Prosegue il viaggio, dall’Italia a Nizza e oltre Oceano, la F.Kleinberger Galleries di New York, e la copia a Massa-Cararra

S. Leonardo in questa miniatura del martirio, per la sua identificazione nella liberazione degli schiavi, viene rappresentato con le catene. Questo simbolo assume un carattere distintivo nel pilastro di destra dove il santo appare in un fuori scala davvero notevole, con in grembo uno schiavo incatenato.

Il pilastro evidenzia l’atto di liberazione dello schiavo da parte – appunto – di un santo, che viene rappresentato con il suo incedere con una forza superiore. Il Magister che l’ha scolpito ha voluto rendere un’immagine di tale intensità che ha scelto anche di debordare dalla classica inquadratura bidimensionale dei pilastri posti alle entrate, con un invasione anche nel lato verso l’entrata.
Anche qui, forma e contenuto sono insieme. Inscindibilmente. E’ Difficile pensare che in questa opera sussista una scissione tra forma e contenuto. Da una parte abbiamo in forma autonoma un contenuto di esaltazione del santo, e dall’altra una tecnica creativa fine a se stessa.
La datazione di quest’opera (ormai attribuita a Biduino) viene attribuita in un arco di tempo compreso tra il 1160 il 1190: anni in cui la schiavitù era normale, ma soprattutto la vendita di schiavi era un commercio molto diffuso. E Biduino ama proprio questo tema.
Ritengo che la discussione tra gli studiosi, se la pietra facesse parte di un sarcofago o di un blocco, sia poco significativa. La riutilizzazione di marmi era una pratica estesa nel periodo in quanto permetteva la produzione di nuove opere senza utilizzare materiali difficili da far pervenire. Ma non solo: l’architrave presenta la scena dell’entrata di Gesù in Gerusalemme, uno degli episodi evangelici più conosciuti anche perché precede la Passione.
Ne parlano i quattro i Vangeli. Tutti e quattro però omettono un particolare che troviamo nella scultura di Biduino e di altri autori: il racconto evangelico canonico vede Gesù a dorso di una mula, alcuni stendono i mantelli ai suoi piedi, ma nessuno dei quattro ci dice dell’esistenza di bambini che si arrampicavano sugli alberi (palme o olivi).
Biduino introduce questo elemento. Anche nell’architrave di San Cassiano e nell’architrave collezione Mazzarosa.

Perché questa aggiunta ?
Biduino sicuramente ha letto il Vangelo di Nicodemo. Vangelo apocrifo. Nel quale è riportata proprio l’aggiunta di questa scena. Anche qui la bravura e la forza di Biduino di rappresentare una scena di giubilo nascondono sotto traccia un preciso messaggio.
L’architrave è un forziere da decifrare e capire. Non tutto è stato svelato. Ma di una cosa possiamo essere sicuri : i contenuti che Biduino ha messo nella pietra sono molti ed anche sorprendenti. Come la sua predilezione per l’entrata di Gesù a Gerusalemme e la cacciata dei mercanti. Assomiglia molto ad una lotta di liberazione.
L’asportazione del portale
Potremmo intitolare questa parte: “nessuna prova molti indizi”. I dati certi di questa storia sono che nel 1962 il Portale viene trasferito a New York presso il Cloister del Met. Di questo abbiamo conferma da parte di due storici che curano le pubblicazioni edite direttamente dal MET : un articolo di C.Gomez Moreno del 1965, ed uno di J.J. Rorimer del 1972.
Dalla documentazione del MET sappiamo che l’acquisizione è avvenuta nel 1962 tramite un’acquisto fatto direttamente alla casa di antiquariato F.Kleinberger Galleries di New York con sedi a Parigi e Londra.
Franz Kleinberger era un commerciante d’arte europeo. Nel 1848 aprì una galleria a Parigi, principalmente impegnata nella vendita ad acquirenti statunitensi. Nel 1913 aveva allestito una galleria nella Lower Fifth Avenue a New York, vicino alla Duveen Gallery. Harry S. Sperling divenne il presidente dell’azienda dopo la morte di Kleinberger intorno al 1936.

