L’epoca delle monadi 4.0

di GIOVANNI BRUNO – Dalla solitudine della società di massa all’isolamento digitale. La pandemia ha provocato un’accelerazione nelle trasformazioni tecnico-sociali annunciati fin dall’inizio del Secolo/Millennio, e che vanno delineandosi come le linee di tendenza irreversibili

La pandemia ha provocato un’accelerazione nelle trasformazioni tecnico-sociali annunciati fin dall’inizio del Secolo/Millennio, e che vanno delineandosi come le linee di tendenza irreversibili. Non mi riferisco (solamente) ai processi storico-istituzionali dell’unificazione europea, con la presunta irreversibilità dell’euro proclamata da Draghi per “acquietare le velleità legaiol-salviniane”, ma delle modificazioni epocali in atto nella struttura economico-produttiva e comunicativa.

Gli scenari evocati dalla cosiddetta quarta rivoluzione industriale –la “visione” di cui tanto si sproloquia – saranno il prodotto delle profonde trasformazioni indotte non solo nell’organizzazione del lavoro, della produzione, del commercio, della società, ma anche nelle relazioni interpersonali, nella soggettività e identità individuali, nella dimensione emozionale ed affettiva.

Dal “semplice” rafforzamento quantitativo della capacità meccanico-produttiva (enorme, senz’altro, ma ancora fondato sulla fisicità strumentale delle fabbriche, avvenuto nell’epoca della prima e della seconda rivoluzione industriale col macchinismo e la produzione di beni materiali, le merci) si sta passando ad un mondo fondato sulla “smaterializzazione” delle informazioni, avviata con la digitalizzazione informatica e l’automazione robotica della terza rivoluzione industriale.

Il salto di qualità a cui stiamo assistendo consiste nella transizione ad una sorta di “dematerializzazione” del mondo in cui, alla realtà fisico-corporea “tradizionale”, si affiancano forme di realtà parallela (virtuale), aumentata (digitalizzata) e potenziata (tecnologia bio-tech). Le potenzialità sono enormi se, su scala planetaria e globale, le nuove tecnologie comunicative e bio-tecnologiche saranno universalmente condivise e disponibili per l’intera umanità, ma altrettanto lo sono i rischi di un inedito dominio assoluto sulla soggettività individuale e collettiva, e perfino sui processi cognitivi: le preoccupazioni per l’immane raccolta di dati personali, – di cui quotidianamente lasciamo tracce nella rete tramite ricerche, invio di mail o messaggi social, contatti e condivisioni, sia che avvengano da parte di multinazionali come da Stati controllori/polizieschi – si diffondono sempre di più, ma in modo asimmetrico e spesso inconsapevole.

Serpeggia l’inquietudine per la diffusione di una condizione di sorveglianza permanente e pervasiva a cui ci sentiamo sempre più sottoposti, non solo rispetto alla dimensione pratica dei comportamenti – individuali o collettivi – nella sfera personale e privata (etica) o delle azioni nella sfera pubblica (politica), ma perfino rispetto alla dimensione del pensiero nelle opinioni (libertà di espressione) e della sfera emotivo-affettiva (controllo dei ricordi e delle emozioni).

Tuttavia, la libertà di opinione non può mai confondersi con la licenza. La libertà (in senso sociale e civile, non  metafisico) esiste come diritto riconosciuto ed espressione di un potere costituzionale (universale) determinato nella storia, che definisce modalità e limiti di espressione (per la nostra Costituzione non si possono sostenere teorie che negano l’umanità di persone o popoli, non si possono negare crimini contro l’umanità, ma neppure si possono diffondere notizie di teorie scientifiche false o non dimostrate e condivise dalla comunità scientifica che creino panico, o al contrario sottovalutazione).

Ogni società ha espresso un sistema di potere economico-sociale, politico-istituzionale, etico-giuridico e culturale (ideologico, filosofico, letterario, artistico), e costituito meccanismi di controllo (dispositivi). Ci si preoccupa di lasciare i propri dati per l’app Immuni (che peraltro ritengo inefficace e inutile) perché lederebbe la sfera riservata dell’intimità personale, mentre non si ha nessuna remora a farsi tracciare da giganti dell’e-commerce come Amazon (che in questi mesi hanno aumentato esponenzialmente i propri traffici e affari), nonché a cedere su piattaforme digitali informazioni sui propri interessi tramite i cookies. La contraddittorietà di queste reazioni esprime la decomposizione della coscienza: si erge una effimera barriera all’intrusione digitale dello Stato, mentre si accetta per mero opportunismo utilitaristico le tossiche dolcezze inoculate dai potentati privati nelle vene del mercato e della rete.

L’effetto è della frammentazione delle società: i singoli perdono via via la coscienza di appartenere a gruppi sociali per diventare pulviscolo, aggregati dagli algoritmi e non condivisione di ideali, interessi, speranze. Si sta passando dalla solitudine della società di massa all’isolamento monadico della non-società digitale, in cui gli individui sono schegge di dati nei molteplici anfratti dispersi della rete.

Siamo nel turbine di una straordinaria transizione epocale: è in questi frangenti, nei crinali della storia dell’umanità, che occorre elaborare un nuovo pensiero.

In un’epoca in cui la pervasività dei nuovi mezzi di comunicazione (digitali e social) crea una sempre maggiore e spesso inavvertita dipendenza e soggezione per l’oppressione da parte di chi detiene le leve del comando, del controllo, della sorveglianza, s’impone un ripensamento complessivo di carattere etico, filosofico, politico, economico-sociale, per una società in cui le diseguaglianze formali e sostanziali siano contrastate sempre di più e si affermi un universalismo integrale per l’intera umanità.