di ALDO BELLI – Circa 400 nominativi di giornalisti e politici potrebbero essere stati spiati con annessa attività di dossieraggio.
E’ noto che Luigi Bisignani, tra le sue tante sfaccettature, è un personaggio che non parla mai, o scrive, a caso. Ha pubblicato Il Tempo pochi giorni fa (2 luglio, “Il mistero dei 400 intercettati senza autorizzazione”): “Caro direttore, ora è ufficiale, sulle intercettazioni anche in Italia va in onda Le vite degli altri, il film tedesco che ripercorreva i tempi sinistri della Stasi, la famigerata polizia segreta di Berlino Est. Ma un reality analogo sembrerebbe si giri ora nel cuore di Roma, nel palazzo di San Macuto, sede del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza presieduto dall’ex ministro della difesa Lorenzo Guerini”.
Il lungo articolo è ricco di citazioni circostanziate e di nomi. A cavallo del mese scorso se ne sono occupati i giornali. “C’è una strana storia di cui pochi vogliono parlare” dice Matteo Renzi (Il Riformista 31 maggio 2023). Il giorno dopo gli fa da controcanto Giuseppe Giulietti, già presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana: “L’ex Presidente del Consiglio, Renzi, ha detto una cosa gravissima. Ci ha fatto sapere che ci sono centinaia di giornalisti spiati. Perché? Da chi? Chi lo ha disposto? Forse si volevano conoscere le loro fonti?” (Articolo21.org).
Le intercettazioni sono da anni materia di scontro tra politica e Magistratura (non tutta). Il rischio sempre all’uscio in Italia è che si confonda il diavolo con l’acqua santa, per scopi che con il sacro fuoco della Giustizia niente hanno a che fare. Per l’italiano volgare “Male non fare paura non avere”, tanto più che oramai siamo tutti controllati attraverso lo smartphone che scruta perfino il colore delle nostre mutande: senza che nessuno abbia mai chiesto il nostro permesso, ma soprattutto senza che gli Stati sovrani abbiano mai imposto un vincolo agli algoritmi dei padroni del Web, mentre solerzi in Italia ci sbattono ogni giorno in faccia la privacy laddove si tratterebbe di un nostro semplice diritto di cittadini.
Solo uno screanzato può sostenere che le intercettazioni telefoniche non rappresentino uno strumento utile per catturare i delinquenti, ma solo chi sia illuso di vivere in un paese di democrazia occidentale e moderna – quale l’Italia appunto non è – può ignorare che nel paese di Cicerone e Calamandrei ascoltare le voci di politici e giornalisti per scopi di potere costituisce una professione lunga quasi un secolo.
Il punto, allora, è che le intercettazioni telefoniche sono necessarie, ma dovrebbero essere sottoposte – di qualunque tipo – ad un’unica autorità nazionale indipendente, un singolo garante e non il solito organismo da assemblea di codominio: certo che rimarrebbe pur sempre la possibilità di intercettazioni illegali per fini politici o economici, però consentirebbe almeno, quando dovesse accadere, che chi ha violato la Costituzione va in galera. La democrazia vive di trasparenza delle responsabilità.
Invece, anche in questo caso dei misteriosi 400 ascoltati e relativi dossier, non sapremo mai la verità, e nessuno risponderà mai personalmente di fronte a un tribunale del popolo (“In nome del Popolo italiano… ” così recita la forma). Al massimo verrà riciclato, con tanto di pacca sulla spalla degli amici e dei sodali beneficiati. E gli italiani fessi che ancora stanno ad ascoltare il telegiornale.
