di FRANCESCO SINATTI – L’inchiesta (1° puntata). Come gli Stati Uniti d’America e l’Alta Finanza mondiale hanno deciso di strozzare l’Italia.
Un breve premessa per spiegare ai lettori il motivo di questa inchiesta. “Alta finanza”, lo dice il nome, è “alta” nel senso del vertice ristretto degli operatori che muovono le leve economiche del mondo, ma esprime anche per i comuni mortali un’idea di lontananza, un mondo inaccessibile per la sua tecnicità, per il suo linguaggio, le sue dinamiche. Eppure, tutto parte da lì, intendo dire il modo in cui la nostra vita quotidiana può crescere o impoverire, e normalmente a nostra insaputa. Compito dell’informazione dovrebbe essere quello di rendere leggibile questo mondo alla gente comune, scoprire le carte, ma anche questo pericolo rientra tra le regole dell’Alta finanza: la democrazia e l’Alta finanza sono due termini incompatibili.
Nuovo “tetto” al debito pubblico USA, la perdita di potere del dollaro
Il Congresso degli Stati Uniti d’America, a giugno del 2023, è stato convocato d’urgenza per approvare l’innalzamento del “tetto del debito pubblico USA”, cioè a dire per garantire il colossale “debito pubblico” di 43 trilioni di dollari, cifra difficilmente comprensibile, anche trascrivendola con tutti gli “zeri” che sarebbero necessari.
Il “ritocco al tetto del debito” della più potente “democrazia” è, da qualche lustro, una consuetudine, coloro che avevano nelle mani le sorti del mondo, almeno fino all’inizio del XXI secolo, si sono trovati improvvisamente di fronte ad un tornante della Storia che ha fatto perdere, al dollaro, il primato di moneta per il regolamento degli scambi internazionali, nonché di valuta di riferimento mondiale.
Com’è possibile che tutto ciò sia accaduto senza che gli USA se ne rendessero conto? La risposta è complessa e risiede in un percorso che la finanza americana ha intrapreso dopo lo sganciamento, nel 1971, dalla parità del dollaro con l’oro (e dagli accordi di Bretonwood 1944) passando attraverso gli eccessi di Wall Street degli anni 80/90 e la serie di bolle speculative culminate con il fallimento di Lehman & Brothers.
Una botta micidiale
Una “botta micidiale”, appunto, da cui il sistema finanziario internazionale (di banche e borse) non si è mai più ripreso in modo definitivo. Del resto, che la finanza internazionale avesse ecceduto, con emissioni di “carta straccia e finanza creativa” che fanno viaggiare il PIL del globo (cioè l’economia reale) in rapporto 1/10 contro strumenti derivati, lo si sapeva da un pezzo.
Bene, anzi male, malissimo, perché una moneta come il dollaro senza un collaterale credibile (come oro e/o petrolio) non vale molto più della carta su cui è stampato, in questi anni però, di grandi stravolgimenti delle economie mondiali, qualcuno pare si sia improvvisamente accorto che, “sua maestà il $”, non riscuotesse più la fiducia che di fatto regge ogni “valuta” al mondo, se non sostenuta dal suo “collaterale di riferimento”, “pagabile al portatore”, cioè garantita dal prestatore d’ultima istanza la FED (Federal Reserve, la Banca centrale degli Stati Uniti d’America), anche se per il dollaro si scomodano ben altri “garanti”: “in God we trust!” (In Dio noi crediamo, il motto nazionale attuale degli Stati Uniti d’America). Strana assonanza con il “Got mit uns!” (Dio è con noi, era la scritta incisa sulle fibbie d’acciaio dei soldati nazisti). Ma che dire?… Coincidenze.
Chi e Cosa ha sostenuto il dollaro fino ad oggi?
Sotto “il vestito niente” si potrebbe dire parafrasando un film degli anni 80? La risposta è come al solito più complessa della domanda!
Corsa all’oro delle banche centrali: il ritorno del “golden standard” (spiega l’enciclopedia Treccani: Sistema di monometallismo aureo, per cui la circolazione è composta di monete d’oro e di biglietti di banca pienamente convertibili in monete d’oro e viceversa, e vige libertà di coniazione e di fusione nonché di importazione e di esportazione del metallo).
La crisi americana, testé citata, ha “distrutto valore”, soprattutto nel mercato immobiliare mondiale per il tramite di artifici finanziari c.d. “subprime” (prodotti finanziari tossici), messi a garanzia di prestiti bancari divenuti in seguito “sofferenze” (non performing loans), generando indirettamente la crisi del debito nelle banche.
