Polaroid di Tarkovskij

di ANDREA APPETITO – Di giorno costruiamo ponti tra noi e la vita, dovrebbero unirci e invece ci allontanano.

C’è una ruota panoramica illuminata dietro un grande palazzo sulla sponda del fiume. Gli alberi hanno le radici immerse nell’acqua plumbea che riflette l’arco luminoso della ruota.

Il crepuscolo è un bagliore tenue nel cielo, l’ultima eco del sole. È quiete senza vento nel passato del cielo. Nessuna increspatura sulla superficie del fiume, la città galleggia prima di addormentarsi.

Ci sono profondità celate dietro lo specchio d’acqua. Sul fondo melmoso esiste un grande giardino. Lunghe alghe filamentose sono pettinate dalla corrente. La città, questa grande potenza, è colta nel suo abbandono, cullata dal fiume, addormentata dallo sciabordio delle acque.

In cima alla ruota panoramica qualcuno guarda stupito. Non dimenticherà questa visione. La città appare in tutta la sua pudica estensione, senza il traffico e le frenesie del giorno.

Quasi tutti i miracoli accadono di sera, gran parte delle morti si annunciano all’alba. Di giorno costruiamo ponti tra noi e la vita, dovrebbero unirci e invece ci allontanano. Non bisognerebbe arrivare sfiniti alla sera, crollare prima dei miracoli. Non dovremmo svegliarci di corsa al mattino e affrettarci prima che si annunci una morte. Dovremmo poterci sedere, gustare le sere e le mattine prima del giorno. Tra i due crepuscoli avvengono le cose essenziali.