Giorgio Giannini, Avvocato (Milano)

Smart working e le opportunità per la Toscana

di GIORGIO GIANNINI – La Toscana per i suoi collegamenti con le grandi città del Nord-Italia ed europee può diventare player di primaria importanza

Qualche giorno fa la Regione Lombardia ha inserito lo “smart working” tra le misure di contrasto all’inquinamento (al pari di misure come il blocco del traffico a “targhe alterne”, le “domeniche a piedi” ed altri provvedimenti di limitazione alla circolazione delle auto) ed è probabile che altre Regioni, in primis le regioni del Centro-Nord, adottino provvedimenti analoghi.

Qualche settimana fa il Governo ha previsto che, in caso di quarantena del figlio under 14 a seguito di contatto verificatosi a scuola, un genitore lavoratore potrà attivare lo “smart working” per tutto o per parte del periodo. E’ poi allo studio una nuova disciplina dello “smart working” che tenga il positivo dell’esperienza di questi mesi (la flessibilità dello strumento attivato senza accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore) e ne limiti i lati oscuri (la scarsa possibilità di verifica e controllo da parte del datore di lavoro, la dilatazione dei tempi di lavoro) mediante il coinvolgimento più diretto dei sindacati nell’ambito della contrattazione collettiva, nell’ottica di incrementare la produttività mediante un miglior bilanciamento tra esigenze di vita ed esigenze produttive.

Insomma, se si uniscono i punti, tutto sembra lasciar intendere che, nel prossimo futuro, lo “smart working” non resterà una misura temporanea legata a doppio filo alla fase più acuta dell’emergenza pandemica ma rappresenterà un nuovo modo di interpretare uno dei fattori della produzione. Le questioni in ballo sono tante e tutte decisive, direi centrali, rispetto ad un nuovo modo di intendere l’organizzazione del lavoro e impattano a cascata su molti aspetti, anche di pianificazione territoriale: passare da una logica di rispetto di un orario di lavoro (faccio quel che devo entro un determinato lasso di tempo) ad una di lavoro per obiettivi (faccio ciò che serve per raggiungere un determinato risultato) porta con sé la necessità di riflessioni profonde sulle nuove modalità di verifica della prestazione da parte dei datori di lavoro (verifico per performance e non più il rispetto di un orario), sul diritto alla disconnessione (quali sono i paletti massimi di disponibilità alla prestazione), di diritto all’accesso ad opportune dotazioni tecnologiche, sulla compatibilità tra il lavoro “smart” e l’accudimento dei figli minori (è davvero possibile badare a figli piccoli mentre stai lavorando in regime “smart”?), sull’impatto di tali misure sulle lavoratrici (siamo sicuri che le opportunità saranno le stesse dei colleghi di sesso maschile?).

Salvo per quei settori o quelle mansioni in ambito manifatturiero per le quali non è possibile sviluppare lo “smart working” per le loro caratteristiche intrinseche, ha poi senso parlare ancora di lavoro autonomo e lavoro dipendente? Se il lavoro è per obiettivi, se il datore di lavoro non impartisce più ordini ma direttive volte al conseguimento di un risultato, se il lavoro prescinde dal rispetto di un orario e magari, parzialmente, dalla presenza fisica in sede, qual è il confine tra autonomia e subordinazione?

Le questioni sono tante e molte sono le soluzioni possibili. Tutte però passano dalla necessità di una riforma organica della disciplina del lavoro che viene troppo spesso relegata ad un comma in un provvedimento “monstre” su argomenti disparati.

Un altro aspetto che la nuova cultura del lavoro “smart” porta con sé è un ripensamento dei luoghi in cui si lavorerà. Ne abbiamo avuto un assaggio quest’estate e la tendenza è chiara: dopo l’“home working” della fase più acuta della pandemia si passerà al lavoro “smart” da luoghi aperti, facilmente connessi alle grandi città (perché bisognerà tornare al lavoro in sede anche solo per una settimana al mese), dotati di idonee infrastrutture tecnologiche, sanitarie, scolastiche e di trasporto. Aziende strutturate si sono già mosse e si stanno muovendo per riconoscere, tra le misure di welfare aziendale (che scontano un regime fiscale e contributivo di favore), la copertura delle spese relative al lavoro “smart” da remoto consapevoli della centralità di queste misure nell’ottica del bilanciamento tra vita privata e lavorativa.

In questo ambito, la Toscana, e la Versilia, vista la relativa distanza dalle grandi città del Nord-Italia e i collegamenti con le città europee, possono diventare players di primaria importanza strutturando un’offerta specifica ritagliata su queste nuove esigenze di aziende e lavoratori “smart” e riflettendo questo cambiamento culturale anche nei piani di governo del territorio.

Intanto, senza andare troppo lontano, il prossimo 15 ottobre scadrà lo stato emergenziale dichiarato dal Governo e, con esso, la possibilità di attivare lo “smart working” con una semplice email. Sarà necessario stipulare uno specifico accordo individuale tra azienda e lavoratore come previsto dall’art. 19 del D. Lgs. n. 81/2017. Chissà però se già in quell’occasione si possa iniziare quel cambiamento culturale che ormai sembra tracciato.