Lunedì 9 dicembre nella Sala Blu della Scuola Normale di Pisa si è tenuto un incontro per ricordare Remo Bodei ad un mese dalla sua scomparsa. I relatori che sono stati chiamati a ricordare la figura di Bodei hanno oscillato tra ricordi personali e culturali da colleghi e allievi, ma sempre intrecciati indissolubilmente: non si può ricordare Bodei separando la profondità delle sue ricerche, nonché la vivacità di comunicazione e insegnamento, dalla gentilezza personale e dalla capacità di coinvolgere e affascinare con la mitezza della sua figura e del suo eloquio.
Il ricordo è stato affidato a studiosi del calibro di Roberto Esposito, che ha riepilogato la poliedricità dei temi della ricerca di Bodei, tra passioni, coscienza, tempo; a Barbara Carnevali, che ha ricordato gli anni della propria formazione in Normale sotto la guida del maestro, che ha saputo accompagnare i suoi allievi e allieve dallo storicismo alla problematizzazione filosofica, spostando la filosofia dalla pura Accademia alla dimensione della vita; con Alfredo Ferrannin è stato evidenziato l’approccio innovativo di Bodei ad Hegel e a un approccio prismatico alla filosofia della storia; infine, Daniele Francesconi, direttore del Festival della Filosofia di Modena, ha presentato la figura di Bodei sotto la luce più manifesta, quella dell’intellettuale che uscendo dalla dimensione puramente sì accademico-istituzionale si misurava, pur mantenendo il rigore del pensiero e dei contenuti, con la comunicazione di massa dei temi filosofici.
Ho avuto la fortuna di assistere alle lezioni di Bodei, e posso affermare di aver ritrovato la medesima vivacità e poliedricità, unite al rigore del ragionamento, in conferenze, interventi o interviste ascoltate alla radio: un maestro nel dipanare linee di discorso e di riferimento, intessute di una cultura vastissima e stratificata, che raccoglieva e intrecciava in un filo unitario e plurale allo stesso tempo miriadi di sollecitazioni in schegge di definizioni: mai però una citazione o una riferimento rappresentava un artifizio retorico, una divergenza dialettica fine a se stessa, quanto piuttosto un paziente e lento avvolgere e intarsiare con fili preziosi la trama del ragionamento e dell’argomentare. Fedele ai suoi principali riferimenti filosofici, Hegel e Spinoza, Bodei sapeva che per intendere e comprendere la complessità del mondo non basta un approccio frontale, ma occorre immergersi e districarsi tra le trame frastagliate del reale, non subordinando il sentimento alla ragione, né tantomeno abbandonando la misura del concetto alla tempesta delle passioni. Per tutta la sua esistenza, sia come filosofo che come insegnante e comunicatore, ha connesso e plasmato il proprio pensiero attorno a questioni con cui, quotidianamente, ci confrontiamo, nella maggior parte dei casi senza riflettere: il valore dell’amore come potenza cauterizzante dell’esistenza (Ordo amoris, 1991), la deflagrante forza delle passioni e del loro ruolo nelle relazioni storico-sociali (Geometria delle passioni, 1991), il problema della plasticità della coscienza (Destini personali, 2002), la questione del rapporto tra etica e scienza, tra definizione e oltrepassamento del confine, verso l’ignoto (Limite, 2016).
Tra i molti saggi di Bodei, tutti di estremo interesse e presentati con uno stile avvolgente, che porta il lettore anche meno avvertito nella profondità delle tematiche per gradi, con un declivio morbido e impetuoso al contempo, mi piace ricordare l’ultimo, densissimo lavoro uscito poche settimane fa, e che rappresenta una sorta di testamento intellettuale: Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale.
