Giorgio Giannini, Avvocato (Milano)

Smart working: per tanti, ma non per tutti

Una sentenza del Tribunale di Mantova farà sicuramente discutere, la necessità di affinare il lavoro agile alle esigenze delle imprese e dei lavoratori

Il diritto allo svolgimento della prestazione in “smart working” non è assoluto, ma deve essere compatibile alle mansioni svolte dal lavoratore. Così ha deciso il Tribunale di Mantova con decreto (n. 1054 del 26.6.2020) reso all’esito di un procedimento d’urgenza promosso da un lavoratore dipendente di una società di parcheggio che chiedeva di poter lavorare in regime di lavoro agile (art. 17, D. Lgs. 81/2017, c.d. “smart working”) sino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 (come noto, tale stato di emergenza durerà sino al 31.7.2020 ma si sta già discutendo di una proroga sino a fine anno).

Il Tribunale ha anzitutto rilevato che l’art. 90 del c.d. Decreto Rilancio (D.L. 34/2020) non riconosce un diritto assoluto allo svolgimento della prestazione in regime di “smart working”. Secondo il Tribunale, la suddetta norma prevede, infatti, che condizione necessaria per avvalersi del diritto a svolgere l’attività in lavoro agile, sia la compatibilità di tale modalità con le caratteristiche proprie delle mansioni affidate al dipendente. Nel caso in questione, il Tribunale ha accertato e accolto la difesa del datore di lavoro rilevando l’incompatibilità delle mansioni ricoperte dal lavoratore ricorrente (visite presso i parcheggi per incontrare i referenti tecnici; supporto alla gestione della salute e sicurezza in azienda in qualità di RLS; sopralluoghi tesi alla valorizzazione e salvaguardia dei beni aziendali) con il regime di lavoro agile, tenuto conto anche che il lavoratore in questione svolge alcune attività, volte al superamento delle emergenze, che devono essere quotidianamente gestite in sede mediante il confronto con altre figure.

Il fatto poi che il lavoratore abbia, come nel caso di specie, una figlia minore di 14 anni non è un requisito di per sé sufficiente a ritenere sussistente il diritto allo svolgimento della prestazione in regime di lavoro agile.

Il Tribunale di Mantova ha infine rilevato che non c’è alcun pericolo imminente ed irreparabile che giustifichi lo svolgimento della prestazione per l’intera durata dell’orario di lavoro settimanale in regime di “smart working” tanto più che il lavoratore è stato chiamato a svolgere la prestazione in sede solo per due giorni a settimana, durante i quali la moglie dello stesso, lavorando in regime di “smart working”, può occuparsi dell’accudimento della figlia minorenne.

E’ una pronuncia destinata a sollevare più di una discussione. Da un lato, infatti, il criterio in base al quale il Tribunale di Mantova ha ritenuto “incompatibili” le mansioni del lavoratore con il regime di “smart working” (l’esigenza di effettuare incontri “fisici” in sede e sopralluoghi all’interno e all’esterno dei locali aziendali) potrebbe far ritenere incompatibili con lo “smart working” un’ampia serie di mansioni le cui caratteristiche sono simili a quelle del lavoratore ricorrente: quali mansioni non implicano lo svolgimento di una serie di attività che richiedono il confronto in sede con altre figure? E’ condivisibile che non debba esistere un diritto assoluto del lavoratore a lavorare in modalità agile (già adesso se ne stanno vedendo i lati negativi in termini di orari di lavoro dilatati e mancanza di controllo), ma il criterio in base al quale negare o riconoscere il diritto non può essere quello della necessità dello svolgimento degli incontri in sede o di sopralluoghi all’esterno.

Dall’altro lato, è discutibile che si possa negare il diritto di cui all’art.90 del Decreto Rilancio sulla base del fatto che l’altro genitore che lavora da casa in regime di smart working, possa accudire il figlio minorenne. L’art.90 prevede infatti il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minorenne di 14 anni “a condizione che NON vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa (ovvero la Cassa integrazione o il Fondo di Integrazione Salariale) o che non vi sia genitore non lavoratore”. La Legge non nega il diritto a svolgere la prestazione in modalità agile quando l’altro genitore è a casa e lavora in regime di “smart working” essendo evidente che, tale genitore, non può dedicarsi alla cura del figlio minorenne mentre lavora.

E’ evidente che il lavoro agile (“smart working”) richieda ancora di essere affinato alle reale esigenze delle imprese e dei lavoratori e al mutato contesto economico e sociale. Senza eccessive regolamentazioni e senza inutili rigidità ideologiche.