
di BEATRICE BARDELLI – Aumentate le soglie ambientali delle radiofrequenze/microonde, l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente protesta.
Il 19 dicembre scorso è stato approvato in via definitiva dalla Camera dei Deputati il DDL “Concorrenza” (G. U. n. 303 del 30 dicembre 2023) che all’articolo 10 (Adeguamento dei limiti dei campi elettromagnetici) prevede l’innalzamento dell’esposizione ai campi elettromagnetici ad alta frequenza da 6 a 15 V/m (Volt per metro). Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità fissati dal DPCM dell’8 luglio 2003 (in ottemperanza all’articolo 4, comma 2, della legge 22 febbraio 2001, n. 36) a 6 V/m e considerati i più cautelativi a livello internazionale sono stati innalzati, si legge al comma 1, per “potenziare la rete mobile e garantire a utenti e imprese l’offerta di servizi di connettività di elevata qualità, senza pregiudizio per la salute pubblica, alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche”.
Tre motivazioni che sono state immediatamente contestate in un lungo ed articolato comunicato stampa, da Fiorella Belpoggi, Fausto Bersani e Maria Grazia Petronio, membri del Comitato scientifico di ISDE Italia, l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente, nata nel 1989 da un gruppo di medici italiani “consapevoli che per garantire la salute di ciascuno, i medici devono occuparsi anche della salute dell’ambiente in cui viviamo sia come medici che come abitanti della terra”.
Motivi inesistenti
“Come ISDE Italia aveva già sottolineato nel proprio comunicato stampa del 2 novembre scorso, non esiste alcuna ragione tecnica per aumentare le soglie ambientali delle radiofrequenze/microonde per la popolazione. Un’ulteriore conferma in tal senso arriva dal Dossier della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica del 20 novembre 2023 “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022” che rimanda ad un documento del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica del 2019, nel quale a pag. 10 si legge testualmente: “…in data 30 ottobre 2019, si è tenuta presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare la prima di una serie di riunioni tecniche al fine di definire i requisiti minimi per la protezione contro i rischi per la salute derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici da tecnologia 5G tenendo conto dei progressi tecnologici attualmente in corso nel settore delle ICT (Information and Communication Technologies). Alla riunione suddetta, alla quale hanno partecipato oltre al Ministero dello sviluppo economico e alla Fondazione Bordoni anche il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero della Salute, ISPRA, e l’Istituto Superiore di Sanità, è stato affrontato il tema relativo agli attuali limiti di emissione, alle nuove linee guida dell’Arpa e alla saturazione formale dei siti. Il risultato dell’incontro è stata la condivisione, da parte delle Amministrazioni presenti, che attualmente non risulta necessario alzare gli attuali limiti di emissione (6 V /m)“.
Come mai i Ministeri dello Sviluppo economico, della Salute, dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, l’Istituto Superiore di Sanità, l’ISPRA e la Fondazione Bordoni non hanno voluto sostenere la posizione del Prof. Antonio Capone del Politecnico di Milano, che sei mesi prima della suddetta riunione, nell’aprile 2019, davanti alla IX Commissione della Camera dei Deputati, si era lamentato del fatto che, con gli attuali limiti, il 62% degli impianti sarebbe risultato non espandibile alla tecnologia 5G? A quali “recenti e accreditate evidenze scientifiche” fa riferimento il DDL “Concorrenza” per giustificare l’innalzamento dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità di 6 V/m che sono stati il limite massimo da far rispettare ai gestori dal 2003 ad oggi, ovvero da vent’anni?
Interessi economici
“E’ chiaro – scrivono Belpoggi, Bersani e Petronio – che stiamo parlando di qualcosa che non trova giustificazione sul piano tecnico, ma solo su quello economico. Il nodo principale, che sta a cuore agli operatori delle Telecomunicazioni, lo ribadiamo, è il paventato esborso (circa 4 miliardi di euro) per la realizzazione di nuove infrastrutture o l’adattamento (reingegnerizzazione) di quelle esistenti, al fine di ospitare le tecnologie di nuova generazione, qualora non si addivenga all’aumento dei limiti, ignorando le conseguenze sanitarie. Attraverso un’attenta pianificazione ed una corretta configurazione delle antenne, è possibile raggiungere gli stessi obiettivi di digitalizzazione anche con la normativa attuale. Le stesse agenzie ambientali lo hanno ribadito in più occasioni”.
Appello di ISDE
Il Governo e le Regioni italiane mantengano i valori attuali per il principio di precauzione (https://www.isdenews.it/il-parlamento-aumenta-i-limiti-di-esposizione-ai-campi-elettromagnetici-un-favore-agli-operatori-telefonici-stranieri-e-contro-la-salute-pubblica/ V/m(volt/metro).
“L’attuale normativa, infatti – si legge nel comunicato – fissa il livello di attenzione a 6 V/m, limite stabilito come un compromesso fra il principio di precauzione e le esigenze economiche dei gestori. Tale valore, comunque, non è completamente cautelativo, soprattutto nei confronti di soggetti vulnerabili come anziani, malati, madri in gravidanza e bambini, portatori di pacemaker e persone elettrosensibili ovvero con una particolare sensibilità ai campi elettromagnetici.”
