di ALDO BELLI – Fissata per il 12 luglio la prima udienza di fronte al G.I.P. di Torino sulla richiesta di rinvio a giudizio della Procura.
Nell’estate 2019 il Teatro Regio di Torino finisce nel mirino della Procura della Repubblica. La prima iscrizione nel registro degli indagati avviene il 10 ottobre, anche se la notizia diventa pubblica solo nel maggio 2020 (se escludiamo un articolo pubblicato il 4 giugno 2019 dal giornale di Madrid La razon).
I reati contestati, ripetuti per settimane dai grandi media nazionali, è quello di corruzione e abuso d’ufficio e riguarderebbe l’ex sovrintendente del Teatro, il Re dei Manager della lirica in Italia, un dipendente beneficiario di una promozione, e l’amministratore di una società di marketing. Insomma, una losca faccenda personale nell’ambito di una fondazione soggetta al controllo pubblico. In fondo, niente di cui stupirci nel bordello pubblico-privato mai risolto in Italia, nonostante il sacro fuoco di Tangentopoli. Tre, quattro persone, si sarebbero, dunque, prese gioco della legge per farsi i propri affari: al Teatro Regio di Torino, che non è comunque il Pio Albergo Trivulzio.
A condurre le indagini sono il procuratore aggiunto Enrica Gabetta e il pm Elisa Buffa, coadiuvate dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Torino: due magistrati rigorosi non inclini alla ricerca di pubblicità, per loro vale solo quello che recita l’art.101 della Costituzione Italiana: “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”.
Il dubbio non sfiora la grande stampa nazionale e neppure la politica (tranne un paio di consiglieri comunali, alla fine convinti a recedere dalle circostanze). Tutto si concentra mediaticamente sull’ex sovrintendente, un ascensorista come lo definiscono per i suoi trascorsi giovanili di operaio (un tempo nella cultura torinese sarebbe stata considerata una medaglia), e sul Re dei Manager che con l’amico fin dagli anni del Teatro di Astana – la capitale del Kazakistan – userebbe la chiave dorata che apre ovunque le porte.
L’inchiesta finisce così, pubblicamente, per diventare il tiro al bersaglio su un trittico di mariuoli (secondo il migliore stile inaugurato negli anni Ottanta che ha cancellato l’art.27 della nostra Costituzione: “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Finché il gioco si arresta quando esce fuori improvvisamente che i conti del Regio non quadrano. Poco sarebbe se il fulmine a ciel sereno – che viceversa tale non è almeno per tutti, attori e comprimari – riguardasse il solito anda e rianda dei bilanci pubblici tipico del nostro Paese: il guaio è che chiama in causa, appunto, chi di Torino e in Italia rappresenta da sempre il Potere della Cultura; e anche un sistema di gestione della Lirica che ad oggi ha raggiunto oltre 500 milioni di euro di deficit. Ovvero, 1.000 miliardi delle vecchie lire.
L‘Intrigo del Regio va in scena con le dimissioni del sovrintendente Walter Vergnano, e la trama si svolge in un arco temporale che va dalla candidatura scomparsa di Giancarlo Del Monaco alla fugace apparizione di William Graziosi, fino al sipario che cala con il commissariamento del Teatro e l’invio a Torino del proconsole Rosanna Purchia. La morale: salvare il potere del Partito Democratico, ovvero la Casta della Cultura in Italia, perché con il Regio di Torino si potrebbe aprire una crepa virale in tutto il sistema, e la lirica è il settore più importante di questo potere girando ogni anno decine e decine di milioni di euro.
“I problemi del Teatro affondano le loro radici nel conferimento di immobili che è avvenuto in sostituzione del contributo in denaro, all’epoca dei fatti non fu possibile rifiutare l’assegnazione di immobili perché non venne data alcuna alternativa”: a dichiararlo è l’ex sovrintendente Walter Vergnano nella riunione del Consiglio di Indirizzo del 18 aprile 2018, voce più che attendibile considerando che il PD e la CGIL gli hanno garantito vent’anni di ininterrotta sovrintendenza – senza niente togliere alle sue qualità professionali. Tradotto in cifre, si tratta di circa 10 milioni di euro, quanto potrebbe bastare per dichiarare ‘fallita’ la Fondazione e portare in un’aula della Corte dei Conti l’ex sindaco Piero Fassino.
Il 20 marzo 2018, il sindaco Chiara Appendino e l’assessore alla Cultura Francesca Leon varcano l’antico portone del Collegio Romano per incontrare il ministro Dario Franceschini (PD). Il 1 giugno 2018 diventa ministro della Cultura Alberto Bonisoli (5Stelle). Il 6 novembre 2018 il baritono Pierluigi Dilengite (5Stelle) viene nominato Consigliere del Ministro della Cultura per le Fondazioni Lirico-Sinfoniche. Il 5 settembre 2019 Bonisoli lascia, e gli subentra di nuovo Dario Franceschini (capo delegazione del PD al governo) che l’aveva già preceduto dal 22 febbraio 2014 al 1 giugno 2018.
La Nuova Alleanza della Casta è nata. Il 10 settembre 2020, giorno in cui il ministro Franceschini (PD) d’accordo con il sindaco Appendino (5Stelle) commissaria la Fondazione Teatro Regio.