La questione era già stata sollevata nel 1926. Lo storico Mario Salmi (1889-1980) aveva trovato nell’archivio della Galleria Brera a Milano una lettera della contessa Benkendorff-Schouvaloff, datata 1893, nella quale riferiva alle autorità italiane che il marmo della porta di San Leonardo al Frigido vicino a Massa-Carrara era nella sua villa Monticello a Nizza. Insieme alla lettera c’erano alcune fotografie.
Il Salmi nell’articolo “Sant’Jacopo all’Altopascio e il Duomo di Pisa” pubblicò la fotografia dell’architrave che riporto di seguito.

L’accenno è il seguente “Pubblico qui un’opera di Biduino sfuggita agli studiosi, l’architrave della porta un tempo nella chiesetta di San Leonardo al Frigido in Lunigiana con l’Entrata di Cristo in Gerusalemme, con lo stesso soggetto cioè di quelli di San Cassiano e Mazzarosa e più vicino per arte a quest’ultimo”.
Ma è nella nota 114 che il Salmi è più eloquente:
“Nell’Archivio fotografico di Brera si conserva la fotografia qui riprodotta, insieme con una lettera del 1893 diretta a Raffaele Cattaneo, allora già morto, dalla Contessa Benkendorff Schouvaloff, in cui fra l’altro si dice che i marmi componenti la porta, allora nella villa Monticello a Nizza di proprietà del Conte Schouvaloff, provengono da una cappella di San Leonardo nei dintorni di Massa. Ora giunge in buon punto uno studio di U. GIAMPAOLI, Una scultura di M. Biduino nella chiesa di San Leonardo al Frigido in « Giornale Stor. (della Lunigiana » a. XIII (1923), pag. 113 con notizie storiche sulla chiesuola presso il Frigido e l’annesso Spedale che fu forse dei monaci dell’Altopascio e con la descrizione della porla tolta dalla Guida di Massa del Matteoni che la vide ancora in situ. Il G. ignora se e dove esista la porta — nè a me consta che si trovi sempre a Nizza – ma dalla scena dell’architrave fa per essa il nome di Biduino. La descrizione del Matteoni corrispondente perfettamente ai soggetti trattali (l’Entrata in Gerusalemme nell’architrave; l’Annunciazione, la Visitazione e San Leonardo con un prigioniero, negli stipiti ) e la notizia surriferita intorno alla provenienza provano che la porta migrata in Francia è proprio quella del Frigido. Inoltre la fotografia permette di assegnare veramente a Biduino almeno l’architrave che bensì fu un poco diminuito in lunghezza dal lato destro. “
L’altra fotografia apparve nel suo libro sull’architettura romanica toscana, un anno dopo.

Va da sé che la lettera della contessa non ebbe nessuna risposta da parte delle autorità italiane, e la minima contestazione del possesso di quell’opera romanica.
La contessa Sophia Shuvalov
Ma chi era questa contessa? Sophia Shuvalov sposò il Count Constantine Benkendorff (1849-1917) ambasciatore russo a Londra. A seguito della rivoluzione del 1917, l’ambasciatore decadde dalla carica e divenne un rifugiato, stabilendosi in Inghilterra, senza disprezzare a quanto sembra i piaceri francesi del mediterraneo.

La contessa muore a Londra nel 1928. Il figlio Konstantino, dopo avere aderito alla rivoluzione nella flotta rossa, nel 1924 si trasferisce a Londra diventando un famoso clarinettista. La figlia Natalia (1886-1968), invece, si imparenta con la potente ed aristocratica famiglia inglese Ridley, sposando un nipote che oggi è un famoso banchiere inglese.
Sappiamo inoltre che
“Verso il 1950, (ancora una volta), l’ultima discendente dalla famiglia Benkerdorf avvertì la sovrintendenza ai monumenti di Milano dell’esistenza del portale e dell’intenzione di venderlo. La Sovrintendenza, naturalmente, si guardò bene dal prendere in considerazione la cosa, e, per tre milioni di lire, l’opera finì nella Cappella Fuentiduena del Cloisters del Metropolitan Museum di New York, sulla collina di Fort Tryon. alla punta estrema a nord di Manhattan.”
Un ultimo accenno riguarda sempre il Salmi: nel suo libro del 1961 c’è un fugace accenno “Nella Versilia troviamo d’altronde elevate correnti (in san Leonardo al Frigido c’era un portale di Biduino migrato a Nizza) ….” Forse a ricordare ancora una volta la dispersione di un’opera d’arte mai giustificata fino in fondo.
Un piccolo squarcio di luce
Un piccolo squarcio di luce ci giunge in maniera un po’ inaspettata da parte di un libro: “The John McPhee Reader” di John McPhee. Questo famoso scrittore statunitense è stato varie volte finalista del Premio Pulitzer, e nel 2008 fu insignito del George Polk Career Award con la seguente motivazione: “Ha lasciato un segno indelebile nel giornalismo americano durante la sua carriera quasi cinquantennale, pubblica un libro in cui oltre a descrivere la sua ampia attività introduce capitoli relativi a personalità statunitensi tramite tra cui il famoso Thomas Hoving direttore del Cloister dal 1967 al 1977).

