Patrizia Valpiani "Liriche d'amore", recensione di Chiara Sacchetti

INTENSAMENTE AMAI

“La poesia è sempre un atto d’amore da vivere con tutti i sensi”, scrive Patrizia Valpiani nella prefazione della sue “Liriche d’amore”, cinquanta poesie scelte tra quelle di una vita intera, senza alcune riferimento cronologico preciso, con scarsi riferimenti geografici, ma con un’inconfondibile filo rosso. L’amore appunto, quello che tutta la tradizione lirica ha cantato, da Dante a Petrarca a Montale, l’amore per Lui, l’amore per Lei.E dunque se la poesia è un atto d’amore, parlare d’amore e scrivere poesie è una ‘divina coincidenza’. Patrizia Valpiani è infatti un “talento fecondo e poliedrico”, come si legge nella prefazione del libro di Elettra Bianchi, che spazia dal romanzo al poliziesco, alla poesia appunto, sempre con una vena autobiografica che rende ciò che scrive inevitabilmente sincero, espressione di ciò che “Amore ditta dentro”, per dirla con il padre della lingua e della letteratura italiana. Poesie che esprimono l’io immediato di chi scrive e comunicano con il loro destinatario, interno o esterno senza filtri e senza retorica. Lui, l’amato, che rappresenta il sogno giovanile, l’uomo con la fronte alta con il quale dormire abbracciati, ma anche colui che non c’è più, che riappare nel ricordo doloroso sulle sponde del suo fiume, l’Adda. “Tra un minuto, tra un anno, tra un secolo, o mai, ci perderemo”, perché “Vivere è un lungo viaggio”. L’amore come “Inno alla vita”, anche nella distruzione della guerra, la sensualità come risposta al dolore. Temi universali, per quel linguaggio universale che ha nome poesia: “Non è molto strano/ scrivere dei versi/ sui fiori e le farfalle/ sul tempo e sugli anni persi/ su autunno e primavera/ sulla sfera misteriosa/ del mondo com’era”.La naturalezza di amare, la naturalezza dello scrivere poesia, fuse in componimenti brevi, in versi brevi, assonanti, rimati, semplici senza banalità o noia. (Chiara Sacchetti)