L’albero degli impiccati

di ANDREA APPETITO – Chi ha più prudenza la usi per ricordare ogni giorno che ogni uomo è un lupo per l’altro uomo, ma potrebbe essere un dio

Il sole si spegne all’orizzonte mentre ai rami di una quercia dalle foglie accartocciate per la siccità dondolano i cadaveri di tre impiccati. Uno di loro ha una grossa lingua bluastra tra i denti e gli occhi sbarrati. Ai piedi dell’albero il gruppo di notabili è accompagnato dal prete con la barba grigia arruffata, gli occhi neri e piccoli come due mosche. Il prete infila la mano nella tasca della tonaca impolverata, tira fuori un aspersorio e sgranchisce la voce. Amen! grida un ragazzino seguito dal ceffone che la madre gli rifila per anestetizzargli la lingua.

Potrebbe cominciare così La ballata western degli impiccati e continuerebbe con il discorso del prete.

Fratelli e sorelle, siamo qui ai piedi dell’albero degli impiccati. Anche oggi ha avuto i suoi frutti. Preghiamo per le anime dei fratelli perduti. È dai tempi di Caino che l’uomo è iniquità e paura, brevi momenti di sollazzo e disperata ricerca di amore. Chi ha più prudenza la usi per ricordare ogni giorno ai fratelli che ogni uomo è un lupo per l’altro uomo, ma potrebbe essere un dio.

Sorelle e fratelli, il prete con lo sguardo obliquo vede profilarsi all’orizzonte l’ira di Dio nella forma di una tormenta di sabbia come in un film dei fratelli Coen e con uno sforzo del polso anchilosato asperge gli stivali degli impiccati.

Amen! ripetono in coro le donne pie e si affrettano spingendo i figli come chiocce verso le case di Hanging Tree.