Il Maestro Gianfranco Pappalardo Fiumara

Pappalardo Fiumara. La lirica dai grandi ai piccoli teatri

di ALDO BELLI (intervista) – In Oriente, l’opera lirica riceve una grande considerazione, cosa che ormai in Italia non accade più da anni.

“I teatri minori costituiscono il patrimonio diffuso della cultura musicale italiana. Considero una grave lacuna la mancanza di attenzione che stanno ricevendo anche durante questo periodo di pandemia” mi dice il Maestro Gianfranco Pappalardo Fiumara.

Lei un po’ di mondo l’ha girato, perché in Italia non si considera la cultura un bene primario?

Forse, perché quando si possiede qualcosa in abbondanza si finisce per non darle più il valore che ha. La si dà per scontata, quando invece niente è scontato una volta per sempre. In Italia non esiste un progetto per la musica lirica, tutto è lasciato a se stesso. Assistere, ad esempio, alla chiusura progressiva dei piccoli teatri in Italia, e in molti casi si tratta di veri gioielli di pregio storico e architettonico, è uno spreco di risorse . Ed anche un segno di inciviltà.

L’Italia, il Paese della Lirica nel mondo, ha finito per dimenticare la Lirica?

Ripetere cosa abbia rappresentato la musica lirica nella vita del nostro Paese può apparire ormai inutile. Ma non lo è. Insistere a ragionare sul prima e sull’oggi dovrebbe aiutare a capire dove si è sbagliato, soprattutto quando assistiamo ad esempi come quello che ci propone il mondo orientale. L’Oriente ha deciso di essere in prima linea nella produzione dell’opera lirica: lì si sta facendo quello che qui in Italia si è smesso di fare. Il problema serio, è che lo stanno facendo grazie alle produzioni italiane.

Anche nella Lirica, quindi, il trionfo commerciale del made in China?

Un conto è la tournée fatta da un Teatro italiano con la sua produzione completa dell’opera, la sua orchestra e il suo coro: e questo significa esportare la Lirica italiana nel mondo. Viceversa, in Italia, molto spesso, dopo che l’opera è stata rappresentata, le scenografie e i costumi diventano solo ingombri di magazzino: è facile, quindi, per i paesi come la Cina, ma anche il Giappone e la Corea del Sud o l’Oman, affittare in Italia le scenografie e i costumi con poca spesa, invitare il grande cantante o direttore d’orchestra italiano, e così riuscire a produrre direttamente l’opera, mettendo in scena allestimenti concepiti e realizzati per i teatri italiani da grandi nomi come ad esempio è avvenuto con Franco Zeffirelli o Pier Luigi Pizzi. E’ bene aggiungere che la pandemia non ha niente a che vedere con questa prassi invalsa in Italia.

Allora, inverto la domanda: in Oriente si registra il trionfo del made in Italy?

Il made in Italy nella Lirica, come lei dice, in Oriente è vincente già da molto tempo. Lì, l’opera lirica riceve una grande considerazione, cosa che ormai in Italia non accade più da anni. Lì si investe nella cultura, i teatri – da 5.000 posti minimo – sono sempre pieni quando si rappresenta l’opera italiana. Il problema è esportare la nostra produzione, e non lasciare che l’Opera italiana divenga solo una materia di affari commerciali.

In Italia, le scenografie una volta utilizzate in quel determinato teatro diventano roba vecchia?

Anche se recano la firma di un grande nome, in Italia non usa restaurare le scenografie. Ciò che trovo insensato è che, anziché marcire nei depositi o venderle in Oriente per pochi euro e con un danno evidente all’immagine italiana, non si consenta ad altri teatri di riproporle in Italia.

Così torniamo ai teatri minori.

E’ necessario riportare la cultura dal grande teatro ai piccoli teatri di cui è piena l’Italia. Non è possibile continuare a sentire parlare solo di incarichi, o di decine di milioni di euro dati dallo Stato ai Teatri e ai Festival senza un progetto nazionale. Si dovrebbe anche discutere degli sprechi. Come quello dei sovrintendenti strapagati, che invece dovrebbero essere pagati a produzione, proprio in quanto professionisti della cultura. Aggiungo: quando parlo della valorizzazione dei teatri minori come spazio diffuso della cultura musicale italiana, mi riferisco anche all’idea di portare la musica lirica nei teatri di prosa; ho trovato molto interessante, ad esempio, la decisione del Teatro Argentina di Roma di allestire una stagione lirica, per la quale sono stato incaricato, purtroppo sospesa dalla pandemia.

Converrà, però, che l’opera lirica è costosa di suo.

