L’INTRIGO DEL REGIO 9. di ALDO BELLI – I presupposti del commissariamento sono esauriti, va nominato il nuovo Consiglio di Indirizzo.
Nei peana che continuo a leggere sul successo del commissariamento del Teatro Regio di Torino, è sfuggito un particolare. Non mi riferisco al pareggio di bilancio, che avrebbe conseguito anche una lavandaia. Una parentesi: poiché – come spesso ripetiamo – non ho alcuna voglia di perdere tempo con le querele, spiego cosa intendo dire con lavandaia.
Pensate ad una comune lavanderia. Ebbene, la lavanderia gestita dalla signora Carla (chiamiamola così) è l’unica del Paese di Nonvedo (chiamiamolo così), e si trova indebitata fino al collo. La signora Carla, che si è dimostrata incapace di gestire la lavanderia, si rivolge al giudice, è l’unica lavanderia del paese e la sua chiusura sarebbe un bel problema. Viene nominato un commissario straordinario a gestire l’azienda, il Commissario Francesco (chiamiamolo così). Quanti soldi mancano? 20 milioni di euro? Il commissario Francesco chiede i soldi alla Banca, e la banca gli dà i 20 milioni che occorrono, a fondo perduto (a fondo perduto significa che quei debiti sarà qualcun altro a pagarli, che con la lavanderia non ha niente a che fare). Il mattino seguente, il commissario Francesco si presenta sulla piazza del paese e tutto pimpante grida alla folla: “Avete visto, io sì che sono capace a gestire la lavanderia!”. I compaesani applaudono, “Hip hip Urrà!”. Il primo spellarsi le mani è il cronista del paese, che scrive sul taccuino smaniando per pubblicare lo scoop. Dei compaesani esultanti, nessuno si è posto il problema che a ripagare quei 20 milioni di euro saranno loro, con le tasse del proprio lavoro e il pane delle proprie famiglie. Dunque, per il Commissario Purchia nessuna diffamazione. Solo un’immagine che proviene dalla mia personale passione per Fedro, per illustrare con semplicità una vicenda attraverso l’allegoria imparata dagli antichi (la dottoressa Purchia non ha certamente il curriculum di una lavandaia, è una professionista della Lirica).
Il comunicato stampa con il quale il ministro della Cultura Dario Franceschini il 10 settembre 2020 rese nota la firma sul decreto di commissariamento, in uno Stato di diritto (ovvero in Germania Francia Inghilterra Danimarca e risparmiatemi l’elenco fino agli stati Uniti d’America) avrebbe esposto non solo l’annuncio ma anche il motivo. Leggete qui l’originale del comunicato pubblico. Più che di un’emergenza inevitabile, ha il tono di un biglietto di congratulazioni per la nomina al Nobel. Ma leggete anche l’originale del Decreto Ministeriale di nomina del Commissario Rosanna Purchia (n.419/2020). Lo vedremo insieme, tra poco.
Il Regio è stato commissariato perché (così recita il Decreto Ministeriale): (1) il bilancio d’esercizio 2019, approvato dal Consiglio di indirizzo in data 14 luglio 2020, presenta una perdita economica pari a 7.187.244 euro ed espone, nello stato patrimoniale, un patrimonio disponibile negativo per un valore di -9.132.407 euro; (2) il Presidente della Fondazione lirico-sinfonica Teatro Regio di Torino (leggi: il sindaco Chiara Appendino) ha comunicato che il bilancio di esercizio 2019 presenta una perdita di 7.187.244 euro e un patrimonio disponibile negativo per un valore di -9.132.407; (3) che, a fronte di tale circostanza, gli Organi della Fondazione non intendono sollevare alcuna obiezione in merito all’avvio del procedimento di commissariamento comunicato da questo Ministero (insomma dall’Appendino in su, e in giù, tutti d’accordo).
Tanto sarebbe bastato in una nazione retta dalla Legge e dal Diritto, per rendere naturale la trasmissione degli atti da parte di un Ministro della Repubblica, alla Magistratura ordinaria e contabile (e per conoscenza ai competenti ministri delle Finanze, di Giustizia e degli Interni). Stiamo parlando di denaro pubblico, non della signora Carla con la sua lavanderia privata. Tutto questo, ovviamente, non accade: perché siamo in Italia. Il ministro della Salute britannico Hancock si è dimesso nel giugno scorso – e ha chiesto scusa pubblicamente – per essere stato colto a baciare la collaboratrice Gina Coladangelo violando il distanziamento sociale che la legge anti-Covid imponeva. A voi viene da ridere? Ridete pure.
L’esercizio di un potere straordinario non ha solo un limite contenuto nella sua durata, ma anche nel suo scopo. L’art.21 del Dlgs. 367/1996 è chiaro.
Chiara è la durata: “Con il decreto di scioglimento vengono nominati uno o più commissari straordinari, viene determinata la durata del loro incarico, non superiore a sei mesi, rinnovabile una sola volta”.
