In ricordo di Stefano Arcangeli

di EUGENIO SANNA – Stefano Arcangeli nei miei ricordi: chi lo incontrava anche semplicemente per la strada aveva sempre qualcosa da imparare.


di Eugenio Sanna *
Musicista, è stato membro fondatore del CRIM (Centro per la Ricerca sulla Improvvisazione Musicale) di Pisa ed attualmente è presidente dell’Associazione “Istanti Sonori”.

Stefano Arcangeli nei miei ricordi: “Occhio orecchio bocca mani sesso sono prodotti sociali, storicamente determinati e determinanti, la loro realtà è in continuo movimento… la statica si autoesclude dalla complessità costitutiva dell’essere vivente”

Stefano Arcangeli (1948- 2024), nato sotto il segno dello Scorpione, oltre che mio carissimo amico, è stato una persona “speciale”, come lo era per tutti coloro, me compreso, che hanno avuto la fortuna, il Destino (?), di imbattersi in lui.

Tra i più intimi era chiamato affettuosamente “Il Maestro”, nel senso che chi lo incontrava anche semplicemente per la strada aveva sempre qualcosa da imparare da lui, attraverso i discorsi che faceva, assai nutritivi da tutti i punti di vista e che consistevano in piccoli stralci di insegnamenti a tratti metaforici, o anche simbolici, aneddoti, sia sulla musica, come anche per quanto  riguarda  la vita stessa, dal momento che musica e vita, dal suo punto di vista, erano strettamente connesse l’una all’altra.   

Iscritto alla facoltà di Lettere e Filosofia di Pisa, aveva esordito con una tesi di laurea in filosofia dal titolo “Errico Malatesta e il comunismo anarchico italiano”, pubblicata poi da Jaca Book nel 1972. In possesso di una bagaglio culturale notevole, aveva insegnato filosofia e pedagogia presso molti istituti superiori sia in Toscana che a Pisa, la città dove viveva, essendo molto amato e stimato dai suoi allievi.

In ogni caso e qualunque fosse il campo di attività a cui si dedicava, lo faceva sempre con grande energia, passione, amore e spirito di ricerca, e soprattutto con grande umiltà.

Nella musica aveva collaborato, a partire dal 1973, con la rivista mensile “Musica Jazz”, producendo articoli e saggi memorabili (notevole quello in due puntate su Don Cherry) ma scrivendo anche in anticipo nei tempi, soprattutto in Italia, degli articoli che mettevano in risalto, per esempio, la figura gigantesca di John Coltrane, Thelonious Monk, Sun Ra ma anche Cecil Taylor,  gli Arts Ensemble of Chicago, oppure recensendo dei dischi di musicisti in quegli anni misconosciuti ma che, grazie anche ai suoi contributi scritti e di “scopritore di talenti”, avrebbero acquistato un’importanza notevole negli anni a venire. 

Refrattario alle suggestioni offerte dalla tecnologia sempre più invadente, batteva su carta velina, infaticabilmente, gli articoli da inviare a “Musica Jazz” con la sua fedele Olivetti, conservando le loro copie riversate su carta carbone. Poi quando questa rivista gli aveva domandato di inviare i suoi scritti attraverso il computer, macchina che aveva definito “il maiale”, lui aveva risposto che o li inviava scritti così, a macchina e tramite la posta normale, oppure avrebbe disdetto il suo impegno. E così improrogabilmente e fedele alle sue idee, aveva fatto. 

Nei dialoghi interminabili che facevamo, sia per telefono, sia passeggiando per la città in maniera molto socratica, parlavamo di tutto: di arte, letteratura, saggi, musica, vita, aspetti psicologici degli esseri umani e soprattutto mi spingeva a suonare, a ricercare, a leggere, a informarmi; insieme cercavamo le connessioni tra i vari campi espressivi dell’arte. 

Come giornalista, scriveva articoli assai spregiudicati e innovativi per quel periodo nei quali facevano spicco le sue qualità umane e di introspezione psicologica. Era stato tra i primi depositari, infatti, di una certa critica in cui ogni musicista veniva inquadrato anche sotto il profilo umano e, soprattutto, non “giudicato” sotto un aspetto meramente  tecnico o secondo lo spirito di una certa critica storiografica e di stampo scientifico. Al contrario, Stefano Arcangeli metteva in luce le qualità più positive e creative facendone  risaltare, al tempo stesso, gli aspetti  più profondi e inconsci, evidentemente seguendo l’impulso che il segno zodiacale dello Scorpione, nel suo spirito ctònio, sembrava suggerirgli. Di ogni musicista esplorato ne studiava attentamente la mitologia, nel senso che ogni essere umano è sempre destinato a diventare un mito. Il mito che convive da sempre nella psiche degli uomini. 

