L’etica delle professioni e dei professionisti

di FRANCO M. ALLEGRETTI – Ogni riferimento a persone, fatti, avvenimenti accaduti e che continuano ad accadere è espressamente voluta.

Esistono alcune professioni che per la loro natura, ma anche per l’evoluzione positiva di determinate discipline si contraddistinguono per particolari etiche. La più antica è quella dei medici. Nel giuramento di Ippocrate ( IV secolo a.c.) è chiaro che la professione è esercitata in favore di tutti ed indistintamente: “Delle regole di vitto userò pel vantaggio dei malati, giusta il mio potere e giudizio, impedendo qualsia nocumento ed ingiuria.”. Il medico non si dovrebbe astenere nel prestare la sua opera verso chiunque che ne hanno bisogno. Così gli avvocati.

Grazie ad una evoluzione positivista di questa professione siamo passati dalle indagini tramite tortura e senza avvocati, al diritto di avere una difesa anche se si tratta del peggiore dei criminale e di essere sottoposto ad un giusto processo. Ma esistono altre professioni che invece non richiedono assolutamente questa particolare dedizione. In particolare gli architetti ed ingegneri sono chiamati a svolgere la loro prestazione d’opera privi di una pressante necessità. La nostra disciplina, anzi prevede, che l’operare in scienza e conoscenza, comporta anche di venire in contrasto con il “committente” e di scegliere il “committente “, ma soprattutto di rifiutarlo. Nonostante l’assenza di un vincolo a prestare la propria opera a tutti, gli architetti ed ingegneri possono essere divisi in due grandi categorie.

La prima categoria è quella in cui possiamo mettere architetti ed ingegneri, che si adeguano al committente. La seconda categoria è quella degli architetti ed ingegneri che proprio perché il proprio operato si basa solo sulla propria scienza e conoscenza non si piegano al committente.

La prima categoria è la più ampia. La più vasta. Ingloba un complesso insieme di articolazioni motivazionali ma tutti riconducibili alla necessità della sopravvivenza materiale. Il lavoro è lavoro, e via dicendo. In altre parole, allo ” sterco del diavolo” non si può rinunciare. Un errato principio di sopravvivenza comporta una lenta ma inesorabile degradazione  sia scientifica che culturale. Il prodotto intellettuale dell’individuo si degrada sempre più. Inizia quel processo di “omologazione” della produzione scientifica, o artistica o tecnica. Ma il degrado inizia anche nel committente. Il committente cerca l’architetto o l’ingegnere solo per la sua funzione utilitaristica, quasi strumentale. Esclude a priori ogni interesse di tipo culturale.

Questa tenaglia è l’arnese che ha mosso e muove i principali “contratti” tra la committenza ed i prestatori d’opera sia essi architetti o ingegneri. Ed il risultato è sotto gli occhi di tutto: sono stati capaci di costruire solo periferie. Come in un gioco di specchi e di riflessi, periferie, accanto ad altre periferie, senza fine. Pensate solo all’immenso Michelangelo  quando dipingeva la cappella Sistema, se si fosse piegato alle indicazioni teologiche curiali ? Quale opera avrebbe prodotto ! Oppure il Borromini che in pieno barocco (l’espressione architettonica più intrinsecamente legata al potere) riesce a produrre una costruzione come Sant’ Ivo alla Sapienza con la torre elicoidale.

E qui veniamo alla seconda categoria. Quelli che invece “prestano” la loro opera scientifica ed intellettuale senza abdicare alla propria libertà. Sono pochi. Molti anche di valore. Ma fuori da qualsiasi produzione materiale. Fu Gramsci nei suoi Quaderni dal Carcere ha distinguere gli architetti in due categorie : quelli ammessi alla produzione capitalistica e quelli esclusi. Questa distinzione non ha nulla a che fare con il relativo valore di ciascun. E l’esempio dell’architetto Sant’Elia ( 1888-1916) è un macigno in questa storia. Un gigante dell’architettura che non ha mai costruito nulla, ma che ha disegnato tanto. Ma a fronte di esempi come questo, ci sono altri esempi terrificanti. Il più noto e famoso (nella sua malignità) è quello del architetto Albert Speer (1905 -1981).

