Il mantenimento dell’efficienza mentale è una questione di grande attualità, oggetto di molte ricerche scientifiche. Con la durata media della vita che va allungandosi, è più che mai cruciale comprendere quali fattori permettono al cervello di rimanere “in forma” anche in età avanzata.
Una patologia che porta al declino cognitivo come la demenza di Alzheimer, infatti, ha notevoli costi sanitari e sociali, oltre a peggiorare profondamente la quotidianità delle persone colpite.
La buona notizia è che l’efficienza cognitiva può essere influenzata anche dallo stile di vita. Nonostante in alcuni casi di Alzheimer possano essere coinvolti fattori genetici, gli scienziati hanno osservato da tempo come le persone che mantengono in allenamento la mente anche dopo la mezza età abbiano un rischio ridotto di essere affette da demenza.
Già, ho detto “le persone che mantengono in allenamento la mente”. Ma cosa significa?
Vediamo come il “training” per il nostro cervello possa consistere in varie attività, alcune intellettuali, altre invece di tipo fisico.
Mens sana in corpore sano
Il poeta Giovenale, nel I secolo d.C., indicò con questa espressione la necessità di prendersi cura, parallelamente, del corpo e della mente.
Nel febbraio 2019 sono stati pubblicati i risultati di uno studio dell’Università di Goteborg, in Svezia, che sembra dare pienamente ragione a quell’antica saggezza.
800 donne sono state seguite per un arco di ben 44 anni, studiandone lo stile di vita e l’efficienza mentale. All’inizio della ricerca avevano un’età media di 47 anni.

I ricercatori annotavano il grado di attività mentale e fisica di ognuna. Il primo aspetto veniva valutato in base a passatempi quali visitare mostre d’arte, suonare uno strumento, dipingere, assistere a rappresentazioni teatrali e concerti.
L’attività fisica invece era rappresentata da abitudini come fare passeggiate, occuparsi di giardinaggio, svolgere esercizio fisico regolare e andare in bicicletta.
Le donne con un alto livello di attività mentale avevano il 46 % di possibilità in meno di essere colpite dall’Alzheimer, rispetto a quelle scarsamente attive.
Per quanto riguardava invece l’attività fisica, le partecipanti con alti livelli avevano un rischio ridotto addirittura del 52 %.
Il fisico aiuta la mente
Essere attivi, sia mentalmente che fisicamente, sembra quindi fornire una protezione in più contro il declino cognitivo. Se gli effetti delle attività intellettuali sono comprensibili, in che modo l’esercizio fisico influenza l’efficienza della mente?
Secondo alcuni ricercatori, attività fisiche come compiere lunghe passeggiate o fare esercizi, imparando nuove sequenze, stimolerebbero alcune aree cerebrali che sono soggette a declino nella terza età.

Tra queste l’ippocampo, una parte del cervello legata all’orientamento spaziale e alle “mappe mentali”, compromessa nella demenza senile (dalla sua ridotta efficienza deriva il disorientamento frequente nell’anziano colpito).
Un’altra funzione che le attività pratiche possono stimolare, come quelle più puramente “mentali”, è la memoria: che si tratti di percorrere un itinerario in bicicletta o prendersi cura del giardino, occorre ricordare diverse informazioni.
Un intelletto attivo
L’ideale, come lo studio svedese lascia supporre, è combinare attività fisica e attività mentale per godere di una doppia protezione contro il declino cognitivo.
Oltre alle attività intellettuali già citate (passatempi artistici e frequentazione di eventi culturali) possono giovare molto, ad esempio, la lettura di libri, riviste o quotidiani, la pratica di giochi da tavolo e una vita sociale attiva. Quest’ultimo fattore permette sia di migliorare l’umore, sia di esercitare la memoria, ricordando le informazioni su amici e conoscenti, le date dei compleanni, le conversazioni avute con ognuno di loro.
Questa doppia sfida al declino mentale attraverso uno stile di vita attivo, sia fisicamente che mentalmente, è stata intrapresa con successo anche dal CNR di Pisa. Il dipartimento di neuroscienze ha infatti elaborato un programma chiamato “Train the brain” (“Allena il cervello”), consistente in sessioni di esercizio fisico, mentale e musicoterapia per pazienti tra 69 e 85 anni, con lieve compromissione cognitiva o a rischio. Giunto alla seconda edizione, i risultati ottenuti finora in termini di mantenimento dell’efficienza cognitiva sono incoraggianti.
La possibilità di godere a lungo di una vita attiva e autonoma, quindi, potrebbe essere nelle nostre mani.
Siamo pigri? Iniziamo rinunciando più spesso all’ascensore per usare le scale e, nel tempo libero, dedichiamoci a un buon libro. Piccoli passi come questi possono portarci verso cambiamenti importanti. Il cervello capirà che lo vogliamo attivo, scattante e in forma!
Ugo Cirilli è nato a Pietrasanta nel 1985, laureato in Psicologia Cognitiva Applicata all’Università di Bologna ha poi conseguito un master in Mental training, ha frequentato corsi di marketing e di gestione delle risorse umane, tecnico della progettazione e promozione turistica (Fondazione Campus, Lucca). Ha scritto su siti internet di cultura e attualità, tra questi scrivo.me portale del Gruppo Mondadori). Come scrittore ha esordito con il romanzo “Un accordo maggiore in sottofondo” (edizioni Toscana Today, 2019).