I temi del saggio provengono dalle eterne domande della filosofia, e si aprono alle prospettive dei nuovi tempi: il rapporto tra necessità e libertà, tra animalità e umanità, tra schiavitù e emancipazione. A questi temi si aggiunge quello del rapporto tra intelligenza naturale ed artificiale, in un crescendo di tensione problematica che apre i problemi del nostro tempo. In un’epoca di Big Data, di controllo digitale, di orientamento occulto dei consumi e dei gusti/predisposizioni, tra la dittatura delle multinazionali e l’autocrazia di regimi politici, la riflessione sul rapporto tra IA e libertà diviene un tema decisivo per una filosofia che, come la intendeva Bodei, non è pura Accademia, ma si alimenta dei temi tradizionali, li rielabora, li aggiorna, ne preserva il nucleo originario proprio trovandone il prolungamento nelle forme inedite del mondo in contemporanea.Il testo si dipana in quattro sezioni, con una ricostruzione storico-filosofica (verrebbe quasi da dire: dialettico-hegeliana) del rapporto tra libertà e necessità, tra l’umano che si erge nella condizione di comando e il sub-umano, o dominato, che si sottomette e si subordina ricalcando la centralità della condizione incarnata dalla figura servo-padrone della Fenomenologia dello spirito di Hegel, fino a raggiungere una riflessione proiettata nel futuro, anzi, che collega passato-presente-futuro in un vertiginoso turbine storico. Il nodo consiste nella dimensione centrale dello “sfruttamento”, che consustanzia la realtà e definisce le relazioni dell’uomo con il mondo secondo un rapporto di dominio: dominio sulla natura, sulle cose, sugli animali, sugli uomini ridotti in schiavitù, in una condizione di contrapposizione e contemporaneamente di coesistenza tra dominanti e dominati.
L’avvento delle macchine non hanno sostanzialmente mutato il quadro, ma provocato una nuova forma di dominio: quello che non si combina nella istituzione schiavistica, ma nell’asservimento concettuale alle serializzazioni meccaniche e soprattutto alle procedure dell’Intelligenza Artificiale: infatti se esiste una “questione della democrazia” che emerge nella forma “del dominio esercitato da alcuni uomini su altri, costretti a lavorare per loro”, e se finita la “schiavitù, la padronanza continua massicciamente a esercitarsi in maniera indiretta e impersonale”, è pur vero che “le macchine” meccaniche e poi ‘intelligenti’ determinano un’ulteriore forma di legame, di sottomissione, più subdola e pervasiva. Infatti, ammonisce Bodei, “le tecnologie si evolvono, ma i rapporti di dominio restano saldi” in quanto “più complessi”, soprattutto “più invisibili”. [Remo Bodei, Dominio e sottomissione, Introduzione, Bologna, 2019, pg.19]Le domande gigantesche e inquietanti che si aprono al nostro futuro sono nuovamente riprese nella parte conclusiva, in cui l’interrogativo è sulla tenuta democratica delle nostre società contemporanee, riconoscendo di fatto che il “nesso dominio-sottomissione” non si va estinguendo, ma tutt’al più “si trasformerà […] intrecciando politica e tecnologia”. [R.Bodei, op.cit., pg.387].
Nei prossimi anni un interprete lucido e profondo del mondo come Bodei mancherà molto al dibattito filosofico, intellettuale e più in generale culturale che ci attende, sulle enormi questioni che ci troveremo ad affrontare sia sul piano epistemologico, etico-morale, politico.
Giovanni Bruno è nato a Pisa nel 1961, dove insegna Filosofia e Storia al liceo scientifico Filippo Buonarroti. Laureato nel 1987 in Filosofia Morale con il prof. Barale e il prof. Amoroso. Ha pubblicato la raccolta di racconti “L’incognita passione” e “Filosofia per contemporanei. Dieci lezioni propedeutiche” (2018). Attivista nei movimenti sulla scuola, per la difesa dei diritti umani, contro la guerra, fa parte del sindacato Cobas ed è dirigente toscano di Rifondazione Comunista. La musica rock è la sua passione incurabile, è membro di uno dei più longevi gruppi sulla scena neo-psichedelica pisana The Strange Flowers. Con Flaviana Sortino, compagna di vita, ha avuto due figli: Luciano ed Emiliano.