La notizia è recente: l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha riconosciuto ufficialmente il “burnout da lavoro” come una sindrome.
Di cosa si tratta? Dall’inglese “to burn out”, “bruciare” anche in senso simbolico, di esaurimento, questa espressione indica una situazione di forte stress emotivo cronico legato al lavoro.
Quando l’ambiente lavorativo viene percepito come ostile, il lavoratore può vivere un prolungato disagio psicofisico. Irritabilità, ansia, insonnia, perdita di interesse per la professione: sono solo alcune delle possibili manifestazioni del “burnout”. Può avere infatti anche altre conseguenze, come i disturbi gastrointestinali, le cefalee e un indebolimento del sistema immunitario.
Il lavoratore colpito, in alcuni casi, si assenta spesso dal lavoro per malattia, oltre a manifestare un calo della produttività: possiamo quindi capire come il burnout danneggi il soggetto, ma anche la realtà per cui lavora.
Ma com’è possibile che un ambiente di lavoro possa trasformarsi in una specie di campo di battaglia?
Gli errori che trasformano il lavoro in un incubo
Ad “avvelenare” l’ambiente professionale possono concorrere vari fattori. Vediamone alcuni.
- Un datore di lavoro che adotta abitualmente comportamenti duri e quasi sprezzanti. Crede che i suoi dipendenti vadano “scossi”, altrimenti non saranno assai produttivi. Spesso chi assume questa prospettiva difetta di empatia, o cerca di non empatizzare molto; talvolta pensa che manifestare gentilezza possa farlo apparire poco autoritario. Questo approccio può sfociare nel mobbing, un vero e proprio comportamento persecutorio.
- Mancanza di spirito di gruppo e tensioni tra colleghi. Talvolta le peggiori ostilità si verificano tra “pari grado”, convinti che tirando colpi bassi agli altri si possa accelerare la propria carriera. Diventa difficile lavorare bene, con il timore costante di subire dicerie, sarcasmo, di essere messi in cattiva luce. Anche il mobbing, come è risaputo, può scatenarsi tra colleghi. Per questo, un buon datore di lavoro dovrebbe fare il possibile per rafforzare lo spirito di gruppo tra i suoi dipendenti.
- Ritmi troppo frenetici e pressioni esagerate. Oggi va di moda il concetto di “work under pressure”, “lavorare sotto pressione”: talvolta appare come requisito negli annunci di lavoro. Ma cosa significa “pressione”? Certo, alcune professioni richiedono di prendere decisioni rapide e resistere a turni intensi, senza distrarsi. Ma ogni essere umano ha dei limiti psicofisici, oltre i quali la sua efficienza, per quanto si impegni, va calando. E il burnout è in agguato.
- Disaffezione del dipendente per il proprio lavoro. Non è una causa diretta del burnout, ma può contribuire. Chi vive il lavoro solo come una noiosa routine, senza percepirne l’importanza, avrà un’arma in meno contro lo stress: la motivazione. A volte la disaffezione è causata dal datore di lavoro e dai colleghi, che fanno sentire il professionista svalutato.
Alcune possibilità per migliorare il clima lavorativo
- Coinvolgere e far sentire importante ogni dipendente. Un bravo datore di lavoro mantiene l’ordine e la produttività ma sa anche gratificare e coinvolgere lo staff. A volte un complimento o un’attenzione semplice, come chiedere al dipendente se si trova bene, trasforma profondamente il rapporto interpersonale. Può giovare anche condividere gli obiettivi raggiunti, spiegando in che modo il contributo di ognuno è stato fondamentale.
- Curare gli ambienti lavorativi dal punto di vista del comfort e dell’estetica. Sembra un aspetto marginale, ma non lo è: le ricerche di Psicologia Ambientale ci dicono che, ad esempio, già vedere dalle finestre un parco verdeggiante e curato può incrementare il benessere psicofisico. Predisporre una zona relax piacevole e luminosa, in cui socializzare e intrattenersi, favorisce la “ricarica” delle energie non solo fisiche ma anche mentali: non a caso, alcune grandi aziende americane prestano molta attenzione a questo aspetto.
- Svolgere attività di team building. Varie sono le iniziative che possono rafforzare lo spirito di gruppo di un team di professionisti: da quelle “avventurose”, come il trekking, le escursioni in mountain bike, l’orienteering in squadra, alle più “tranquille”. Tra queste ultime troviamo i giochi basati sulla risoluzione di enigmi, magari in gruppo, i laboratori d’arte, o i percorsi termali insieme ai colleghi. Anche l’organizzazione di un semplice aperitivo aziendale, o di incontri culturali, può giovare al team building. L’obiettivo è semplice: far percepire i colleghi come un gruppo con cui è piacevole collaborare e socializzare, creando un rapporto che va oltre la sfera lavorativa.
- Introdurre tecniche di rilassamento a lavoro. Questo aspetto può rappresentare un’occasione di team building, ma ha la massima efficacia come attività abituale. Dallo yoga alle pratiche distensive quali il rilassamento progressivo di Jacobson, anche brevi sessioni possono incrementare significativamente il benessere psicofisico. L’importante è predisporre un ambiente silenzioso e rilassante. Meglio presentare l’attività come facoltativa, che nessuno viva come una costrizione.
Ci avviamo sempre più verso una concezione nuova del lavoro, in cui appare chiaro che le potenzialità di ogni individuo si esprimono al meglio in un ambiente accogliente, rispettoso e stimolante. Un luogo in cui l’interesse del dipendente e del datore di lavoro si incontrino, verso nuovi obiettivi comuni.
Attuare le pratiche descritte può sicuramente accelerare la transizione da un’impostazione “vecchia maniera”, rigida e poco attenta alla Psicologia, a una diversa visione della sfera professionale.
Ugo Cirilli è nato a Pietrasanta nel 1985, laureato in Psicologia Cognitiva Applicata all’Università di Bologna ha poi conseguito un master in Mental training, ha frequentato corsi di marketing e di gestione delle risorse umane, tecnico della progettazione e promozione turistica (Fondazione Campus, Lucca). Ha scritto su siti internet di cultura e attualità, tra questi scrivo.me portale del Gruppo Mondadori). Come scrittore ha esordito con il romanzo “Un accordo maggiore in sottofondo” (edizioni Toscana Today, 2019).