Dopo 150 anni gli italiani, che condividono origini, lingua, tradizioni culturali e religiose, leggi e ordinamenti, sono forse ancora un popolo in formazione
Chi scrive non è un filosofo o un accademico, e neppure un politico, ma un semplice appassionato di storia patria che si è avvicinato alla scrittura in età matura, e con l’imbarazzo del neofita prova a condividere i suoi pensieri, le sue considerazioni sul nostro racconto di popolo, perché non c’è futuro senza passato.
Tricolori alle finestre e sui balconi, piccoli e grandi edifici illuminati in rosso, bianco e verde, l’inno di Mameli suonato e cantato, come fosse la hit del momento. In poche settimane abbiamo riscoperto un’identità nazionale, una coesione d’intenti che difficilmente scorderemo.
Un seme che se coltivato ci potrebbe portare ad un Nuovo Risorgimento. La maggioranza di noi è cresciuta nel benessere e nella prosperità, grazie al sacrificio dei nostri padri che hanno saputo, con il loro ingegno, portare l’Italia a competere con le grandi potenze economiche mondiali. Ma l’economia non è tutto.
Un grande albero, l’Italia, con piccole radici, è destinato a cadere sotto la violenza delle intemperie: o anche solamente, sotto il peso dei suoi numerosi frutti, al contrario del cespuglio radicato sulle rocce.
Ma quali sono le nostre radici comuni? Le più antiche le troviamo sparse nei campi e nelle città, corrose dal tempo e dall’incuria: sono le vestigia dell’impero romano. Il collante ed il primo tassello di un mosaico che dovremmo ricomporre, il più lontano nel tempo, ma anche quello più glorioso.
Dopo la caduta di Roma per più di mille anni l’Italia è stata solo una mera espressione geografica, terra di conquista dei barbari ai quali avevamo imposto la civitas; poi, pur divisi e senza uno stato unitario la cultura italiana ha regalato al mondo il Rinascimento con i suoi grandi ed imperituri artisti ed architetti. La cultura, nelle sue variegate forme, è una delle nostre radici, quella più bella e forse per questo, meno compromettente.
E’ facile condividere la bellezza delle statue e dei dipinti, altre bellezze sono invece nascoste in profondità nella terra sotto il nostro albero, e cercarle non è facile, ma abbiamo una traccia da seguire: la Storia Patria.
L’Unità d’Italia è una storia recente, con poco più di 150 anni pone le sue basi nel Risorgimento, vento di riscossa e di furore patriottico, che scosse tutta la penisola con giornate gloriose ed epiche battaglie. Ma non fu un moto popolare di massa, e senz’altro non in tutta Italia: in certe parti del Paese, infatti, è stato considerato alla stregua di una occupazione. E’ solo, durante la Grande Guerra che acquistiamo la coscienza di essere un unico popolo, seppur con enormi differenze sociali: la fine delle ostilità restituì un Paese in fermento, con due schieramenti contrapposti: da una parte il forte sentimento patriottico alimentato da una vittoria mutilata, dall’altra le masse dei contadini e degli operai stanchi di una oppressione lavorativa, che li rendeva schiavi. In questa pentola in ebollizione nacquero i fasci di combattimento, e arrivati a questo punto della storia mi fermo, del fascismo e di conseguenza dell’antifascismo, ne parlerò alla prossima occasione.
Tornando alla metafora dell’albero e delle sue radici, ricordiamoci che per non essere sradicati dalla nostra terra bisogna avere e coltivare una memoria condivisa, valorizzare e tramandare le nostre tradizioni e la nostra cultura da padre in figlio, in estrema sintesi: custodire e difendere la nostra Storia di Popolo.
Francesco Fiorini vive e lavora a Viareggio, si occupa da anni di marketing, comunicazione e promozione del territorio.