“Come medici e scienziati vogliamo sollecitare il Governo in tutte le sedi istituzionali opportune e nella conferenza Stato-Regioni a mantenere i valori di attenzione per i campi elettromagnetici attualmente in vigore, ovvero 6 V/m, e nel contempo chiediamo che la modalità di misurazione di tale valore, che attualmente avviene come media su 24 ore (modalità introdotta dalla Legge 221 del 2012 a modifica del DPCM/2003 n.d.r.), torni ad essere svolta come media nei 6 minuti nelle ore di maggiore traffico telefonico – hanno scritto Fiorella Belpoggi, Fausto Bersani e Maria Grazia Petronio – . Tra l’altro, in un recente rapporto del Comitato per il futuro della scienza e della tecnologia (EPRS), Servizio Ricerca del Parlamento europeo, Unità Prospettiva scientifica (STOA PE 690.012 – Giugno 2021), che costituisce al momento l’unica revisione sistematica istituzionale e internazionale disponibile, si legge che i campi elettromagnetici generati dalle radiofrequenze sono probabilmente cancerogeni e probabilmente provocano effetti avversi sulla riproduzione e lo sviluppo umano”.
La relazione tra l’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza e l’insorgenza di tumori del sistema nervoso centrale e periferico, è corroborata da un rilevante numero di pubblicazioni scientifiche adeguate. “Le patologie tumorali non sono gli unici effetti avversi associati all’esposizione a Campi elettromagnetici ad Alta Frequenza (CEMRF) – continuano Belpoggi, Bersani e Petronio – .
Ampie rassegne sono state recentemente pubblicate su diversi effetti sulla salute e in particolare effetti riproduttivi, neurologici e metabolici. Per quanto riguarda gli aspetti riproduttivi un recente studio su quattro coorti di nascita e l’uso del cellulare in gravidanza ha osservato, per le donne nella categoria di esposizione intermedia, nascite a un’età gestazionale più bassa.
Alcuni effetti sulla qualità spermatica (frammentazione del DNA spermatico) sono stati evidenziati nei soggetti appartenenti al gruppo a maggior frequenza d’uso di cellulari. Per quanto riguarda gli effetti neurologici, sono stati indagati problemi comportamentali e capacità di concentrazione negli adolescenti in relazione all’esposizione ai CEMRF da uso del telefono cellulare ed altre apparecchiature wireless.
Uno studio del 2016 non ha trovato associazioni mentre un altro studio ha osservato che nei bambini che vivono in aree con livelli di CEMRF che comportano un’alta esposizione si possono manifestare effetti avversi. Altri studi hanno suggerito effetti di natura psichiatrica, quali la depressione o i disturbi del sonno, per uso eccessivo del telefono cellulare negli adolescenti. Il rischio di effetti neurologici così come di fenomeni di dipendenza e di problemi comportamentali nei bambini e negli adolescenti costituisce un punto di allarme e forte preoccupazione. ISDE aveva già sottolineato in un recente comunicato stampa che non esiste alcuna ragione tecnica per aumentare le soglie ambientali dei CEMRF per la popolazione – si legge nel comunicato – . Lo stesso dossier sulla “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022” da un lato presentava la proposta di innalzamento dei parametri espositivi, dall’altro però ribadiva in modo alquanto contradditorio, riferendosi ad un documento del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica del 2019, che “…attualmente non risulta necessario alzare gli attuali limiti di emissione”.
Conviene all’Italia?
“Tenendo conto che tutte le compagnie telefoniche operanti in Italia sono straniere, non c’è neppure alcun ritorno economico favorevole per lo Stato, ma viene invece messa in pericolo la salute dei cittadini italiani. Vogliamo ribadire in modo forte e chiaro – continuano Belpoggi, Bersani e Petronio – che non esiste una barriera allo sviluppo tecnologico del 5G a causa del valore di attenzione di 6 V/m fino ad oggi in vigore e che, quindi, l’innalzamento dei limiti in Italia non costituisce una necessità per gli utenti ma un forte risparmio economico per le compagnie.
Questa è la realtà dei fatti: la salute non viene prima di tutto, ma dopo di tutto! Noi siamo invece preoccupati per il rischio per la salute che l’innalzamento dei limiti, e di conseguenza delle esposizioni, comporta. Ribadiamo, infine, che dal punto di vista del rischio sanitario nessuno allo stato attuale è in grado di indicare un limite al di sotto del quale sicuramente non si osserva alcun rischio. Anche piccoli rischi possono diventare un grosso problema di sanità pubblica quando gli esposti sono milioni di persone in Italia e miliardi nel mondo. E’ necessario e ragionevole adottare il limite “più basso possibile”, quello esistente di 6 V/m, investendo in soluzioni tecnologiche in grado di garantire basse emissioni e proseguire con gli studi e i monitoraggi.”
(foto: licenza pxhere – https://pxhere.com/it/photo/1194583)

Beatrice Bardelli, giornalista, vive a Pisa dove si è laureata alla Facoltà di Lettere in Lingua e Letteratura tedesca (indirizzo europeo). Iscritta all’O.d.g. della Toscana dal 1985, ha collaborato con numerose testate tra le quali Il Tirreno, Paese Sera, Il Secolo XIX, La Nazione e L’Unione Sarda. Si è occupata di cultura, spettacoli – teatro e cinema, ambiente, politica, società e salute. Dal 2000 attivamente impegnata nelle lotte dei vari movimenti e comitati a difesa dell’ambiente e della salute, dell’acqua pubblica e contro il nucleare, collabora con la Rete per la Costituzione.