In questo libro si parla proprio del portale di San Leonardo e come questo giunse a New York. Si inizia con l’evidenziazione dello stato di rovina “per dire che la porta, che era stata presa… quando era caduta in rovina alcuni anni prima, era stata installata nella sua villa a Nizza.”
“Hoving imparò tutto questo nel 1960, come risultato secondario delle sue ricerche sull’annunciazione pulpito in Arcetri.”. Scrisse a Nizza ad un amico chiedendogli di andare a trovare l’attuale conte e dare un’occhiata al portale. L’ amico rispose, e disse che “il conte si era separato da molto tempo e che ora c’era un progetto di edilizia residenziale dove un tempo si trovava la villa di Monticello. Hoving pensò che la porta romanica non poteva essere scomparsa, doveva essere da qualche parte, così chiese al suo amico di continuare a cercare. Poco tempo dopo, l’amico rispose che la porta si trovava a pezzi dietro il cantiere. Un commerciante di Nizza venne inviato a fare un sopralluogo e cablò: “Condizione terribile”.
Un anno dopo, trovandosi a Nizza, Hoving si recò sul posto e tra vecchi meli trovò i blocchi di pietra. Erano di marmo ed erano in ottime condizioni.
“E‘ stato facile far uscire la porta dalla Francia. I francesi non potevano fregarsene di meno perché era una porta italiana. Quando la contessa Benkendorff-Schouvaloff la trasferì a Nizza, Nizza faceva parte dell’Italia. Così la porta non ha mai lasciato l’Italia…
Delle teste di due apostoli mancanti nell’architrave, Hoving ne trovò una, giallastra, in un salone di bellezza nel centro di Nizza. Poi, proprio come il rilievo del pulpito aveva condotto Hoving alla porta di S. Leonardo, la porta lo spinse fino all’acquasantiera, anch’essa toscana scolpita all’incirca nello stesso periodo: a New York, nel negozio del commerciante Leopold Blumka, un sabato mattina mentre era fuori per una passeggiata fu colpito dalla stretta somiglianza stilistica tra le figure sul cratere e le figure sul portale. L’acquasantiera si trova ora accanto alla porta della Cappella Fuentiduena al Chiostro” (da Bollettino del MT 2005)