Stefano Arcangeli, aveva saputo cogliere lo Zeitgeist in atto in un certo determinato momento, qualità che lo aveva spinto, nel 1973, a fondare nella città di Pisa l’associazione” Pisa Jazz” – che non aveva nulla a che vedere con l’odierna e omonima associazione e della quale essa ne ha oggi, evidentemente, seguito le orme – e la cui attività consisteva, a quei tempi, in una serie di audizioni di dischi avvenute inizialmente in una stanzina dell’Arci e guidate, oltre che da lui stesso, da Luciano Alderigi di San Giuliano Terme, grosso seguace e a quei tempi amico di Don Cherry.

Ma l’opera de “Il Maestro” si era andata raffinando  sempre più e fino a coagulare nella creazione di un’altra associazione nata dalle ceneri e dall’impulso iniziale di “Pisa Jazz”. Era infatti sorto il CRIM. – Centro per la Ricerca sulla Improvvisazione Musicale (1976-1986) – di cui avevano fatto parte un nutrito gruppo di operatori quali Roberto Terlizzi, Santino De Stefano e i musicisti Stefano Bambini, Giovanni “Nanni Canale”, Andrea Di Sacco, me medesimo e, in una seconda mandata, Francesco Martinelli ed altri. 

Lo spirito del CRIM,  decisamente innovativo in un decennio di attività, era quello di esaminare le forme dell’improvvisazione e il loro impulso nella musica afroamericana, in quella etnica, come anche nei musicisti della cosiddetta avanguardia europea. Nella “Rassegna Internazionale del Jazz”, così denominata anche se a un certo punto della sua evoluzione il jazz rientrava ben poco in questa creatura del CRIM, erano passati sul palcoscenico del Giardino Scotto e nell’Abbazia di San Zeno di Pisa, sotto la direzione artistica dello stesso Stefano Arcangeli, musicisti quali Max Roach, Arts Ensemble Of Chicago, Sun Ra, Cecil Taylor, Derek Bailey, John Russell, Evan Parker, Paul Bley, Tony Oxley, Phillip Watchsmann, Roger Turner, Peter Brotzman,  Toshinori Kondō e molti altri, coniugati insieme in una serie di concerti di ampio respiro internazionale e dando luogo a un impulso tale – come hanno ribadito i molti musicisti passati da lì – da cambiare la fruizione, l’ascolto della musica negli stessi musicisti e nel pubblico degli ascoltatori. Il movimento sia della musica che delle idee, creato a Pisa in quegli anni, aveva dato a questa città un ruolo di primaria importanza nel panorama internazionale e mondiale. 

Sono stati notevoli i suoi scritti comparsi nei vari opuscoli della “Rassegna del Jazz” e che ne illustrano il suo percorso intellettuale, umano e psicologico. Ricordiamo  soprattutto un suo scritto illuminante dal titolo “Per una definizione della metodologia dell’estetica nera”, in cui viene anche fatto riferimento a George Bataille: “l’occhio crea le proprie immagini col riflettere la realtà materiale e sottintendendo una complessità di rapporti che fanno del visto qualcosa di individuale determinato, ma assimilabile alle e, al limite, dipendente dalle analoghe esperienze di tutti gli altri occhi. Occhio orecchio bocca  mani sesso sono prodotti sociali, storicamente determinati e determinanti, la loro realtà è in continuo movimento… la statica si autoesclude dalla complessità costitutiva dell’essere vivente”. 

E come aveva scritto lo stesso Errico Malatesta, oggetto della sua tesi di laurea: “La libertà che vogliamo noi non è il diritto astratto di fare il proprio volere, ma il potere di farlo.” 

Stefano Arcangeli, attraverso la musica e le altre forme d’arte, cercava la libertà. 

*Eugenio Sanna è un musicista. E’ stato membro fondatore del CRIM (Centro per la Ricerca sulla Improvvisazione Musicale) di Pisa ed attualmente è presidente dell’Associazione “Istanti Sonori”.