QUINTAEFFE – E tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo, per principio, per amore della verità, per la nostra dignità.
È marzo del 2020 e durante il quarto anno di liceo scoppia l’inferno.
Mi ritrovo nel giro di un istante chiusa in casa per proteggere me stessa e gli altri da un nemico subdolo e invisibile.
La pandemia ci ha imposto la didattica a distanza, una forma di apprendimento fallimentare su più fronti, primo fra tutti quello dei rapporti umani, soprattutto tra studenti e professori.
Ho diciotto anni e nell’immaginario collettivo questo è il periodo che tutti gli adulti ricordano come il più bello della loro vita e poco importa se saremo la generazione di quelli che non hanno festeggiato il raggiungimento della maggiore età e che il viaggio di fine anno insieme ai propri compagni di scuola è rimasto soltanto un sogno.
Che importanza può avere, in fondo, al cospetto della lunga processione di bare sui camion militari, che a Bergamo portavano via coloro che non ce l’avevano fatta.
La visione di quelle immagini “dell’ultimo viaggio” hanno avuto l’effetto di svegliarci dall’illusione che la fragilità dell’essere umano sia un’eccezione riguardante solo certe categorie di individui meno fortunate.
Non sono soltanto gli abitanti dell’Africa a dover affrontare miseria e connesse malattie che distruggono la vita di intere generazioni, oppure il cancro che da tempo miete vittime nell’intero pianeta.
Ora sappiamo che avevamo solo dimenticato la nostra umana vulnerabilità e che d’ora in poi dovremo fare i conti con il nostro senso di smarrimento che ci porrà di fronte a nuovi e inaspettati interrogativi ai quali saremo chiamati a rispondere con un nuovo senso di responsabilità personale che tenga necessariamente conto del bene comune.
Personalmente, l’isolamento sociale conseguente al Covid-19 mi ha dato la possibilità di riflettere su me stessa e sui miei affetti ed ho compreso che anche le tragedie possono regalarci nuove opportunità.
Penso che la pandemia non sia affatto un evento inatteso e imprevedibile e che soprattutto non sia indipendente da noi.
Sono i nostri comportamenti sbagliati che determinano azioni traumatiche della Natura, la quale si ritorce contro di noi mettendo a nudo la nostra vulnerabilità.
Ma che senso avrebbe la nostra vita se non concedessimo a noi stessi il coraggio di lottare per ciò che è giusto?
Noi giovani sappiamo di essere “chiamati” a cambiare il corso della storia. Una storia fatta di sfruttamento irresponsabile delle risorse che la Natura ci aveva riservato. Che cosa ne sarà del colore degli alberi quando la Terra arsa e spaccata fin dentro la propria anima, non sarà più in grado di offrire il nutrimento necessario alla loro sopravvivenza?
Noi dovremo dedicare i nostri studi e il nostro lavoro alla nostra salvezza.
Non potremo più permetterci la superficialità dell’indifferenza, perché siamo ormai consapevoli che se vorremo sopravvivere, sarà necessario agire.
E tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo.
Per principio, per amore della verità, per la nostra dignità.
“QUINTA EFFE” è la rubrica della quinta classe del “Liceo scientifico Bruno Touschek” di Grottaferrata, in provincia di Roma. Alaimo Rebecca, Arduini Beatrice, Baria Federico, Bartoli Livia, Bellu Tiziano, Casadei Luca, Cavallini Giulia, Coletti Anastasia, Ferrotti Sofia, Galli Andrea, Gambale Giacomo, Le Lerre Alexandra, Loddo Francesca, Lopez Andrea, Mangiapelo Arianna, Mosetti Erika, Pupparo Valerio, Ranalli Antonella, Ronci Alice, Rossi Gabriele, Todesco Giulia, Ulizi Michelle.