di GIANCARLO ALTAVILLA – Tutte le storie dei libri sono vere, perché esse sono vite possibili. La Capria è morto a Roma il 26 giugno.
Gli scrittori inventano le vite. Fanno di più. Raccontano storie che diventano emozione, insegnamento e riflessione. Nelle vite raccontate non solo c’è il verosimile, ma c’è, spesso, il significante che si cela dietro i fatti, gli episodi e gli accadimenti. Lo scrittore scrive parole che compongono trame, ma soprattutto sottintende e nasconde tra le righe il senso segreto delle vite che racconta.
L’equilibrio tra l’invenzione del narrare e il suo senso sta nella verosimiglianza di quel che accade e nella sorpresa di quanto esso significhi, nella scoperta delle sensazioni e dei sentimenti che intridono la storia e che lo scrittore insegna a conoscere.
Tutte le storie dei libri sono vere, perché esse sono vite possibili.
Tutte le storie dei libri sono preziose, perché chi le scrive ne traccia il significato recondito, quello che eleva il fatto a sentimento e riflessione.
E quando uno scrittore muore tutte le sue vite non scritte finiscono, come mondi mai nati, e l’incanto del suo narrare è un respiro muto. Il 26 giugno è morto Raffaele La Capria.
Scrisse che la vita è ciò che accade mentre ci occupiamo d’altro: egli ha vissuto scrivendo, e si è occupato di noi, raccontando vite inventate e vere, che sono emozioni per sempre.

Giancarlo Altavilla è avvocato amministrativista, cassazionista, professore a contratto all’Università di Pisa