L’architetto del regime nazista. Costruì quello che era necessario a celebrare il regime nazista. Un rapporto diretto tra architettura e potere. La sua produzione era così condizionata dal potere che anche se manipolava  paradigmi dell’architettura moderna, la sua fu solo quella del potere. E di un potere terribile. Non esitò mai a disegnare un architettura imperiale per celebrare i grandi raduni nazisti. Sapeva anche quello che il regime stava facendo. Era responsabile dell’uso di prigionieri messi ai lavori forzati per realizzare le sue opere. Fu condannato a 20 anni per i suoi crimini. Ma non è imputabile almeno di coerenza.

Invece, voglio parlare di quelli che invece non hanno nemmeno la coerenza. E’ una sotto categoria della prima. Quella degli arrendevoli. Dante li chiamerebbe ignavi. E’ la  categoria molto affollata da italiani. Ad esempio architetti che hanno fatto fortuna perché interni al “podere” di un certo partito. Ed essendo “meritevoli” (in quanto in attesa di una mercé )  ricevono incarichi privati e pubblici. Non si fanno mai scrupolo del proprio committente. L’importante che alla fine della prestazione la fattura venga saldata. E si occupano di tutto. Sono esperti (apparentemente ) di tutto . Dal cemento armato, al paesaggio, dalle villette a schiera ai grattacieli. Si contraddistinguono per la facilità e rapidità di far carriera nel partito che hanno valutato più redditizio. Ma non hanno nessuna remora a lasciarlo quando il partito viene rilegato all’opposizione o perde peso nella spartizione. Quindi abbracciano con una disinvoltura inquietante il nuovo padrone. Sono essenzialmente servi. Ma nel nel significato originario latino della parola cioè “schiavi”.

Ulteriore sottocategoria è quella, sempre negli arrendevoli, definibile tramite la seguente definizione : “la tecnica è neutrale e pertanto non importa il colore del committente”. Da questo assunto, apparentemente vero, né consegue che qualsiasi committenza è buona (basta che sia solvibile) quindi si può lavorare per costruire una villa per un gerarca nazista, come la costruzione di una casa del popolo. Ma non è così, anche perché la committenza non è neutra e si serve del tecnico arrendevole  anche per i suoi scopi strumentali. Ingaggiare il tecnico neutro dello schieramento avverso, oltre ad apparire “moderno” è un modo plateale di dimostrare la propria pochezza. E’ solo strumentale. Ma in questo idillio succede una fatto strano. Per quelle cose che restano nel mistero dei comportamenti degli uomini, il tecnico neutrale diventa di parte, asseconda i desiderata del committente. In alcuni casi diventa più committente del committente in una gara a superare il proprio interlocutore.

Mi sto riferendo espressamente a quello che è successo ad esempio a Pisa nella Variante per l’ammodernamento dello Stadio. Le proposte relative alla mobilità prevedono una serie di parcheggi privi di senso pratico. Più parcheggi vuol dire più mobilità su gomma e quindi traffico e quindi inquinamento. Risultato niente sviluppo sostenibile. Ebbene siamo difronte al triplo salto mortale carpiato. Siamo per lo sviluppo sostenibile tramite la realizzazione dei parcheggi per auto. Questi consulenti per assicurarsi, che gli incarichi non cessino, mantengono la duplice veste di progettisti, consulenti e quelle che volete voi, in un determinato campo, ma al tempo stesso presidiano quasi manu militari  il partito del campo avverso. Questa neutralità professionale gli garantisce una rendita di incarichi favolosa. Se un campo ha la  sfortuna di cadere, c’è sempre l’altro a cui affidarsi. E viceversa. Una situazione idilliaca: si vince sempre. Saranno loro i vincenti? Penso proprio di no.

Per garantire una produzione scientifica, tecnica o artistica originale e significativa bisogna sempre rivendicare la libertà di pensiero e di elaborazione. Ogni forma di accettazione del punto di vista del padrone inaridisce la produzione. E’ una dura verità del mondo. Se da una parte “La tendenza generale del mondo è quella di fare della mediocrità la potenza dominante.” (J.S.Mill 1806-1873) dall’altra la contraddizione produce continuamente il suo opposto.

E’ proprio la mediocrità, la bruttezza delle città e delle metropoli moderne, i comportamento degli ignavi, degli arroganti, dei traditori, degli approfittatori, che produrranno le eccellenze, la bellezza, gli spiriti nobili, i miti, i leali che ci salveranno. Il primo passo è separare il grano dal loglio. (volgarmente chiamata zizzania)

Nessun servo può servire a due padroni o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona». Vangelo di Luca 16.13

Se qualcuno si sente rappresentato, un po’ coinvolto nei profili che ho fatto può rispondermi.