Le cronache di queste ultime settimane relative ai bambini/e sottratte alle famiglie i cui racconti di abuso sembrano essere stati manipolati dalle esperte, hanno scioccato un po’ tutte/i noi. Non voglio in questo contesto entrare nel merito perché già lo stanno facendo in troppe/i; l’unica considerazione che mi sento di dover fare è che, effettivamente, le interviste e i video diffusi dai media e che presumo pertanto essere autentici (anche se magari estrapolati tra decine di altri) mostrano una modalità di approccio che nessuna/o psicoterapeuta potrebbe approvare ma neanche una semplice psicologa o pedagogista alle prime armi o un’operatrice con un minimo di pratica e/o di conoscenza dell’infanzia.
Detto questo entro in ciò che mi preme evidenziare e che è il porre l’accento sulle conseguenze che questa storia potrà avere sui bambini e le bambine che subiscono abusi sessuali e che sono molte/i più di quanto si voglia credere.
Io opero come psicoterapeuta da 30 anni in un centro antiviolenza e posso dire, in questo tempo, di aver visto più di mille persone, il cui numero maggiore composto da donne , ma anche da molti uomini avendo operato, nel passato, oltre che privatamente, anche presso la clinica andrologica della mia città.
Il numero degli abusi sessuali subiti in età infantile è davvero molto elevato, molto più di quanto possiamo o vogliamo pensare.
Nel corso del lavoro psicologico, mai ho chiesto ad una persona se fosse stata abusata né mi sono mai permessa di interpretare sogni anche quando mi sembrava potessero essere indicativi di possibile violenza sessuale. I racconti di abuso, fattimi da persone ormai adulte, sono sempre venuti da soli e sempre con grande fatica e vergogna nonostante gli anni trascorsi. Padri, zii, nonni, vicini di casa, amici di famiglia: sempre uomini, a parte un caso nel quale una sensazione ricorrente portava una donna a pensare di essere stata oggetto di attenzione morbosa da parte della madre.
Anche nei casi di abuso sessuale, così come in quelli di maltrattamento sulle donne, il nemico si nasconde in casa, non è quasi mai uno sconosciuto. Spesso le vittime (in prevalenza bambine, ma anche maschietti) hanno al tempo tentato di dire alle madri ciò che stava loro accadendo, ma in pochissime/i sono state credute/i: o, se credute, non sempre sono state protette. Sulle loro rivelazioni è caduto il silenzio; ciò che hanno rivelato è stato annullato creando un ulteriore pesantissimo disagio che si è aggiunto a quello provocato dalla violenza stessa, ingenerando ulteriori sensi di colpa e vergogna.
Nelle opinioni espresse sui fatti dell’Emilia sta già serpeggiando il tentativo di utilizzare quella che, se sarà ulteriormente dimostrato, è stata una procedura sbagliata e un abuso istituzionale, per arrivare a concludere che, quando le madri denunciano abusi sessuali sulla prole, accade perché le stesse hanno “plagiato” (inducendo in loro false verità) le figlie/i magari strumentalizzandoli ai fini di ottenere una separazione a loro vantaggio.
Questo tentativo di discredito non è nuovo in quanto era la teoria più importante che la P.A.S. (Sindrome di Alienazione Parentale) poi decretata fuori legge ma ormai fatta entrare nella mente di troppe persone e ri-entrata in vari modi nelle sedi istituzionali, ha portato avanti per decenni.
Ultimamente il disegno di legge Pillon, ritirato per le proteste e le lotte soprattutto delle donne ma per fortuna non solo, andava di nuovo in questa terrificante direzione. E’ essenziale ricordare che gli abusi sessuali sulle minori sono sempre esistiti e in numeri più che rilevanti e, fino a poco tempo fa nei paesi occidentali e ancora oggi in altre zone del mondo, ritenuti addirittura normali (matrimoni con bambine di 12-13- anni quando va bene). Che gli abusi sessuali domestici su piccole/i anche in tenerissima età sono ancora un numero spaventoso e attraversano tutti gli strati sociali e culturali e che le bambine e i bambini che li raccontano devono essere creduti perché dicono la verità. Quei bambini/e che riescono a svelare ciò che li turba e che subiscono, non lo fanno con l’assistente sociale o con lo psicologo ma, quasi esclusivamente, con le loro madri le quali, purtroppo, non sempre hanno la forza e il coraggio di denunciare per paura, per vergogna e per timore di sottoporre i bambini/e allo stress di tutto ciò che comporta l’inevitabile accertamento dei fatti.
Attenzione quindi al tentativo di strumentalizzare le vicende dell’Emilia per sostenere che ai bambini si può far dire tutto ciò che vogliamo e che tanti abusi su di loro sono invenzioni costruite.
I bambini/e sono abusati quando sono soli e senza testimoni, così come lo sono le donne quando subiscono violenza sessuale, e quindi quasi mai in grado di poter dimostrare ciò che è loro capitato. Per i bambini/e ancora peggio non solo perché sono ancora più indifesi/e ma perché gli atti sessuali su di loro non sono quasi mai compiuti con forza, ma anzi essendo agiti da persone conosciute vengono preparati usando affettività e seduzione e se non arrivano alla penetrazione e sono quindi, in assenza di chiari segni (lesioni, tracce spermatiche o altro) testimoniati solo dalla parola delle vittime.
Chi ha vera conoscenza dei bambini/e, sa che non è possibile che arrivino a creare storie di abuso se non sono loro veramente capitate.
E per quanto riguarda la millantata propensione delle madri a “plagiare la prole” inducendo falsi vissuti di abusi paterni, posso rispondere che in trenta anni di ascolto non mi è mai capitata una donna che desiderasse screditare un padre né tantomeno toglierlo ai propri figli/e anche quando, purtroppo, i padri in questione avevano agito atti violenti e abusi di ogni tipo.
Se le madri quindi, sempre parlando in generale (le eccezioni sono possibili) possono essere criticate, lo devono essere perché, semmai, non riescono ad essere abbastanza protettive, e non perché costruiscono storie di falsi abusi.

Daniela Lucatti è nata a Pisa nel 1953. Psicologa, Psicoterapeuta specializzata in Sessuologia Clinica. Opera presso il Centro Antiviolenza e la Casa della Donna di Pisa, si è occupata di età evolutiva, intercultura, sessualità, violenza di genere, sia per istituzioni pubbliche che associazioni, è referente toscana di Thém Romanò (Associazione Autonoma di Rom e Sinti, fondata dal prof. Santino Spinelli). Scrittrice, con pubblicazioni di poesia, prosa e saggistica.