Per Conti l’educazione dei ragazzi è ferma al Medioevo

di DANIELA LUCATTI – Il Comune di Pisa, unico in tutta la provincia, boccia il progetto educativo per il contrasto alla violenza di genere.

Il Consiglio Comunale di Pisa ha bocciato il progetto educativo mirato all’attivazione di un percorso formativo rivolto al corpo docente e alla comunità studentesca di ogni ordine e grado, avente come contenuto il contrasto alla discriminazione e alla violenza di genere denominato “Azioni di parità per la Provincia di Pisa”.

E’ l’unico Comune della Provincia a non aderire al progetto Regionale (finanziato); il rifiuto che ha avuto come conseguenza la protesta di più di trecento docenti e di molte famiglie.

Tra le motivazioni la più “incredibile” quella espressa da Niccolai, riassumibile nella sua frase che afferma che tale intervento “viola i principi educativi che spettano solo e soltanto alle famiglie”. Mi chiedo allora a che cosa possa servire la scuola se non è più considerata un luogo non solo dove apprendere nozioni, ma dove imparare a crescere insieme, fare comunità, imparare le più elementari norme comportamentali e di rispetto reciproche, a divenire cittadine/i consapevoli di appartenere non solo ad un microcosmo familiare, ma anche ad una collettività cooperante, accettante, tollerante mirata al raggiungimento di una società integrante e non violenta.

La scuola dovrebbe proprio sapere, dovere e potere fare questo, dare pari opportunità non solo di istruzione ma anche di crescita e consapevolezza a tutte/i (non a caso esiste l’obbligo scolastico) per colmare le diseguaglianze socio-culturali di partenza presenti nelle famiglie.

Allora l’idea che percorsi di supporto al perseguimento di  obiettivi come quelli del progetto in questione vìolino in qualche modo un’educazione (o un indottrinamento?) ritenuta ad appannaggio esclusivo delle famiglie, appare davvero pretestuoso e ideologico. Contrastare la violenza di genere significa aiutare le nuove generazioni a capire che appartenere a due generi diversi non significa avere  vite prestabilite per entrambi  dove le donne hanno un ruolo subalterno, così come è purtroppo sempre stato ed è ancora oggi anche nel nostro mondo occidentale ed evoluto.

E’ ripetitivo ma sicuramente utile, ricordare quanto sia grande il numero  delle donne maltrattate (e quasi esclusivamente in ambito familiare) che si rivolgono ai Centri Antiviolenza e  che sono solo un numero infinitesimale di fronte al fenomeno sommerso che è la base dell’iceberg e ricordare i numeri terrificanti di quella che è la mattanza dei femminicidi; crimini non certo agiti, eccezioni a parte, da squilibrati casuali ma consumati proprio in ambito familiare . Queste le famiglie che dovrebbero essere, secondo Niccolai e i suoi compagni/e, le uniche agenzie educative.

E’ chiaro che dietro, ma palesemente leggibile, c’è un ideologia misogina e gerarchica, atta a mantenere lo status quo che vede la donna, come naturalmente votata ad essere madre e moglie e non avente facoltà di poter decidere liberamente del proprio corpo, ritenuto proprietà  di altri, in primis di mariti o  compagni. Poi, l’ossessione della “teoria gender” tra l’altro inesistente, che questi signori mettono sempre in evidenza dicendo che un’educazione alla libertà di ogni persona di esprimersi e comportarsi (sempre in un’ottica di rispetto e di non violenza) andrebbe contro le leggi di natura e “omosessualizzerebbe i bambini e le bambine. Allora sfatiamo queste follie che propagandano continuamente appellandosi alle  leggi di natura. 

Appoggiarsi infatti alle “leggi di natura” è l’ultima cosa che potrebbero fare perché è come  si dessero una bastonata sulla testa, una trovata masochistica visto che ormai, noi sapiens, non abbiamo più quasi niente di naturale poiché tutto è condizionato dalla cultura: come ci nutriamo(non solo per fame con la prima cosa che ci capita), come facciamo l’amore (non solo per procreare) come abitiamo (non su giacigli di fortuna ma in strutture pensate e diverse nei vari luoghi del mondo) come nasciamo, ci curiamo, dormiamo. Tutto è culturalmente modificato.

