Sergio Rizzo e Alessandro Campi firmano la radiografia impietosa di un Paese dove sopravvive un uso strumentale del fascismo.
L’Italia è una Repubblica fondata sull’antifascismo e sul ripudio di ogni dittatura. Punto. La superiorità della Democrazia consiste anche nel fatto che riconosce il diritto a chiunque di pensarla diversamente. E’ legittimo per questo che esista un partito monarchico, il cui stesso nome rappresenta l’esatto contrario della Repubblica, come è legittimo pensare che l’Italia possa rivedere la sua forma costituzione in repubblica presidenziale. La Costituzione prevede le modalità con le quali il Parlamento può modificare le supreme regole dell’assetto costituzionale.
Tanto è generosa la Repubblica Italiana che ha consentito negli ultimi settant’anni di manifestare anche pubblicamente idee di sovvertimento costituzionale che in altri paesi, penso agli Stati Uniti d’America, avrebbero comportato la condanna ad Alcatraz. In Italia abbiamo assistito perfino alla sfilata dei reduci della X Mas con Valerio Borghese nei Fori Imperiali durante la celebrazione del 2 Giugno.
La Democrazia, tuttavia, riconosce anche dei limiti. La XII delle Disposizioni transitorie e finali della nostra Carta Costituzionale recita: “E` vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista“. Qualcuno continua tutt’ora a ripetere che lo stesso impedimento dovrebbe valere anche per il Comunismo, ma la Repubblica in Italia non è nata dall’abbattimento di una dittatura comunista bensì del regime fascista. Ecco, quindi, il punto. Dal quale, in Italia, è impossibile retrocedere se non al prezzo di violare la Costituzione e quindi rivestendo un carattere di sovvertimento dell’ordine dello Stato (è anche un reato previsto dall’art.270 del Codice Penale).
La sostanza suffragata dalla logica conclude, pertanto, nel senso che la Repubblica Democratica fissa un limite alla libertà individuale e collettiva: un partito politico non può non essere antifascista. Poiché in Italia antifascismo equivale a repubblicano.
In un paese di moderna cultura occidentale, queste righe risulterebbero oziose poiché nessuno si porrebbe il problema, essendo talmente scontato. Faccio un esempio: in Francia dal 1940 al 1944 fu insediato un governo collaborazionista con la Germania di Hitler, a Vichy il maresciallo Pétain assunse i pieni poteri incluso quelli per la redazione di una nuova costituzione. Ecco, sarebbe come se Marine Le Pen non dico intendesse trasformare la Francia in una Repubblica di Vichy, ma negasse il fatto storico che la Francia Repubblicana dopo essere nata con la Rivoluzione del 1789 è rinata con l’abbattimento del regime fascista di Péten.
Eppure in Italia, siamo ancora fermi a Mussolini. “L’ombra lunga del fascismo. Perché l’Italia è ancora ferma a Mussolini” è il titolo del libro – edito da Solferino, 304 pagine – che hanno scritto da Sergio Rizzo e Alessandro Campi, uscirà in libreria il prossimo 13 settembre. È possibile che a cento anni dalla Marcia su Roma in Italia ci si divida ancora sul giudizio storico del fascismo? chiedono Rizzo e Campi?
La risposta degli autori è sì (inutile sarebbe dire autorevoli, Rizzo è un giornalista storico già editorialista del Corriere della Sera e vicedirettore di Repubblica, Campi insegna all’università di Perugia ed è direttore della Rivista di Politica nonché editorialista del Messaggero.
Sì perché – sostengono Rizzo e Campi – viviamo in un Paese dove la famiglia Mussolini è ancora in politica (una dinasty familiare con pochi paralleli nel mondo). Sì perché alla fine della guerra nei ranghi della pubblica amministrazione molti fascisti sono rimasti al loro posto. E del resto paghiamo ancora il conto dell’Iri o di Carbonia e sono in vigore 249 leggi, decreti, regolamenti e circolari nella normativa vigente dove compare ancora la parola “razza”. Le nostre strade abbondano di monumenti inneggianti al fascismo con molte intitolazioni avvenute in età repubblicana.
Si chiedono, quindi, Sergio Rizzo e Alessandro Campi: come poteva nascere una destra moderna se quello spazio è stato subito occupato dagli eredi del partito fascista? I fondatori del Movimento Sociale furono esponenti della Repubblica di Salò alleata dei nazisti. Mentre l’antifascismo si è diviso in molte correnti lasciando spazio alla visione banalizzante di Longanesi, Montanelli o Pansa che vedevano il regime come un fenomeno da baraccone.
E’ un’analisi lucida e impietosa: la radiografia impietosa di un Paese dove sopravvive un uso strumentale del fascismo, dicono, La destra continua a richiamarsi alla sua eredità sentimentale spacciandola per patriottismo, la sinistra ne agita lo spettro per ragioni di calcolo elettorale. Ma può una democrazia avere un rapporto così contraddittorio col suo passato?
Come si può non convenire con Sergio Rizzo e Alessandro Campi.
“L’ombra lunga del fascismo. Perché l’Italia è ancora ferma a Mussolini” in libreria dal 12 settembre.