Queste circostanze hanno innescato una reazione a catena nel sistema finanziario globale che ha, poi, “incrinato” la fiducia di un po’ tutti gli attori sui mercati internazionali, con il risultato di aver depresso permanentemente l’economia reale. Bravi, bene, bis!
La corsa all “oro fisico” delle banche centrali di tutto il mondo fa capire quanto stiano cambiando gli assetti geopolitici e finanziari, improvvisamente però, “tutti gli attori principali” si svegliano e scelgono una data per il ritorno del “golden standard”.
Il ritorno all’oro
Di fatto, la BRI (banca dei regolamenti internazionali) fissa improvvisamente una data il 29 marzo 2019 per la “resurrezione” del “golden standard”, soppresso nel 1971 dal presidente Nixon: “….per quasi 60 anni, il gold standard ha regolato la convertibilita tra oro e dollaro, agganciandone il valore di mercato: nel 1971 fu il presidente americano Richard Nixon, spaventato dalle pressioni ribassiste che rischiavano di affondare il dollaro in piena guerra fredda, a tagliare il cordone con l’oro decretando la fine del gold standard. Ora qualcosa comincia a muoversi in direzione opposta…” (il Sole 24 ore “Banche il ritorno del golden standard….”
E a Basilea avviene la magia
Basilea 3: “oro cash equivalent” (oro uguale contanti). Nel piano “Basilea 3”, si nasconde un’alchimia contabile in grado di trasformare l’oro in moneta nei bilanci dei grandi gruppi bancari. Dal 29 marzo, per decisione della BRI, l’oro in portafoglio alle banche commerciali e d’affari diventa «Cash Equivalent», un asset equivalente al denaro contante e quindi «risk free» (rischio zero). Di fatto, è la prima «rimonetizzazione dell’oro» dai tempi dell’accordo di Bretton Woods..”
Tutto chiaro? No, per niente.
Le banche centrali di mezzo mondo hanno evidentemente capito che siamo “a fine corsa” con l’attuale sistema di finanza internazionale ed era, pertanto, giunto il momento di ritornare ad “ancorare” l’emissione del debito di banche commerciali, Stati ed emittenti di titoli al debito, ad un “collaterale come l’oro”, che ne garantisse la solvibilità, pena il COLLASSO del sistema.
Notte tempo, nel silenzio più assoluto dei media nazionali e internazionali, i signori della finanza internazionale si sono riuniti sotto l’egida delle più grandi banche centrali mondiali occidentali: BRI, FED, BCE, Bundesbank (banca centrale tedesca) Banca d’Inghilterra e banca di Francia. “…il Comitato dei banchieri centrali ha inserito una norma di portata epocale che nessuno ha mai però discusso apertamente in pubblico. In pratica, l’oro in lingotti “fisici” – quindi non sotto la forma “sintetica” come i certificati – torna ad essere considerato dai regolatori come l’equivalente del dollaro e dell’euro in termini di sicurezza patrimoniale, eliminando così l’obbligo di ponderarne il rischio ai fini dell’assorbimento di capitale, come avviene con ogni altro asset finanziario, esclusi (per ora) i titoli di Stato dell’Eurozona..”.
Tradotto dall’asettico linguaggio finanziario, con il pacchetto “Basilea 3”, i banchieri del G-5 si sono voluti cautelare dai “rischi” di potenziali turbolenze scatenate da operatori banche (poco trasparenti) ancorando le emissioni degli istituti ad un vero e proprio asset patrimoniale da detenere a garanzia dei loro bilanci: l’ORO!
Il rischio immanente di “default del sistema occidentale”
Una notizia epocale che decreta, indirettamente, il rischio immanente di “default del sistema occidentale”, visto quanto accaduto fino ad oggi riguardo al “debito pubblico” dei vari paesi europei, che “dovrebbe” designare la BCE, la Banca Centrale Europea, come prestatore di ultima istanza e garante del debito degli Stati facenti parte dell’Unione Europea.
Ma a che “titolo” la BCE potrebbe assolvere a questo ruolo dal momento che il “debito pubblico” dei paesi europei non è denominato in una sola unità di conto, cioè l’euro, ma nella variante al cambio con la “vecchia valuta” di riferimento? Cioè a dire 1 euro italiano = 1936,27 lire Vs 1 euro tedesco =1 Marco =1000 lire?
Lo vedremo nella prossima puntata.
(continua)
(foto: sfondo cover – licenza pixhere – https://pxhere.com/it/photo/1282946)

Francesco Sinatti è nato a Siena, esperto di giornalismo di inchiesta.