Questa, è la versione originale del Direttore del Cloister del MET. Ma qualcosa non appare così lineare come Hoving ci vuol far credere. E’ palesemente errata,ad esempio, l’affermazione “Così la porta non ha mai lasciato l’Italia. L’Italia la lasciò“: per il fatto che Nizza divenne francese nel 1861 o non nel 1961.
Sappiamo invece che in un libro, come tanti pubblicati da ricercatori legati per amore al proprio territorio e ai suoi monumenti che il portale era collocato nella Chiesa di San Leonardo fino al 1879.
La F.Kleinberger Galleries
Nella “Guida delle Chiese di Massa Lunese” del 1879, Giovanni Antonio Matteoni descrisse la porta come la vide, ancora in situ, facente parte delle rovine della chiesetta di San Leonardo al Frigido. Un altro storico, Umberto Giampaoli, nel 1923 descrisse le ormai rovine di San Leonardo come quelle di una chiesetta, non più grande di cinquanta piedi di lunghezza per venticinque di larghezza, con una finestra aperta su entrambe le pareti laterali, che si restringeva a una fessura vicina. Ma senza più il portale.
Quindi si può accertare che l’asportazione dalla chiesina di San Leonardo al Frigido, è avvenuta in una data compresa tra il 1879 e il 1893. Ma è lo stesso Cloister che ci dà alcuni altri indizi: afferma che fu acquistata dalla F.Kleinberger Galleries di New York, antiquari americani di origine tedesca, della quale sappiamo che venne inserita dall’Unità di Intelligence sul Saccheggio dell’Arte (ALIU) nell’elenco dei nomi marcati di rosso (fonte ALIU 1945-1946).
Il nome Kleinberger appare quattordici volte nel database MNR francese, cinque volte nel database del Museo storico tedesco Linz e tre volte nell’elenco dei nomi della bandiera rossa per l’indagine sul saccheggio dell’arte , insieme a “Loebl” (14 volte) e “Garin” (6 volte).
Si ipotizza, quindi, che la F.Kleinberger Galleries fosse amica di Hoving, e che avrebbero contattato Alessandro de Millo (Nizza-Cimiez) proprietario dell’area oggetto dell’intervento edificatorio ricordato da Hoving, che la Contessa Benkendorff-Schouvaloff aveva a sua volta venduto. E’ solo un’ipotesi, ma molto plausibile. Mentre è una certezza che il Portale di San Leonardo usci dall’Italia molti anni dopo che Nizza era francese ad opera degli antiquari fiorentini, e chele lettere inviate dalle donne della famiglia Benkendorff-Schouvaloff fossero nulla di più di un pretesto per l’asportazione e la vendita.
La “linea” del direttore del MET, tuttavia, fu fatta propria dagli storici curatori dell’edizioni divulgative, tra cui Carmen Gomez Moreno (assistente curatore di arte medievale) nel giugno 1965. Nel The Metropolitan Museum of art Bulletin si legge la seguente spiegazione dell’asportazione:
Come molti dei suoi fratelli e sorelle già a The Cloisters è la nuova porta (frontespizio) installata nella Cappella Fuentiduefia un vagabondo sradicato; ma la sua origine è perfettamente chiara e ha persino una paternità. Questo è sicuramente molto più di quello che possiamo dire su molte opere d’arte dello stesso periodo. L’esistenza di questa porta non era sconosciuta, ma per quasi quarant’anni fu dimenticata. Negli anni venti lo storico dell’arte italiano Mario Salmi lo pubblicò tre volte nello spazio di tanti anni. Apparve per la prima volta in un articolo del 1926. Con il suo inestimabile dono per trovare ciò che altri hanno perso, Salmi aveva trovato nell’archivio della Galleria Brera a Milano una lettera della contessa Benkendorff-Schouvaloff, datata 1893, riferendo alle autorità italiane che il marmo la porta di San Leonardo al Frigido vicino a Massa Carrara era nella sua villa Monticello a Nizza. Insieme alla lettera c’erano alcune fotografie. Salmi ne pubblicò uno, mostrando l’architrave, nel suo articolo, e un altro, mostrando la porta completa, nel suo libro sull’architettura romanica toscana, un anno dopo. Ha anche fatto riferimento al porta nel 1928 nel suo libro su Tuscan Romanic Sculture. Non c’era più traccia di questo monumento fino a qualche anno fa, quando si presentò smantellato e abbandonato in un campo nel sud della Francia.
Insomma, il monumento avrebbe preso l’Oceano per riunirsi alla famiglia, senza tralasciare l’impressione che non era il caso di lasciare agli italiani oggetti tanto preziosi.
La storia prosegue con un’appendice al quanto curiosa. Dopo che il Cloister sistemò il portale, a Massa (ma non solo) crebbe l’indignazione. Ma grazie all’opera dell’architetto Pier Luigi Mosti-Zonder, il Met concesse la possibilità di eseguire un calco, dal quale poteva essere ricavata una copia in marmo. Per arrivare a questo (tramite una querelle lunga trent’anni, con denunce, articoli di giornali, ecc..) la Provincia di Massa riuscì ad avere la copia e collocarla in una sala del Palazzo Ducale.
Essere riusciti a realizzare una copia sembrava un’impresa impossibile, ma la location appare discutibile. L’opera venne concepita per stare sulla facciata della chiesa, lì dove la luce naturale dà forma ai rilievi e alle ombre; è un’opera nata per essere vista da tutti coloro che passano da centinaia di anni, metterla al chiuso è un tradimento di Biduino.

Continua.
(foto: fonte Aurtore)
Franco Giovanni Maria Allegretti è nato e vive a Pisa. Architetto. Con passate esperienze di militanza politica attiva nel mondo dell’estrema sinistra, è stato anche consigliere comunale. Studioso di storia dell’architettura, si è dedicato negli ultimi tempi ad una rilettura degli architetti medievali.