Ma andiamo comunque dietro alle loro convinzioni e prendiamo la natura, quella “vera” non culturalmente influenzata beh! … qui non mancano davvero delle sorprese perché, in natura, possiamo trovare davvero di tutto. Troviamo maschi che covano, che allevano la prole, come altri che se non allontanati dalle madri invece la uccidono; specie monogame che trascorrono tutta la vita insieme e altre no, femmine che dopo il coito distruggono il fecondatore e altre che si sacrificano facendosi letteralmente divorare dalla nuova generazione che hanno messo al mondo; maschi che diventano ad un certo punto femmine e altri che contengono i due generi , unioni etero ed omosessuali.

Quindi…. Boh! Ci dicessero a quale natura si riferiscono e soprattutto se una manifestazione naturale è ritenuta più o meno naturale di un’altra. Rispetto al terrore dell’omosessualizzazione poi, che un’educazione al rispetto delle differenze favorirebbe, ancora peggio. Non voglio nemmeno perdermi a dire che l’omosessualità  non  è non meno naturale dell’eterosessualità essendo da sempre esistita e praticata e soprattutto che a nessuno dovrebbe interessare che cosa è e che cosa fa un’altra persona se non agisce violenza su altre/i ; sarebbe  come dover  dimostrare ancora che le donne non sono geneticamente meno intelligenti degli uomini.

Ma torniamo alle convinzioni di questi signori (che tra l’altro dovrebbero rappresentarci) secondo loro, insegnare la tolleranza di ogni diversità e la libertà di non stare come in una gabbia dentro stereotipi culturalmente determinati, tipo il potersi vestire o giocare con abiti o giochi “tipici” del genere di non appartenenza, per esempio, faciliterebbe la loro omosessualizzazione.

Qui rispondo proprio come professionista del settore essendo psicoterapeuta e sessuologa e avendo ormai un’ esperienza quarantennale durante la quale almeno un terzo delle persone da me seguite è stato di persone non eterosessuali. Molti di loro riportavano il disagio di essersi sentiti considerati dei diversi fin da piccoli/e, di essersi sentiti derise/i, si ricordavano di essere state/i costretti a fare giochi che non catturavano il loro interesse, di avere avuto la proibizione di giocare con le bambole se maschietti o le bambine redarguite per la loro irruenza e modalità non proprie del femminile. Si ricordavano le battute, le risatine, l’imbarazzo degli adulti. E da questi vissuti la sensazione forte di non essere giuste/i di avere qualcosa che non andava bene tanto da sentirsi confuse/i e da lì, crescendo, farsi delle domande che non si sarebbero probabilmente fatte/i se il loro comportamento fosse stato ritenuto normale fino ad  aderire alla fine, all’immagine che il contesto aveva loro rimandato (il meccanismo psicologico (della profezia che si avvera).

Come se un uomo potesse non essere più tale o non essere più attratto da una donna perché porta una gonna invece dei pantaloni e si tinge le unghie o una donna diventasse lesbica perché porta capelli corti e la cravatta e ama fare la muratora.

Questo è il modo di pensare che favorisce semmai un’omosessualizzazione dei bambini e delle bambine che, se lasciate/i libere/i di esprimere i propri gusti e comportamenti , non sentendosi sbagliati né giudicati, non sono portati/e a pensare  di non corrispondere al proprio genere di appartenenza o a sentirsi attratti dall’omologa/o perché si sentono non coerenti rispetto all’immagine che di loro “dovrebbero” dare.

Se pertanto quello che spaventa questi signori è tra le altre cose l’omosessualizzazione, sappiano che il modo migliore per favorirla è proprio, al contrario di ciò che pensano e affermano, la rigidità di un sistema binario inamovibile poiché è nella libertà di essere che si sviluppano reali desideri; la costrizione a modelli superficiali e precostituiti sviluppa ansia, paura, fantasmi, sensi di inadeguatezza che provocano solo confusione e nella confusione è più facile prendere strade che magari non avremmo preso nella normale diversità della libera espressione.