sistemi di riconoscimento facciale per l’autenticazione e a collegare i propri sistemi informatici ad una piattaforma statale “anti-dipendenza”. Tutto ciò ha già inevitabilmente allontanato gli investitori esteri che si stavano lentamente riavvicinando ai mercati cinesi dopo anni in cui il governo del Paese ha continuato ad introdurre leggi sempre più stringenti contro le aziende del settore informatico e videoludico.

I danni economici sono ovviamente enormi, ma è importante analizzare anche il contesto sociale cinese per capire i danni di questa legge.

In Cina, i videogiochi e gli eSports sono ormai parte integrante della società. È il primo paese al mondo per numero di videogiocatori e uno dei primi tre per numero di spettatori di eventi videoludici, i giocatori professionisti sono considerati atleti veri e propri e vengono celebrati per i loro successi. Gli eSports uniscono le persone, e sono spesso visti dai più giovani come un’opportunità per il futuro, una via di scampo dalla povertà o da una vita non particolarmente agiata, soprattutto in Cina. La storia di Tang “Huanfeng” Huan-Feng è l’esempio perfetto.

Huanfeng, classe 2001, è un giocatore professionista di League of Legends, attualmente facente parte della squadra cinese Suning, finalista ai Campionati Mondiali nel 2020. La sua storia è molto travagliata: figlio di una coppia distrutta dai litigi familiari, andò a vivere con la madre dopo il divorzio dei genitori. Questa, non avendo soldi per mantenere entrambi, decise improvvisamente di lasciare la casa senza dire nulla al figlio. Tang visse per anni con soli 30$ che suo padre gli inviava mensilmente, soldi che bastavano solo per l’elettricità e poco cibo. La sua vita consisteva nell’andare a scuola e giocare ai videogiochi online, dove arrivò ad essere uno dei primi nel server cinese di League of Legends. Fu così che, a 15 anni, uno dei manager di una squadra di LDL, la Lega di sviluppo dei talenti cinese, lo contattò e gli offrì un provino presso la loro sede. Il provino andò talmente bene che Huanfeng fu inserito immediatamente nella prima squadra e implicitamente anche nel torneo della LDL. In soli 4 anni riuscì a raggiungere quello che molti possono solo sognare, cioè una finale mondiale.

Ora, con la nuova legge, la LDL (League of Legends Development League) è stata costretta a adeguarsi, e le squadre hanno dovuto terminare i contratti con molti giovani promettenti, che avevano dedicato la propria adolescenza ai videogiochi per essere lì, fra i futuri talenti della scena eSports cinese. Certo, le squadre potrebbero attendere la maggiore età dei giocatori, ma per un videogiocatore professionista i 18 anni dovrebbero essere l’apice della carriera, non l’inizio. Inoltre, ciò scoraggerà i giovani a perseguire questa strada dato che, come per qualsiasi sport, i videogiochi necessitano di allenamento costante per migliorare le proprie abilità. Di conseguenza il livello della qualità dei giocatori cinesi diminuirà, e le società saranno costrette ad importare giovani giocatori dalla Corea del Sud o dal Taiwan per aggirare la legge.

In poche parole, la dominazione cinese in molti eSports, frutto di una generazione incredibile di giovani talenti, potrebbe cessare nei prossimi anni.

Proibire ai giovani di giocare liberamente non è mai la soluzione alla dipendenza, se di questa possiamo parlare. Spesso i genitori – o lo Stato in questo caso – non si interessano alle passioni dei figli e dei giovani, etichettandole come inutili e come perdite di tempo. Uno studio recentissimo del Digital Wellness Lab (programma del Boston Children’s Hospital) ha dimostrato che negli Stati Uniti nel 64% dei casi analizzati la scorsa estate la maggiore comunicazione fra genitori e figli riguardo i videogiochi ha portato a legami di amicizia più forti. Nella metà dei casi la collaborazione del figlio-genitori è aumentata quando questi hanno attivamente giocato insieme, online o localmente. Come dichiarato su Forbes dal Professor Andy Phippen, specialista in diritto digitale presso l’Università di Bournemouth, “la maggior parte dei giovani con cui ho parlato sono molto felici di avere dei limiti imposti, e sanno che giocare alle 3 di notte non è accettabile. Ma vorrebbero dire la loro nelle discussioni sulle regole della casa.”

(foto: licenza pxhere – https://pxhere.com/en/photo/1548565 )