I presupposti per il commissariamento: “Il Ministro per i beni e le attività culturali, anche su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze: a) può disporre lo scioglimento del Consiglio di amministrazione della fondazione quando risultino gravi irregolarità nell’amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che regolano l’attività della fondazione o venga presentato il bilancio preventivo in perdita”. “L’autorità di cui al comma 1 dispone in ogni caso lo scioglimento del consiglio di amministrazione della fondazione quando i conti economici di due esercizi consecutivi chiudono con una perdita del periodo complessivamente superiore al 30 per cento del patrimonio disponibile, ovvero sono previste perdite del patrimonio disponibile di analoga gravità”.
Anche lo scopo è chiaro: “I commissari straordinari provvedono alla gestione della fondazione; ad accertare e rimuovere le irregolarità; a promuovere le soluzioni utili al perseguimento dei fini istituzionali. Possono motivatamente proporre la liquidazione”. La “gestione della fondazione” significa, ovviamente, durante il periodo necessario alla sua permanenza di commissario (non che diventino sovrintendenti-straordinari).
Il decreto ministeriale di nomina motiva il ricorso al commissariamento non per “gravi irregolarità nell’amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative” ma per la “perdita di bilancio“: economica e patrimoniale. Prova ne è che Rosanna Purchia non ha dato corso alla previsione del comma 5 dell’art.21: “Spetta ai commissari straordinari l’esercizio dell’azione di responsabilità contro i componenti del disciolto consiglio di amministrazione, previa autorizzazione dell’autorità di Governo competente in materia di spettacolo” (per il commissario di governo Rosanna Purchia, dunque, al Teatro Regio mancano una decina di milioni di patrimonio netto e sono stati necessari più di 20 milioni di euro di denari pubblici straordinari, ma non esiste nessuna responsabilità dei precedenti amministratori).
La permanenza del commissario straordinario Rosanna Purchia, dunque, viola la Legge dal 31 maggio 2021: ovvero dall’ultimo giorno del mese in cui il bilancio del Teatro Regio di Torino è tornato in pareggio. “L’assemblea dei soci del Teatro Regio di Torino ha espresso, all’unanimità, parere favorevole al bilancio consuntivo 2020: si evidenzia un utile di esercizio pari a 519.776 euro”: La Stampa, 26 maggio 2021.
E’ vero, rimane il patrimonio netto negativo al 31 dicembre 2020 per 9.591.227 euro. Ma questo non è sufficiente a rendere legale la permanenza del commissario straordinario Rosanna Purchia, poiché è lei stessa ad avere sottoscritto con la propria firma la Nota Integrativa al Bilancio 2020 dove dichiara: “Il Commissario Straordinario ha conseguentemente predisposto un Piano di Risanamento con orizzonte temporale 2021-2023, il quale è stato trasmesso in data 29 marzo 2021 al Commissario Straordinario di Governo per le Fondazioni lirico-sinfoniche”. (Bilancio 2020, pag.84)
Lo scopo del commissariamento, quindi, si è esaurito: perché il bilancio 2020 si è chiuso con un utile; e perché il commissario di governo ha predisposto un piano di risanamento del patrimonio netto della Fondazione: la cui gestione ed esecuzione, avendo “un orizzonte temporale 2021-2023”, è evidente che non può essere competenza del commissario che scadrà comunque tra poco più di due mesi; ma del nuovo consiglio di amministrazione del Teatro Regio.
La permanenza del commissario di governo alla Fondazione Teatro Regio di Torino viola l’art.21 del Dlgs n.367/1996 trattandosi di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge dalle quali non residuino margini di discrezionalità. La nomina del commissario di governo nelle Fondazioni Lirico-Sinfoniche non è rimessa alla discrezionalità del ministro, e non può andare oltre lo scopo fissato dalla legge. La legittimità della “proroga” di sei mesi è venuta meno il 31 maggio.
Nel rispetto della Legge, il sindaco di Torino Chiara Appendino ne prenda atto, chieda al ministro della Cultura Dario Franceschini di revocare il commissariamento, e proceda alla nomina del nuovo Consiglio di Indirizzo della Fondazione: rappresentativo delle migliori realtà della cultura e del management che vanta la città di Torino; ne dovrebbero prendere atto unitamente anche il ministro Franceschini e il commissario Purchia.
Salvo che… Fate due conti: il decreto di commissariamento è del 10 settembre 2020, la durata di sei mesi che scadeva nel marzo 2021 è stata prorogata di altri sei mesi, cioè fino al settembre 2021. Quando si svolgeranno le elezioni per il nuovo sindaco di Torino? Nel mese di ottobre 2021. La prima fila del Teatro Regio è tenuta libera fino al ritorno al governo di Torino del Partito Democratico (almeno così credono), che nel frattempo si è di fatto ripreso il gioiello della Lirica Italiana attraverso il commissariamento.
PS: so bene che nessuno prenderà atto del sacro fuoco della Legge, e di ciò non provo nessuna meraviglia, consapevole di vivere in un Paese ormai da tempo ridotto ad una dittatura della Politica al Potere. Però, lo scrivo ugualmente. Fosse solo per lasciare qualche piccola briciola ai figli dei nostri nipoti che un giorno cercheranno di capire perché sono nati nella periferia del mondo anziché nel cuore dell’Europa.