Un motivo in più per spendere bene i soldi. Anche utilizzando il passato, riprendere, rinfrescare, ciò che di buono si è prodotto e renderlo fruibile ad un pubblico più vasto: anche questo significa ottimizzare un investimento e ridurre gli sprechi. Perché lo spazio della musica colta è per tutti. Qualcosa si sta muovendo, ad esempio al Teatro Massimo Bellini di Catania e al Teatro Comunale di Bologna dove stanno cercando di dare vita a coproduzioni con altri Teatri.

E i privati?

Su questo punto, nei confronti dei privati occorre rivedere la legge attuale in modo che sia più conveniente per chi sponsorizza. Poi, ritengo che sarebbe necessario correggere un errore: se viene richiesta una produzione ad un Teatro da parte di un organizzatore privato di eventi, non si dovrebbe far pagare un prezzo di affitto per la produzione, ma si dovrebbe prevedere una compartecipazione agli utili derivanti dagli spettacoli che verranno fatti. La teoria di speculare sulla musica e sulla cultura non genera profitto, molto più semplicemente non produce niente. Le faccio un esempio: Mythos Opera Festival – della quale, come lei sa, io sono il sovrintendente, e si tratta di un’associazione culturale – chiede la disponibilità della Carmen prodotta dal Teatro Massimo di Palermo, per riproporla al Teatro Greco di Taormina, e gli viene chiesta una cifra di 70-80.000 euro; è evidente che il nostro bilancio, fino a che non sono stati venduti i biglietti degli spettacoli, non è in grado di sostenere questa spesa. La conclusione è che, così facendo, la produzione rimarrà in magazzino, il Teatro Massimo non riceverà alcun ricavo, e il pubblico sarà privato del piacere di vedere l’opera Carmen a Taormina.

Quanti concerti ha eseguito lei, Maestro, dal suo debutto alla Carnagie Hall di New York?

Più di 1.500, praticamente in tutti e quattro i continenti.


Notre-Dame, Montreal, dicembre 2003 – Gianfranco Pappalardo Fiumara

Concerto per pianoforte e orchestra n.1 – Ludwig Van Beethoven

Gianfranco Pappalardo Fiumara – biografia

Pianista solista, diplomatosi al Conservatorio di Milano con il massimo dei voti e la lode, ha studiato con i pianisti Vincenzo Balzani e Rosalyn Tureck. Interprete bachiano è vincitore di premi internazionali quali l’ Ibla Grand Prize Ragusa – New York, Concorso di Pisa, Concorso Neglia di Enna. Gianfranco Pappalardo Fiumara, ha inciso dischi con la Pana Music di Milano, la Bongiovanni di Bologna e la Rai di Palermo e a Roma nella Cappella del Quirinale in filodiffusione Rai. Recente il suo ultimo successo con un doppio CD con la Variazioni Goldeberg di Bach incise per CLASSIC VOICE e pubblicate in edicola in ottobre 2011. I suoi tour internazionali sono sempre molto apprezzati dal pubblico e dalla critica che riconoscono il suo stile nell’ esecuzione di J. S. Bach e W. A. Mozart e del primo Beethoven. L’artista si è esibito in più di 1000 concerti in Asia, America ed Europa, sulla scena musicale di importanti teatri come la Carnegie Hall di New York, La Sala Verdi e il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro Presidenziale di Ankara e il teatro di Montreal, le sale più importanti del Giappone con orchestre quali l’Orchestra Sinfonica Siciliana, l’orchestra sinfonica di Città del Messico, L’orchestra filarmonica del Nuovo Mondo di Montrèal, l’orchestra sinfonica di Kiev e di Volgograd, l’orchestra Guido Cantelli di Milano, l’Orchestra Sinfonica del Governo del Messico sotto la direzione di personalità quali Enrique Batiz, Michel Brousseau, Roman Matsov, Donato Renzetti, Livio Buiùc, Julius Kalmar, Gianluigi Gelmetti, John Rutter. Ha svolto una intensa attività cameristica con artisti quali Katia Ricciarelli, Cecilia Gasdia, Salvatore Accardo, il trio della Filarmonica di Stato di Bucarest, Maria Knàpic. Ha registrato per Radio Rai, Radio del Quebèc, Radio Classica. Autore di pubblicazioni su Antonio Salieri, Carl Filtsch e Wolfang A. Mozart, è docente e, dopo aver insegnato presso i Conservatori di Cagliari e Milano, attualmente è professore in Discipline Teorico-Musicali presso il Conservatorio “Bellini” di Palermo. Fra i prossimi impegni il pianista nel prossimo 2012 ritornerà alla Carnegie Hall di New York e a Città del Messico con il primo concerto di Beethoven, inoltre Cipro, Giappone, Lisbona etc.