
di ALDO BELLI – Giovanni Pezone denuncia lo scempio in atto, per il sindaco Salvetti è un progetto di grande qualità architettonica.
Il mio amico Giovanni Pezone, candidato sindaco a Livorno, mi parla basito della ristrutturazione dei Portici di Via Grande. “La sostituzione della pavimentazione originale è uno scempio. Un altro pezzo di livornesità che viene gettato via”. Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato un articolo nel quale si parlava del mitico Mercatino Americano di Livorno: stesso ragionamento. “Un altro pezzo della tradizione cittadina gettato via. Se divento sindaco, il Mercatino tornerà dov’è sempre stato e conosciuto in ogni parte d’Italia, in Piazza XX Settembre” diceva Giovanni.
Il caso dei Portici livornesi, in effetti, ha dell’assurdo. Mi vengono in mente i sanpietrini romani quando vengono tolti dal manto stradale numerandoli durante i lavori, per poi rimetterli al loro posto. Le mattonelle storiche dei Portici di Via Grande, invece, dove andranno a finire? Nel macero?
Decisioni politicamente trasversali. Il che conferma che il problema è più grande. Lo smarrimento della cultura urbanistica nella politica comunale con il conseguente abbandono delle città al destino spinto dalle forze centrifughe (con la vittoria di quelle disgreganti), è diventato ormai una Cultura del Potere senza distinzioni.
Del progetto di riqualificazione dei Portici di Via Grande, infatti, parlava già il 10 dicembre 2018 il sindaco Cinque Stelle della passata amministrazione, Filippo Nogarin: “Il progetto prevede di uniformare la pavimentazione dei portici in modo da percepire un percorso unico e continuo. La pietra scelta è un grès porcellanato che verrà alternato in maniera variabile con sottili fasce decorative di tonalità più scure“.
Saltando ai giorni attuali, il sindaco PD succeduto a Nogarin, Luca Salvetti in corsa per la rielezione, porta a conclusione l’iter amministrativo per l’appalto dei lavori, circa 5 milioni di euro.
In un articolo pubblicato il 31 maggio 2022 dal sito web “Professione Architetto” traggo questa sintesi: “La pavimentazione reinterpreta e ridisegna in chiave contemporanea la palladiana, composta da triangoli equilateri in travertino, distanziati e immersi in un cemento architettonico che si diversifica progressivamente, dai toni caldi ai toni freddi, dai colori della terra fino a quelli del mare, chiaro richiamo ai dipinti delle tele di Fattori. All’incrocio tra i pilastri e gli edifici esistenti, però, la palladiana si interrompe, lasciando spazio al colore neutro del travertino che caratterizzerà la pavimentazione sotto portico“.
Il sindaco Salvetti, annunciando l’avvio dei lavori, a metà gennaio scorso conferma che si tratta di “un progetto di grande qualità architettonica” . Poi, giacché questa “grande qualità” ha già provocato consistenti malumori tra i livornesi, tiene ad assicurare che per realizzare la pavimentazione “sono stati scelti materiali pregiati e di produzione artigianale, pezzi unici creati appositamente per Livorno, i progettisti hanno lavorato a una gradazione di colori che dal mare ‘conduca’ fino alla terra. Per questo sono presenti azzurro, celeste, sabbia e mattone. Tutto è stato pensato nei minimi dettagli”.
“Inaccettabile” dice Gianni Schiavon, storico gallerista e direttore della Galerie21: “Sostituire con un mediocre prodotto industriale (mediocre qualitativamente e indegno esteticamente) la palladiana originaria va contro qualsiasi principio logico, estetico, storico…”. Nello stesso contesto dell’articolo pubblicato da “Finestre sull’Arte” il 18 gennaio scorso, il geometra Marcello Paffetti dell’Associazione Culturale Il Pentagono, dice che “la palladiana è una testimonianza storica della ricostruzione post bellica e deve essere preservata…”.
Salvetti non fa una grinza: “Magari a qualcuno può dare noia il fatto che riusciremo a far partire i cantieri prima della fine del mandato”.
Restaurare o ristrutturare un’opera storica cancellandola è una contraddizione in termini. Ma a quanto pare è possibile, se pure chi è deputato alla salvaguardia del patrimonio storico e artistico, la Soprintendenza, ha autorizzato la sostituzione della pavimentazione originale.
In conclusione, ripeto all’amico Giovanni ciò che rispose una volta Indro Montanelli: “l’Italia è un Paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa assolutamente nulla e non si cura di non sapere nulla”.
Tuttavia, mi sorge un dubbio supplementare alla commiserazione dell’ignoranza, cogliendo un’assenza: voglio dire che raramente parlando di un’opera storica, sfugge il riferimento al suo autore. E qui, dei Portici, si dice della loro importanza ma nessuno ne cita l’autore. Così, approfondisco. E scopro che i Portici con la loro pavimentazione risalgono al Piano di risanamento del centro storico di Livorno e di Piazza Grande affidato nel 1938 all’architetto romano Marcello Piacentini: architetto e urbanista protagonista sulla scena dell’architettura italiana nel trentennio 1910-1940, tra i massimi ideologi del monumentalismo di regime.
Vuoi vedere che c’incastra anche questo? Non sarebbe la prima volta.
Il problema non sono i colori. Può essere che ci siamo distratti in questi mesi, ma in fondo, la domanda è semplice: la pavimentazione originale dei Portici di Via Grande ha un valore storico sì o no?
Se lo ha, va preservata, punto. Se, viceversa, si ritiene che non abbia alcun valore storico e la si possa gettare tranquillamente al macero, allora lo si spieghi ai suoi legittimi proprietari, cioè i livornesi, prima di avviare i lavori.
Intanto, Giovanni Pezone prosegue la propria battaglia per salvare i Portici di Via Grande.
